E' che forse, come dicono alcuni cittadini di Tocqueville, noi odiamo i lunedì. Se poi cascano a metà luglio, mammamia quanto li odiamo. Se poi li viviamo a Roma, li odiamo, li odiamo tantissimo. Se poi fanno quaranta gradi all'ombra, che lo sciroccio ci morde le ginocchia manco fossimo a Palermo, allora li odiamo, li odiamissimo, 'sti lunedì. Così capita di lunedì l'intrigante convegno di Magna Carta, la fondazione di cultura politica che noi di Ideazione seguiamo con maggiore interesse rispetto ad altre. Anche perché, sarà, siamo allergici ai Liberal.
Allora ci si sveglia di buon mattino, che a Roma levarsi alle 7 e mezzo dal letto lo puoi raccontare poi in redazione e magari ricavarci anche qualche pacca di commiserazione: poverino! Sì, ci si alza a quell'ora, che ancora i gabbiani risaliti all'alba lungo il Tevere se la spassano gracchiando sulla città assolata e assonnata. E un paio di ore più tardi (con calma eh, che la sveglia sarà romana, ma la colazione è tedesca - kaffee, brot, butter und marmelade, yougurt mit honig und obst) ci s'incammina verso 'o convegno. Campo Marzio, piazza Montecitorio, la Galleria Sordi (prima sosta nell'aria condizionata), fontana di Trevi, libreria Trevi (Mondadori, seconda boccata d'aria condizionata) e poi su, verso palazzo Rospigliosi, la vecchia casa del cardinale Scipione Borghese Caffarelli, "cardinal nepote" di Paolo V Borghese (1605-1622), giusto di fronte al palazzo del Quirinale. Bene, a metà della salita sull'erto colle, con il soffio del deserto che invita alla conversione islamica, viene la voglia di accasciarsi sul marciapiede, lasciarsi rotolare giù, indietro fino a via del Corso e contrattare con un tassista la risalita automobilistica a prezzi astronomici.
Pagheremmo anche 20 euro (thank you, Mister Prodi) per evitare la canicola delle nove e mezzo, ma la conversione all'Islam, quella no. E allora sudiamo, e fatichiamo, e arranchiamo fino alla vetta, come se scalassimo il Terminillo, che dico, il Gran Sasso, che dico, Cima Coppi, per adagiarci nelle belle tenute del cardinale, nella sala di stucchi e pastelli che ospita 'o convegno ma anche un condizionatore d'aria tanto generoso che qualche solerte hostess, a metà della giornata, decide di spegnere per non corrodere le corde vocali degli illustri parlamentari intervenuti.
Ah già, 'o convegno. Si parla di partito unico. Anzi unitario. Anzi moderato. Anzi, moderato e riformista. Anzi cattolico. Anzi mazziniano. Anzi centrista. Anzi, interviene Ciccitto e non si capisce più un cavolo, anche perché i suoi amici stanno passando con Prodi. Anzi, interviene Follini e tutti a mormorare, perché dice le cose che tutti sussurrano (vero Matteoli-Gasparri-La Russa?) ma nessuno ha il coraggio di dire. Poi arriva Casini e fa un discorso che tutti giudicano da leader, ma se lo dicono nei corridoi, anche i giornalisti che off record parlano, ma poi gli si secca la penna. Poi interviene Pera che lancia Casini, e tutti nei corridoi a dire che Pera ha lanciato Casini. Poi ai "colleghi" gli si secca di nuovo la penna e tutta la polemica del giorno dopo sulla stampa verte sulla frase del presidente del Senato sul CSM.
Allora io dico: una fondazione organizza 'o convegno, punta a lanciare un messaggio politico in vista di 'sta roba del partito unitario. Dicono cose interessanti e qualcosa pure succede. Ma quello che esce è la polemica sul CSM. Allora, cosa c'è che non va? Dove sta il corto circuito? E' colpa di Magna Carta? E' colpa dei giornalisti? E' colpa mia che alle 7 e mezza non ho tirato una ciabatta ai gabbiani per girarmi morbidamente dall'altra parte? Vi avverto: stanotte è già l'una. Il primo gabbiano che domani mattina mi parla di partito unitario, gli lancio un infradito in fronte.
By the way, nella sarabanda di interventi di ieri, voglio segnalarvi quello per cui valeva la pena svegliarsi alle 7 e trenta del mattino. E' di Giovanni Orsina. Che poi, se ne volete sapere di più, trovate una versione più ampia e ancor più aderente al dibattito sul partito unico, nel numero di Ideazione appena uscito.