mercoledì, aprile 30, 2008

Non prendete quel treno-aereo

Il Foglio ripubblica sul sito online un interessante articolo sul futuro integrato dei collegamenti treno-aereo nell'Europa dei prossimi anni. L'articolo è di Stefano Cingolani ed era uscito domenica e il Foglio lo ha riproposto nella giornata di ieri per fornire un approfondimento di supporto alla minaccia di Berlusconi (verso la Ue) di far acquistare Alitalia dalle Ferrovie dello Stato. Io l'ho letto con l'interesse solito per tutte le cose nuove, specie se si tratta di trasporti. A un certo punto però Cingolani scrive: "Se siete a Bonn e dovete andare a Roma, la cosa migliore da fare già oggi è prendere il treno fino a Francoforte e di qui l’aereo. Due biglietti diversi, però in stazione si può fare il check-in. Naturalmente il percorso lungo il Reno, per quanto bello, è un po’ lento. Ma ancora per poco". Non gli date retta. Se siete a Bonn e dovete andare a Roma, recatevi semplicemente all'aeroporto di Bonn-Colonia e prendete un volo Germanwings. Risparmiate soldi e tempo e in meno di due ore siete a Fiumicino. E il Reno, se il tempo è bello, ve lo godete dall'alto. E speriamo che il resto dell'articolo sia più veritiero.

Non prendete quell'autobus (tanto non c'è)

Dalla mezzanotte, qui a Berlino, non viaggia più neppure un autobus. E i treni della metro già circolano con i vagoni ridotti. Sciopero, di nuovo. La vertenza che due mesi fa aveva portato allo sciopero selvaggio non si è risolta: le parti non hanno trovato l'accordo e ora si ricomincia. Torna in funzione la bicicletta. Poco male: adesso fa anche più caldo.

martedì, aprile 29, 2008

Diciamo

Diciamo che Obama vive un momento assai difficile. Che Hillary arriverà - se arriverà - col fiato grosso. E che Mc Cain va in discesa. Se l'America voterà un vecchietto di 71 anni, sarà la moda del momento. Inutile che dalle parti del loft perdano tempo in "approfondite riflessioni". Si prendano una pausa, che arriva l'estate (ma evitare Capalbio).

L'Alemanno spiegato agli Alemanni

Leggetevi Cazzullo se non volete scrivere cazzate. E' il Corriere della Sera, non il Secolo d'Italia. Ma leggetevi anche Angiolo Bandinelli sul Foglio. Sempre per non scrivere cazzate, da un lato e dall'altro.

Premiere Dame

Sarkozy scivola sempre più giù nel gradimento dei francesi. La soluzione c'è già. Basta, fate lei presidente (in foto, durante la visita ufficiale a Tunisi). In più, il foulard che ha utilizzato nel pomeriggio per coprirsi il capo in moschea ha suscitato l'invidia irriducibile di Lilli Gruber.

L'ultimo volo di Tempelhof

Magari fra qualche anno se ne pentiranno, come è accaduto per il Muro. Magari fra qualche anno il sindaco di Berlino tirerà fuori una nuova audio-guida per accompagnare i curiosi nel giro turistico virtuale dell’aeroporto che salvò Berlino Ovest dall’isolamento sovietico: il ponte aereo di migliaia di velivoli americani, chiamati “Rosinenbomber” (bombardieri di uva passa), che nei mesi drammatici fra il 1948 e il 1949 fecero la spola da occidente a questo aeroporto per rifornire la città di cibo e medicinali e vincere la prima battaglia di una lunga guerra fredda. Magari invece avrà avuto ragione lui, Klaus Wowereit, e con lui tutti quei cittadini che domenica hanno disertato le urne referendarie, spegnendo le ultime luci di Tempelhof, il terzo e più vecchio aeroporto berlinese [... continua su Ideazione].

Il pasticciaccio brutto degli 007 tedeschi

Sullo scandalo che sta travolgendo i servizi segreti tedeschi, GermanyNews è sul pezzo. Il Corriere della Sera (ma non è una novità) assai meno.

Ma anche

Il fattore che Veltroni e Rutelli avevano sottovalutato è che Alemanno era un candidato di destra. Ma anche di sinistra.

lunedì, aprile 28, 2008

E' Berlino a insegnarci come si fa una capitale

L’ultima novità è un’audioguida per percorrere il confine in cui il Muro divideva la città. Il Muro non c’è più. La città è nel frattempo diventata la meta più ambita dai giovani di mezzo mondo. Ma il marketing la sta rimodellando. Quando nell’autunno del 1989 il “vallo di difesa antifascista” (così lo chiamavano quelli che lo avevano costruito) se ne venne giù con tutte le macerie del comunismo, i berlinesi si comportarono come sempre hanno fatto nella loro storia: lo hanno definitivamente raso al suolo, cancellato dalla geografia urbana, relegato ai libri di storia. Ora l’ufficio del turismo se ne mangia le mani. Oggi che Berlino ha superato anche Roma come numero di visitatori, che le compagnie low cost vomitano nei tre aeroporti cittadini migliaia di turisti al giorno, il sindaco vorrebbe riaverlo quel Muro, magari anche solo un pezzo ma così com’era, con le due barriere, il filo spinato, le cucce dei cani lupo, le torrette e i piloni con le cellule fotoelettriche. Quello originale, insomma, proprio nel punto dove lo avevano costruito Walter Ulbricht ed Erich Honecker e non quella sorta di surrogato che si trova all’East Side Gallery, sulla sponda orientale della Sprea.

E però, davanti a quel surrogato i turisti fanno ressa e scattano foto. Non è manco facile arrivarci. Prendi la S-Bahn, la metropolitana di superficie e arrivi all’Ostbahnhof, in quella che era la stazione centrale di Berlino Est. Ti svincoli dall’ennesimo centro commerciale, superi chioschi di succhi di frutta biologica e currywurst, non ti lasci tentare dall’iper-moderno palazzetto dello sport non ancora inaugurato ma già sponsorizzato e t’infili per un vialone lungo e spazioso che un po’ ricorda i vecchi scenari della guerra fredda resi celebri da tanti film di spionaggio. Lì si trova l’East Side Gallery.

Fu l’invenzione di un mattacchione, al quale non sembrava vero che Berlino volesse fare a meno del suo Muro. Salvò dai bulldozer una ventina di lastroni, di quelli bianchi e immacolati che si trovavano sul lato orientale, e chiamò artisti aspiranti e affermati per rifare quello che si faceva sul lato occidentale: disegni e graffiti, un monumento anarchico alla libertà e alla pace. Qui ci hanno portato anche Gorbaciov, quando un anno fa, melanconico ma evidentemente allettato dal caché, ha girato la pubblicità della Luis Vitton, stretto sui sedili posteriori di una Mercedes nera, con la borsa griffata al fianco e il surrogato del Muro che sfilava dai finestrini. Sembrava una scena girata da Leni Riefenstahl, con l’ultimo segretario del Pcus al posto del Führer.

Oggi c’è l’audioguida. Klaus Wowereit (il sindaco, ne sentirete parlare fra qualche anno perché ha legittime ambizioni da cancelliere) l’ha presentata con grande enfasi. E’ una specie di telefonino gps che parla in tedesco o in inglese. Qui c’era il Checkpoint Charlie, lì spararono alle spalle dei fuggitivi, qua era la terra di nessuno, là le torrette di avvistamento. Sul display compaiono vecchi filmati. Ma bisogna immaginarselo il Muro, se non si è fatto in tempo a vederlo dal vivo, mentre altri gruppi turistici in bici e a piedi scorazzano a destra e a sinistra per la strada lungo il vecchio confine.

Berlino però è fatta così. E’ sempre stata così. Maciulla tutto nell’irresistibile frenesia del cambiamento. Velocità, innanzitutto. Come piaceva alla truppa di irrequieti futuristi italiani sbarcata sulla Sprea negli anni Venti del secolo scorso. Gli sarebbe piaciuta pure oggi, con i palazzi venuti su in soli cinque anni, la Friedrichstrasse tirata a lucido, la Potsdamer Platz di Renzo Piano e il Sony Center di Murphy e Jahn, la cupola di vetro e acciaio del Reichstag di Norman Foster che si avvita verso il cielo come il guscio trasparente di una lumaca, la Porta di Brandeburgo circondata dagli esperimenti architettonici della Pariser Platz. Un poema parolibero, come scriveva a quei tempi Filippo Tommaso Marinetti: “La Potsdamer Platz di Berlino era già trent’anni fa un palpitante poema parolibero col suo meccanizzato Polizei distributore di direzioni e lasciacorrere semaforico dominatore di queste correnti”. Correnti di traffico, di auto, di bus, di persone gestiti dal “lasciacorrere semaforico” che un fremito di nostalgia ha fatto ricostruire e piazzare lì dove era prima della guerra e delle bombe: sulla Potsdamer Platz.

E’ lontana la Roma sonnolenta e piaciona di Rutelli e Veltroni. Marinetti lo notava già negli anni Venti: “Lodo Berlino perché vorrei che si favorisse in tutti i modi la modernizzazione di Roma”. Sono passati diciotto anni dalla caduta del Muro e nel frattempo la rete di trasporto pubblico è stata rimessa tutta in funzione, ricollegando l’est all’ovest, con le linee metropolitane sotterranee e di superficie e i tram, e tutto si muove senza sosta, giorno e notte, collegando qualsiasi punto della città. A Roma, nello stesso lasso di tempo, Rutelli ha realizzato la linea 8 del tram. Una buona cosa. Una.

E intanto a Berlino i simboli della riunificazione già passano di mano. Il complesso della Potsdamer Platz e il centro della Sony sono stati messi in vendita. Le società che li hanno costruiti, Daimler e Sony, ripiegano sul tradizionale cor-business e abbandonano il mercato immobiliare scosso dalla crisi americana. Ma altri comprano. Colossi che poggiano sulle fondamenta solide dell’economia scandinava, come la Seb-Bank svedese o istituzioni dell’era globale, come la banca d’affari newyorkese Stanley Morgan, che scoprono l’attrazione di una metropoli a prezzi stracciati ma strategicamente decisiva per le sorti dell’Europa. Quella di oggi, non di domani. Berlino al centro del Continente, cerniera della Vecchia e della Nuova Europa. A metà strada fra Mosca e Parigi, leggendo la mappa da destra a sinistra, fra Stoccolma e Madrid, guardandola da sopra a sotto. Era la scommessa dell’Ottantanove. Ora è divenuta una realtà. Anche demografica.

La composizione geografica degli abitanti si è ulteriormente frastagliata. Prima c’eravamo noi, gli italiani emigrati tra i Cinquanta e i Sessanta. Poi sono arrivati i turchi, in massa. E un po’ di arabi e di sudamericani in fuga dalla miseria e dalle dittature, oltre ai fricchettoni di tutto il mondo e di tutta la Germania: vivere a Berlino, all’ombra del Muro, esentava dal servizio militare tedesco. Ma da quando l’oriente europeo s’è scongelato, s’è aperta la diga: polacchi, russi, baltici, cechi e slovacchi, bulgari e rumeni e poi tutti quelli in fuga dalla premiata macelleria balcanica degli anni Novanta. La buona novella è che, più o meno, si riesce a convivere. Il “Carnevale delle culture”, una sorta di allegra sagra paesana che anima di concerti e carri allegorici il maggio di Kreuzberg, sintetizza il melting pot berlinese, fatto di inevitabile politically correct e buonismo ma anche di integrazione vera, cose concrete come casa e lavoro, ordine e disciplina, certezza della pena per chi sgarra ma tolleranza e accoglienza per chi sceglie Berlino per reinventarsi una vita. In fondo si chiamano politiche pubbliche, un termine che da noi sembra passato di moda.

La Russendisko (una specie di movida moscovita fatta di suoni e letteratura e vita mondana) è nata in uno scantinato del quartiere Mitte, il Caffè Burger, ritrovo dell’immigrazione polacca poi preso in gestione dal genio furbo di Wladimir Kaminer, dj e romanziere, affabulatore e ruffiano, che ha saputo radunare attorno a questo locale intellettuali e musicisti della diaspora russa, facendo rivivere l’ambiente artistico russo-berlinese dei tempi di Nabokov. Dall’Est più vicino non arrivano solo le badanti e le colf. Varsavia offre anche cultura e il festival “Film Polska” esibisce una volta all’anno il meglio del cinema underground polacco. I Paesi Baltici si presentano con la loro “Settimana Baltica” fra concerti di musica classica e mostre pittoriche. E alle note del compositore George Enescu si affida il centro di cultura di Bucarest per offrire del proprio paese l’immagine migliore possibile. Viene lo sconforto a pensare che la cultura rumena a Roma si perda nella barbarie dei campi nomadi, simbolo di una politica di integrazione che non conosce né accoglienza né fermezza. Così Berlino viaggia spedita nel suo piccolo secolo europeo. L’Europa Vecchia e Nuova non sarà più al centro del mondo ma resta un angolo importante. Per la storia ma anche per la sua diplomazia politica e soprattutto per la sua economia e la sua moneta. La capitale tedesca ne occupa stabilmente il centro.

Ovviamente non è tutto oro quello che luccica. E mentre i turisti sui battelli che navigano sulla Sprea restano ammirati quando attraversano il modernissimo quartiere governativo, ad Est, nei quartieri periferici dove dominano i casermoni, ci si chiede ancora se ne sia valsa la pena di buttare giù quel Muro. In diciott'anni, anche qui la musica è cambiata. Quei casermoni sono stati rimessi a nuovo, risanati e riverniciati nelle facciate di colori brillanti, di modo che quando c’è il sole sembra quasi di stare a Disneyland e non ai confini del Brandeburgo. E ad accrescere la sensazione del luna park ci sono nuovi centri commerciali di periferia, non belli ed eleganti come quelli del centro, si capisce, ma insomma anche qui il capitalismo ha provato a far sentire il suo benessere, anche se in versione un po’ stracciona.

Ma funziona poco. Le giornate grigie e piovose sono ancora più numerose di quelle assolate e l’arcobaleno posticcio dei palazzi non riesce a mistificare la realtà. Berlino ama raccontarsi al ritmo dei suoi film. Messi in archivio i tempi frenetici di Lola rennt o quelli nostalgici di Goodbye Lenin, l’ultima stagione ha decretato il successo di Du bist nicht Allein, che già dal titolo la dice lunga: non sei solo. Una commedia sentimentale e drammatica nella quale il protagonista, un operaio disoccupato che vive in un casermone alla periferia di Berlino Est, disperde le proprie illusioni in un rapporto impossibile e patetico con una giovane immigrata russa, vicina di casa, che non ricambia la passione. Il film suggerisce una speranza nel malinconico finale: la moglie dell’operaio ha ottenuto un lavoro e quando scopre lo smarrimento di suo marito, la compassione prevale sulla rabbia. I due si separano: lei resta a Berlino con il suo stipendio, il marito ormai ex cercherà in Olanda il lavoro e l’equilibrio perduto. Ma fuori dallo schermo, la vita resta dura e le speranze tramontano nel voto agli ex comunisti della Linke o nelle randellate affibbiate agli stranieri dalle bande vigliacche dei naziskin.

Violenza urbana, appunto. E non solo nei quartieri disperati dell’Est. A Ovest, l’immigrazione che non si integra ingrossa e sposta i mercati della droga. Negli ultimi anni alcune zone del quartiere di Neukölln hanno conosciuto il fiato marcio del degrado e il crollo del valore degli immobili: qui, nel milleduecento, si insediarono i primi coloni che diedero vita a Berlino. Ottocento anni dopo, chi può, vende e va via. E come nei quartieri malfamati delle città mediterranee, i conducenti degli autobus hanno paura a circolare di notte: le cronache cittadine riportano sempre più atti di violenza e vandalismo. E il bullismo degli adolescenti. E le gare alcoliche, fino a stordirsi. E le mamme che uccidono i propri figli, segno che la solitudine, anche in una città organizzata dove una donna trova sempre un consultorio aperto, può non riservare vie d’uscita.

Tracce di cronaca che aiutano a farsi un quadro più chiaro. A illuminare le zone d’ombra di una città di successo. La capitale di un Paese che non ha abdicato all’impegno di fare dei propri abitanti una comunità plurale ma che poi è costretta a misurare ogni giorno la distanza che resta da compiere.

(Pubblicato sul Secolo d'Italia del 27 aprile 2008)

Sindaco di Roma

Visto dalla Germania, non poteva che vincere l'Alemanno.

domenica, aprile 27, 2008

Tempelhof, l'ultimo volo è atterrato

Il referendum è fallito, Tempelhof può chiudere. Qui funziona così: i sì al salvataggio avrebbero dovuto raggiungere il 25 per cento degli aventi diritto al voto (609.509 voti su poco meno di due milioni e mezzo di elettori). Alla fine dello scrutinio la percentuale si è fermata al 21,7 per cento, tre virgola tre punti sotto il "quorum". In cifre assolute, 530.231 "sì", un deficit di 80mila voti circa.

Il referendum aveva valore consultivo, dunque coloro che hanno perso promettono ancora battaglia, forti del 60 per cento di "sì" tra coloro che si sono recati a votare. Tuttavia il risultato generale è chiaro (referendum fallito) e si somma alla decisione già presa dal Senato cittadino di chiudere lo storico aeroporto. Difficilmente Wowereit sarebbe tornato indietro, anche in caso di vittoria dei sì. Sarà impossibile che lo faccia adesso. Con molta probabilità, ad ottobre si chiude. Saranno invece da valutare le conseguenze del fallimento referendario per la Cdu, che negli ultimi tempi si era schierata a favore del mantenimento e soprattutto per Angela Merkel che si era spesa direttamente per il sì. E sarà interessante osservare il voto dei quartieri, e quello tra Est e Ovest. L'aeroporto di Tempelhof era atato quello del ponte aereo. Una vicenda che Est e Ovest aveva vissuto sotto opposte propagande e punti di vista. Oggi era visibile la differenza tra le due metà della città: seggi affollati nei quartieri occidentali, praticamente il deserto nei seggi orientali. Berlino resta una città spaccata a metà, diciotto anni dopo la caduta del Muro. Ne parleremo nei prossimi post.

sabato, aprile 26, 2008

La domenica di Tempelhof

Nella rubrica Trans Europa Press che ogni settimana preparo per Ideazione, un intero capitolo è dedicato all'aeroporto berlinese di Tempelhof (lo trovate dopo la storia di Sarkozy). Domani due milioni e mezzo di berlinesi aventi diritto votano il referendum per provare a salvare un pezzo della loro storia. Fu l'aeroporto del Luftbrücke, il ponte aereo americano che fece fallire il blocco sovietico di Berlino Ovest. E c'è anche un confronto fra l'idea del mega aeroporto che sorgerà sulle ceneri di Schönefeld e la possibilità di far convivere più piccoli aeroporti (i due citati più il sempre egregiamente funzionante scalo di Tegel) come accade a Parigi, Londra e ora con Ciampino anche a Roma. E sull'eventuale destinazione dell'area si temono forti interessi speculativi di tipo immobiliare. Ma la battaglia ha virato sul versante politico e su questo referendum (che resta consultativo, dunque non ha effetto sulla decisione già presa di chiudere l'aeroporto) si disputano anche altre partite, che forse poco o nulla hanno a che fare con l'interesse per Tempelhof. Oltre ai link che ritrovate nella rubrica odierna, della vicenda avevamo parlato in questo post di ottobre. Che aveva aperto un interessante dibattito sul blog A casa di Isa.

Piccola (e ulteriore) rassegna stampa sull'argomento: Tagesspiegel, Berliner Morgenpost, Taz, Berliner Zeitung.

L'Islanda dei libri a Francoforte nel 2011

L'Islanda sarà ospite d'onore della Fiera del libro di Francoforte nel 2011. Una bella occasione per la letteratura di un paese piccolo ma culturalmente molto fertile. In Italia gli autori islandesi sono pubblicati in gran parte da Iperborea. Nel 2008 ospite d'onore sarà la Turchia. A seguire la Cina nel 2009 e l'Argentina nel 2010.

L'anno di Sarkozy e il futuro di Tempelhof

“Un discorso umile” è stato il giudizio del quotidiano conservatore Le Figaro. Il discorso è quello televisivo del presidente Nicolas Sarkozy. Una “entretien”, un colloquio in tv. Per fare un bilancio dei suoi primi 365 giorni. Incollati allo schermo quasi 12 milioni di francesi. Cifre da una finale di calcio di Champions, non di un Mondiale. Lontani i 18 milioni dell’intervista dello scorso ottobre. Segno tuttavia, che il presidente che aveva fatto sognare i suoi elettori li ha sì delusi, ma loro vogliono ancora sapere perché. Lo vogliono sapere dalla sua voce. E vogliono capire se si è trattato solo di una falsa partenza e se si può sperare in una rivincita. Una rivincita, innanzitutto, per lo stesso Sarkozy [... continua su Ideazione].

Ad Amburgo i Verdi si alleano col centrodestra

Alla fine sono arrivati i sondaggi e la benedizione del padre nobile dell’ecologismo tedesco Joschka Fischer a confortare in Germania il primo governo fra centrodestra e verdi a livello regionale. Ad Amburgo il borgomastro cristiano-democratico Ole von Beust potrà fare ancora affidamento sulla tradizionale luna di miele con gli elettori, nonostante per niente tradizionale sia l’esecutivo che guiderà. Secondo la rete televisiva Zdf, il 52 per cento dei tedeschi approva l’alleanza “nero-verde”, contro il 19 per cento dei contrari e il 26 degli agnostici. La curiosità è che i più entusiasti si ritrovano fra i simpatizzanti dei verdi più che tra quelli della Cdu. Il favore popolare può essere dunque considerato di buon auspicio per un’approfondimento dell’alleanza a livello nazionale.

E l’ex ministro degli Esteri Joschka Fischer, che dopo l’esperienza di governo ha (forse temporaneamente) abbandonato la politica per l’insegnamento, ha commentato nella sua rubrica settimanale sull’edizione online della Zeit: “Nonostante le smentite, l’opzione nazionale di una coalizione Giamaica tra centrodestra e verdi aperta anche ai liberali resta aperta. Mai dire mai”.

I dirigenti dei due partiti minimizzano e confinano l’esperimento al solo livello regionale. Finora, la strana alleanza aveva conosciuto solo piccole fortune a livello comunale, o in qualche circoscrizione, come quella pur importante di Zehlendorf a Berlino. Ma per un parlamento regionale, quale quello di Amburgo che è città-Stato, è assolutamente una primizia. E dopo Amburgo potrebbe essere il turno dell’Assia, la regione di Wiesbaden e Francoforte, dove il risultato elettorale di oltre un mese fa ha gettato i partiti nella paralisi e da qualche settimana si è iniziato a parlare di “Jamaika-Koalition”, dal colore delle tre formazioni che potrebbero allearsi: il nero dei cristiano-democratici, il giallo dei liberali e il verde degli ecologisti. I tre colori formano la bandiera giamaicana e l’accostamento esotico affascina elettori e politologi.

La politica tedesca è infatti alla ricerca di nuovi equilibri politici dopo la stabile inclusione nel quadro parlamentare della Linke, una sorta di Sinistra senza arcobaleno ma elettoralmente vincente. E non sono in pochi a ritenere che l’esperimento amburghese possa avere un riflesso nazionale e preludere a una rivoluzione nella storia politica del Paese, paragonabile forse solo al primo governo con un cancelliere socialdemocratico (si trattava di Willy Brandt) nel 1969.

La novità che giunge da Amburgo non è infatti solo nella forma ma anche nella sostanza. E’ nel processo che ha portato all’inedita coalizione. Non si è trattato di una scorciatoia, dettata solo dalla necessità di assicurare un governo alla città. Già prima del voto, anche di fronte a sondaggi che evidenziavano la difficoltà di ricorrere alle tradizionali alleanze politiche (i verdi con i socialdemocratici e i cristianodemocratici con i liberali) il borgomastro uscente Ole von Beust aveva avviato contatti con il gruppo ecologista. E si erano poste le basi per un accordo successivo, qualora i risultati avessero confermato le previsioni. Così è stato e le teste d’uovo dei due gruppi hanno confrontato programmi e proposte in un mese di incontri bilaterali. L’accordo è avvenuto su base programmatica, limando le differenze su molti punti e amalgamando le proposte complessive. Istruzione, asili nido, ruolo strategico del porto, energia e il destino di una storica centrale elettrica cittadina sono stati i temi più controversi. Il programma che ne è scaturito ha un respiro strategico.

Il dibattito ora rimbalza a Berlino, dove oltre al governo nazionale c’è quello locale: qui un’altra alleanza “proibita” – quella tra socialdemocratici e sinistra radicale – governa la capitale, che come Amburgo è città Stato. Se a destra si guarda ai verdi e all’esempio anseatico, a sinistra il nuovo ha paradossalmente il colore rosso della Linke, costituita lo scorso anno dalla convergenza fra i post-comunisti dell’Est e i massimalisti dell’Spd guidati da Oscar Lafontaine. Ma proprio la presenza di quest’ultimo alla leadership del partito – considerato dai suoi ex compagni un traditore desideroso solo di vendetta – rende aspro il confronto. In più l’alleanza con gli ex comunisti non viene vista di buon occhio dalla maggioranza degli elettori, specie nelle vecchie regioni occidentali. La guerra di leadership che sta lacerando l’Spd e le ripetute gaffe nostalgiche verso gli anni del regime della Ddr di alcuni esponenti della Linke rendono il percorso su questo versante della politica piuttosto accidentato.

A destra, invece, la ricerca di nuovi scenari procede con maggiore speditezza, nonostante le prudenze pubbliche di Angela Merkel e Renate Künast, le donne che guidano Cdu e verdi a livello nazionale. La pubblicistica politica ne discute ormai da tempo. Lo scorso mese, il mensile progressista di cultura politica Cicero ha trovato anche il simbolo per la nuova stagione prossima ventura: la “Bionade-Republik”, dal nome della bevanda cult che negli ultimi anni si è imposta sul mercato giovanile tedesco. La Bionade è una sorta di limonata fermentata con il malto, non alcolica, dissetante e prodotta con sistemi biologici, inventata una dozzina di anni fa dal mastro birraio bavarese Dieter Leipold. La politica, si sa, si nutre anche di miti. E tra Giamaica e Bionade, l’alleanza nero-verde sembra averne trovati di accattivanti.

(pubblicato su Il Secolo d'Italia del 23 aprile 2008)

giovedì, aprile 24, 2008

Bioturchia: il Kebab alla moda

Nello sciccosissimo quartiere di Prenzlauer Berg, ieri, esordio per il Kebab biologico. Nei prossimi giorni ci faremo un salto. E vi diremo se ha lo stesso sapore di quello normale. Intanto, il prodotto realizzato con lavorazione biologica, oltre che soddisfare la bio-mania dei fighetti che vivono a Prenzlauer Berg (quartiere bellissimo, comunque, chi viene a Berlino non se lo perda) potrebbe allontanare il sospetto della gammelfleisch (la carne avariata) che da qualche anno circonda questa deliziosa specialità turca.

Italia post elettorale

Questa volta un Giovanni Sartori in grande forma.

Wikipedia di carta, il dibattito

In Germania la Bertelsmann si appresta a stampare il meglio dell'enciclopedia online Wikipedia. Mille pagine, voci selezionate attraverso una votazione degli utenti. Costerà venti euro e sarà in libreria da settembre. Sarà per la precisione dei collaboratori tedeschi o per quella mania del dettaglio o la tendenza al Besserwisser, sta di fatto che l'edizione tedesca risulta la più completa e accurata tra tutte le versioni di Wikipedia. Secondo il curatore, non è un controsenso dare alle stampe una enciclopedia nata per il web. Ma il dibattito è aperto, non tutti la pensano così.

Fantastico Hawking

"Nell'universo la vita intelligente è un fenomeno molto raro. Tanto che secondo alcuni è un evento che ancora deve manifestarsi persino qui, sulla Terra".
Stephen Hawking

martedì, aprile 22, 2008

La guerra del fumo

Il fumo si taglia col coltello. Non sono neppure le otto di sera, ancora non c’è tanta vita, la serata si deve animare e la notte sarà ancor più lunga. Eppure quasi non si vede il bancone laggiù, tanto spessa è la coltre di nicotina. La Kneipe (versione tedesca del pub anglo-irlandese) è piccola e scomoda, come piace ai berlinesi. Ma è famosa e centralissima, alle spalle degli Hackesche Höfe, un dedalo interno di cortili in stile Belle Epoque rimesso a nuovo alla fine degli anni Novanta e oggi meta del pellegrinaggio irrinunciabile di ogni turista dotato di Lonely Planet [... continua su Ideazione].

lunedì, aprile 21, 2008

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Contenuti

14:57 Alemanno incontra Totti
'E' stato un incontro molto simpatico, gli ho detto che rispetto le sue opinioni'. Cosi' il candidato del Pdl a sindaco di Roma, Gianni Alemanno, ha commentato l'incontro avuto questa mattina con Francesco Totti.

17:29 Anche Rutelli in visita da Totti
Dopo Gianni Alemanno, anche Francesco Rutelli va a Villa Stuart a visitare Francesco Totti. "Sono stato a trovare Totti - ha detto il candidato del Pd al Campidoglio - intanto perché lo dovevo ringraziare per la sua affettuosità e per questa amicizia che ha speso per il bene della nostra città. Poi conta il riconoscimento a un grande campione, a un'icona di Roma e a un uomo che ha dimostrato e sta dimostrando di saper fare tanto per tutta la città".

La campagna elettorale capitolina assume contorni ridicoli. Per rimanere in tema, nel periodo non collegato mi era sfuggita la proposta liberale del candidato di sinistra Rutelli sul tema della sicurezza: il braccialetto elettronico alle donne. E' ufficiale: Rutelli è impazzito. Fermatelo.

sabato, aprile 19, 2008

Trans Europa Press. Roma chiama Mosca

Dopo la rassegna stampa europea della scorsa settimana completamente dedicata alle elezioni italiane, torniamo oggi al tradizionale ventaglio informativo da tutto il Continente, partendo però ancora una volta dal nostro Paese. Su questo giornale abbiamo lamentato la totale assenza nella campagna elettorale dei temi di politica estera. Ora però, finite le elezioni e eletto il nuovo governo, la stampa internazionale discute su come sarà l’azione della Farnesina sotto il terzo mandato di Silvio Berlusconi [... continua su Ideazione].

giovedì, aprile 17, 2008

Fantozzi sarà lei

Oggi che a Berlino piove e sembra tornato l'inverno, qui a Bonn c'è il sole anche se fa un po' freddino. Ma si sta all'asciutto. Per la serie: cronachette meteorologiche.

mercoledì, aprile 16, 2008

Fantozzi

Oggi che a Berlino, dopo giorni di pioggia, è uscito il sole, Walking Class si trova a Bonn, dove ovviamente piove. Così, solo per informazione.

ps. è uscito il sole.

Endorsement

"Quanto a "Repubblica", ha già fatto l'esperienza della destra, giocando la sua parte, e senza mai inseguire il ruolo di giornale di opposizione, perché non è un partito. Preferiamo semplicemente essere un giornale: con una certa idea dell'Italia, diversa da quella oggi dominante, un'idea certo di minoranza, e che tuttavia secondo noi merita di essere custodita e preservata". E' nata la "Terza" Repubblica.

Cri cri... sbang!

Ma con l'ottanta per cento di elettori che dopo appena due anni vanno comunque a votare e fanno la fila ai seggi invece che urlare "vaffanculo", ancora a parlare di beppegrillo? E basta no?

Lufthansa bipartisan, Aeroflot da sola

C'è l'apporto di Lufthansa dietro la cordata italiana per Alitalia curata da Silvio Berlusconi. E c'è Lufthansa nella pubblicità di fianco alla testata dell'homepage di Repubblica.it (finché non cambia). Un altro ritorno, fonte Corriere, è quello di Aeroflot. Così ora potrebbe tornare ad essere una partita a tre: Air France-KLM, Lufthansa e Aeroflot.

martedì, aprile 15, 2008

Fair play

Non tutti gli sconfitti l'hanno presa con filosofia.

Berlusconi alla prova della Merkel

Quando non ci occupiamo di costume e curiosità che riguardano la città di Berlino (o più in generale la Germania) e alziamo lo sguardo oltre il Ring autostradale, in questa rubrica siamo soliti guardare a Est. Berlino (e l’Alexanderplatz come suo luogo simbolico) sono per noi sinonimo di Nuova Europa. Questa settimana, invece, lo sguardo lo lanciamo a Sud, verso l’Italia, per valutare come potranno cambiare i rapporti politici e diplomatici fra Germania e Italia con la formazione del nuovo governo Berlusconi [... continua su Ideazione].

Comunque vada l'Italia stavolta diventa europea

(articolo lungo del 13 aprile)

Se questa campagna elettorale aprirà una fase nuova della politica italiana ce lo dirà il risultato delle urne lunedì prossimo. Se dopo anni di transizione il nostro paese approderà in Europa, ce lo diranno gli elettori. La politica ha fatto quel che doveva e poteva, accelerando la semplificazione di un quadro partitico degenerato nella proliferazione dei cespugli, delle liste personali, delle bandiere che servivano a eleggere notabili che tenevano in scacco questo o quel governo con il ricatto di una manciata di seggi. Stabilire cosa abbia lacerato il governo Prodi – se la continua ostruzione dell’estrema sinistra, la disaffezione del suo elettorato, l’eterogeneità della coalizione, la leadrship testarda e poco duttile – è compito che spetterà ai politologi. Ma che a buttarlo giù concretamente sia bastato il capriccio di qualche senatore espressione di micro-partiti, è un fatto che nessuno può smentire. La Seconda Repubblica è naufragata per eccesso di frammentazione, la Terza, o come si chiamerà, attende lunedì il via libera degli elettori. Che potranno confermare questa svolta innescata dalla politica: dare forza a due grandi partiti contrapposti, il Popolo della libertà e il Partito democratico, omogenei e in grado di governare senza dover mediare all’infinito con posizioni estreme o con interessi particolari.

Una risposta all’antipolitica, pur in presenza di una campagna elettorale per altri versi deludente. Uno scatto in avanti che la politica propone agli elettori per uscire dalla crisi ed entrare in Europa. In fondo, la tensione verso un modello di democrazia più moderna era alla base della svolta del 1994, quattordici anni fa, all’indomani della più grave crisi della storia repubblicana. Il vecchio sistema politico, al di là della questione corruzione, appariva bloccato e incapace di fornire risposte adeguate alle sfide del mondo nuovo, così come si veniva configurando dopo la caduta del Muro di Berlino e dei comunismi est-europei. Un sistema figlio della guerra fredda, che non aveva saputo interpretare e accompagnare dal punto di vista istituzionale le grandi trasformazioni che erano avvenute in Europa, proprio al nostro confine orientale. Il referendum sulla legge elettorale del 1993 fu un grimaldello inserito nel punto più vulnerabile del vecchio sistema politico e fece saltare il vecchio quadro. Sembrò che, dalle macerie dei partiti che avevano fatto la storia dell’Italia repubblicana, potesse venir fuori un equilibrio nuovo, più simile a quello vigente nella maggior parte dei paesi europei. L’Italia, si disse, si avviava a colmare il ritardo accumulato. Si scongelarono le eterne opposizioni, si avviò un processo di revisione ideologica per la destra e per la sinistra e il quadro che ne derivò, nelle prime elezioni della “nuova era” del marzo 1994, era carico di aspettative e speranze. Due coalizioni contrapposte, alternative, un centrodestra e un centrosinistra ancora impigliati nella viscosità di una fase di passaggio, eppure pronte a darsi battaglia, a vincere e a perdere, a governare e ad opporsi, nel nome di un’alternanza di stampo europeo.

Queste le premesse. La storia, poi, ha preso strade oblique e le resistenze al cambiamento sono state tante e tali da ingarbugliare i passaggi successivi. Ancora in questa tornata elettorale, la novità dei contenitori, che dovrà poi essere riempita dall’elaborazione di contenuti più solidi, utili ad offrire una prospettiva al paese e non solo ad affrontare una campagna elettorale, si è scontrata con la rigidità di regole e norme che non tengono il passo. La par condicio, tanto per fare un nome, che ha messo sullo stesso piano partiti destinati a rappresentare quasi metà degli italiani e forze che avranno vissuto il brivido di un’estemporanea avventura elettorale. Tanto che il confronto diretto, che in ogni paese democratico rappresenta il momento più alto dello scontro politico, che incolla milioni di spettatori al piccolo schermo, che consente ai veri candidati di misurarsi direttamente su temi e programmi, noi non lo abbiamo avuto.

Silvio Berlusconi e Walter Veltroni si sono giustamente rifiutati, per evitare di finire nel frullatore delle cento voci e delle cento prepotenze di altri candidati – rispettabilissimi – che avrebbero però presumibilmente colto l’occasione per ricavare visibilità. Delle elezioni francesi ricordiamo tesissimo il dibattito fra Nicolas Sarkozy e Ségolène Royal. In Spagna quello più pacato tra José Luis Rodrìguez Zapatero e Mariano Rajoy. Negli Stati Uniti l’abitudine è tale che ci si confronta già nelle primarie. In Germania ci hanno preso talmente gusto che hanno esportato l’avvenimento anche nelle più agguerrite elezioni amministrative: in Assia, dove si correva testa a testa, si sono confrontati a pochi giorni dal voto il cristiano-democratico Roland Koch e la socialdemocratica Andrea Ypsilanti. Milioni incollati alla tv, anche spettatori di altre regioni che non sarebbero andati a votare. Se comizi e appuntamenti pubblici hanno mantenuto, a dispetto di chi li dava per morti, la loro capacità di attrazione, la televisione è l’agorà moderna, uno spazio di informazione in più a disposizione del cittadino. Perché negarla?

La par condicio è tuttavia solo un esempio. Sta alla novità dei due grandi partiti che caratterizza questa elezione come le vecchie regole istituzionali stanno all’intero sistema politico. Quanto più questo tendeva al cambiamento, tanto più le istituzioni si sono irrigidite, non ne hanno accompagnato il percorso, spesso lo hanno ostacolato. Resta così come eredità ai politici che interpreteranno la prossima stagione, il compito di riformarle, modernizzarle, modellarle affinché assicurino una democrazia compiuta.

Due grandi partiti. Il Popolo della libertà e il Partito democratico. A ricostruire la stabilità dell’alternanza dalla frammentazione paludosa degli ultimi due anni. Al di là della retorica del voto utile, i cittadini possono dare una mano a tirare la politica fuori dalle secche. D’altronde, laddove la democrazia funziona, funziona così. Va sempre più di moda la Spagna, non fosse altro perché ormai da qualche tempo ci tampona nella classifica un po’ prosaica dei paesi con il più alto prodotto interno lordo. Per altre cose, la politica ad esempio, ci è davanti da più di un decennio. Con il socialista Gonzales, gli spagnoli hanno incontrato la modernità. Con il popolare Aznar lo sviluppo. Con il socialista Zapatero i diritti civili. Tutti hanno potuto governare per almeno due mandati e hanno saputo circoscrivere le richieste e i ricatti dei partiti autonomisti, che pure in Spagna hanno il loro peso. Nelle ultime elezioni di un mese fa, i due partiti maggiori sono addirittura cresciuti in termini di consensi, consolidando un sistema politico che oggi molte democrazie più “anziane” invidiano.

Per non rifarci sempre a modelli settentrionali, la semplicità del quadro partitico agevola anche le vicende portoghesi, dove moderati e progressisti si confrontano ad ogni elezione ottenendo dagli elettori mandato pieno a governare. Lo stesso accade in Grecia. Ad Atene Nea Democratia e Pasok racchiudono nel loro orizzonte le speranze dei conservatori e dei progressisti e per quanto il clima politico ellenico sia sempre piuttosto rovente, e persistano forze minori capaci di farsi rappresentare in parlamento, i governi che escono dalle urne non ricordano neppure lontanamente l’armata brancaleone che il povero Romano Prodi s’è trovato a guidare nelle due sue esperienze di premier.

Il ritardo che la politica italiana ha accumulato in questi ultimi anni è più grave proprio se lo si raffronta con l’accresciuta efficienza degli altri modelli mediterranei. Non è un caso che proprio l’affanno nei confronti di paesi simili e concorrenti sia stato il tratto più marcato del declino italiano.

Perché se poi si sale verso Nord, allora il confronto neppure si pone. Era d’altronde verso questi paesi – la Francia, l’Inghilterra, i paesi scandinavi – che si guardava dall’Italia agli inizi degli anni Novanta. A modelli che sapessero coniugare influenza diretta degli elettori, stabilità del quadro politico, rapidità delle decisioni governative: più poteri al premier o al presidente della Repubblica eletto direttamente dal popolo, a seconda delle proposte. Come in Francia, dove un sistema uninominale a doppio turno elegge i parlamentari e rende complesso il proposito di interdizione di un partito centrista. E dove il presidente della Repubblica, eletto direttamente dal popolo, rappresenta la nazione e nomina un governo di sua fiducia. E’ il sistema semi-presidenziale. Eppure in Francia non mancano i partiti minori, a testimonianza di una tradizione politica pluralista: oggi c’è il centro di François Bayrou, c’è il radicalismo della destra lepenista e c’è, in declino, una componente comunista che un tempo poteva addirittura paragonarsi al Pci per forza e contenuti. Ma nel 1958 il passaggio dalla Quarta alla Quinta Repubblica avvenne proprio nel segno della semplificazione e del superamento dei veti incrociati. Oggi, che il partito di Bayrou potrebbe innescare il germe dell’instabilità, la legge elettorale blocca il rischio di paralisi, pur non mortificando l’azione, la propaganda e anche la conquista di seggi parlamentari.

Non cede alle tentazioni del terzo partito la solida democrazia inglese, nonostante ogni volta i liberaldemocratici siano indicati in grande spolvero. I due partiti principali hanno però risorse innovative straordinarie e, dopo l’epopea del New Labour una nuova stagione potrebbe aprirsi per i Tories ringiovaniti dalla cura di David Cameron. Come in Scandinavia, territorio stabile e laborioso per eccellenza, che tuttavia affida la sua vocazione alla stabilità a un solido sistema che disincentiva la proliferazione partitica. Di tanto in tanto, sbocciano piccole formazioni ribelli, specie negli ultimi tempi per il disagio di un’immigrazione ritenuta fuori controllo. Ma la loro ascesa non mette mai in crisi il sistema.

E scivolando più ad Est, anche le giovani democrazie di quella che fu l’Europa sovietizzata privilegiano sistemi politici che neutralizzano la frammentazione. Eppure nei primi anni la fame di libertà aveva acceso la fantasia di tanti protagonisti. E’ stato il caso della Polonia, per lungo tempo esempio di instabilità continentale. Ma pur con tutte le sue anomalie, la Polonia oggi sembra aver recuperato un quadro meno frastagliato e più stabile, specie se paragonato con gli anni in cui i partiti in parlamento si contavano a doppia cifra. Relativamente ordinata si svolge la vita politica nei Paesi Baltici, che tendono a imitare il modello scandinavo e nelle nazioni della Mitteleuropa, le Repubbliche Ceca e Slovacca e l’Ungheria, che guardano con maggiore propensione ai modelli dell’area tedesca.

Ma è proprio in Germania che la prova del nove trova la sua conferma. A Berlino, il consolidamento elettorale della Linke, il partito della sinistra radicale, sta mettendo in crisi il sistema. La Grosse Koalition è di fatto già il prodotto della crisi, diffusasi nell’ultimo anno a livello regionale. L’affermarsi di un quinto partito, oltre i quattro tradizionali, sta minando le basi di un sistema al quale, non a caso, in Italia hanno guardato con cupidigia soprattutto i piccoli partiti centristi, con l’obiettivo di scardinare il possibile bipartitismo. Un modello di stabilità come quello tedesco, in crisi per un quinto partito. Può sembrare un paradosso, se letto con gli occhi affollati dalla miriade di simboli che ancora questa volta troveremo in Italia sulla lista elettorale. Ma tocca agli elettori, come fecero quindici anni fa con il referendum elettorale, imprimere alla politica la svolta che può finalmente portare il paese in Europa.

(pubblicato sul Secolo d'Italia del 13 aprile)

lunedì, aprile 14, 2008

E' stato un terremoto

Parlamento con 5 partiti. Un governo numericamente stabile. Due i grandi blocchi. Dopo decenni, fuori comunisti e socialisti. De Mita non entra in Senato. E' stato un terremoto. Ora bisognerebbe rimuovere le macerie.

Vi lascio allo speciale di Ideazione

Qui si chiude questa giornata elettorale seguita dalla Kneipe di Berlino. Per il resto vi lascio a Ideazione.

Meglio i sondaggi degli exit poll

Meglio Andrea Mancia di Consortium.

Senato Liguria (61%) avanti il Pdl

Potrebbe invece cambiare di colore, rispetto alle proiezioni regionali di Sky, la Liguria. Al 61 per cento delle schede scrutinate, è in vantaggio il centrodestra.

Proiezione Senato (copertura 62%)

Nuova proiezione nazionale per il Senato (copertura 62%): Pdl, Lega Nord e Mpd ottengono complessivamente il 46,4% (Pdl 38,9%, Lega 6,5%, Mpa 1%), Pd e Idv 37,9% (Pd 32,8%, Idv 5,1%). Udc 5,7%, Sinistra arcobaleno 4,7%, la Destra 2,4%, Ps 0,7%, Sinistra critica 0,4%,

Forse

Forse Ferdinando Adornato ha sbagliato ad andare troppo presto in tv a fare quelle dichiarazioni lì (non legittimamente a favore dell'Udc ma solo contro il Pdl). Se si faceva un giro, pigliava tempo ed era meglio.

Proiezione Consortium Lazio

PDL 41,9 - PD 40. Sinistra arcobaleno 4,8 - Udc 4,4 - La Destra 3,3. Il Lazio andrebbe al centrodestra, nonostante il buon 3,3 per cento di Storace. Ma, soprattutto, nonostante la gestione politica di Comune-Provincia di Roma-Regione del centrosinistra e la candidatura a premier del sindaco uscente della Capitale. Ovviamente, sono ancora proiezioni (ma non più exit poll).

Proiezione regionale per il Senato

Se il risultato finale regionale sarà quello previsto dalle proiezioni di Sky, la partita è chiusa. Restano al Pd le tradizionali regioni rosse (verdi, oggi) più la Liguria. Lazio, Sardegna e Campania vanno a destra. Più tutto il Sud, tranne la Basilicata. Con questi dati, non è in discussione la maggioranza del centrodestra al Senato (Pdl+Lega). Quindi, un governo potenzialmente stabile.

Berlino: + 14

Non c'entra con le elezioni. Ma oggi fa addirittura caldo. Quasi quasi vi lascio ed esco. La china dei risultati, d'altronde, mi pare si stia facendo chiara.

Seconda proiez. Consortium: centrodestra + 6,7

Seconda proiezione di Consortium al Senato su un campione del 44%: Pdl 38,3%, Lega 5,6%, Mpa 1%, totale coalizione 44,9%. Pd 33%, Idv 5,2%, totale coalizione 38,2%. Dati che mostrano un ampliamento del distacco tra le due coalizioni. Gli altri partiti: Udc 5,7%, Sinistra Arcobaleno 4,8%, La Destra 2,4%, Partito Socialista 0,7%.

Prima proiez. Sen. (Mediaset): centrodestra + 9,1

In base alla prima proiezione sul Senato di Ipsos per Mediaset, la coalizione del Pdl-Lega-Mpa si attesta al 47,2% mentre quella Pd-Idv al 38,1%.

Gianni Letta lo abbiamo lasciato dormire. Quando si sveglierà, gli diremo che sarà solo ministro.

Prima proiezione Senato (Rai), sale il Pdl: +4,6

Prima proiezione della Rai al Senato sul 32% del campione di Consortium (margine di errore 3%): Pdl 34,9%, Lega 5,8%, Mpa 1%; totale coalizione 43,7%. Pd 33,8%, Idv 5,3%: totale coalizione 39,1%. Tra i partiti indipendenti Udc 5,8%, Sinistra Arcobaleno 4,9%, La Destra 2,4%, Sinistra Critica 1,2%, Partito Socialista 0.8%. Rispetto agli exit poll si registra una crescita del Pdl.

Gianni Letta ha chiuso un occhio. Poi, prima di appisolarsi, ha mandato un sms (credo a palazzo Grazioli). Ora dorme. Ha chiesto di essere svegliato alla prossima proiezione.

Avvertite il cronista di Sky

Sì, avvertitelo, che in Sicilia non c'è il ballottaggio per il presidente della Regione. La legge regionale è chiara e nota (e non è mai cambiata): chi arriva primo vince. Non c'è bisogno di superare il 50 per cento. Non è previsto il ballottaggio. Con quell'exit poll Raffaele Lombardo non dovrebbe avere problemi ad essere eletto. Forse, qualche problema, lo avranno i siciliani.

Raffaele Lombardo è tra il 49 e il 53%, Anna Finocchiaro tra il 36 e il 40%.

Un lettore mi scrive ricordando che l'altra volta gli exit poll sopravvalutarono il voto al centrosinistra. Secondo lui, il centrodestra potrebbe riprendere vantaggio non appena arriveranno i voti reali. Gliel'ho detto a Gianni Letta, che infatti s'era già prudentemente riseduto (ma non s'è appisolato lo stesso, tranne un momentino solo, quando Massimo Franco su Sky ha parlato per più di quattro minuti). Segnalo con piacere il Liveblogging di Andrea che è partito con i dati reali dei seggi (ma la percentuale è al momento irrisoria). Gli ricordo che i primi dati arrivano dalle piccole sezioni del Nord (che sono piccole e più efficienti), laddove il centrodestra - ma soprattutto la Lega - fa man bassa. Però, come ancora giustamente mi fanno notare, anche le regioni rosse sono efficienti e blindate nell'espletamento dello scrutinio. Insomma, appena saranno un po' più consistenti, converrà affidarsi solo allo scrutinio reale.

Vi rammento lo speciale di Ideazione che ha appena aggiunto le dichiarazioni dei politici, divertenti, da conservare se poi gli exit poll faranno cilecca. Dopo i primi venti minuti abbottonati, si stanno lanciando in dichiarazioni epocali.

E per la serie "chissenefrega" e/o pubblicità occulta, da quissù le elezioni italiane si seguono sorseggiando una Budweiser (Budvar), ottima birra ceca da non confondere con l'omonima (ma più leggera) Budweiser americana.

Letti i dati, Letta...

Letti i primi dati degli exit poll, senza fare alcuna dichiarazione né a se stesso né agli astanti, Gianni Letta si è sollevato dalla poltrona, sgambettando un po'. Poi si è riseduto, memore dell'esperienza dell'altra volta. Ma non si è appisolato.

Primo exit poll

EXIT POLL ore 15.00
CAMERA
Pdl+Lega Nord 42 %
Pd+Idv 40 %

SENATO
Pdl+Lega Nord 42,5 %
Pd+Idv 39,5 %

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In dettaglio: secondo il primo exit poll, realizzato da Consortium, alla Camera, Pd più Idv sono tra il 37 e il 43%; il Pdl tra il 32 e il 36%; la Lega tra il 6 e l'8%; l'Mpa allo 0,5%. Dunque il Pd è in vantaggio sul Pdl. Complessivamente, però, Pdl più Lega più Mpa sono tra il 38,5 e il 45,5%. In Senato, Pdl più Mpa più Lega sono tra il 39 e il 46%; il Pd più Idv tra il 36,5 e il 42,5%.

Questi, invece, i dati dei partiti minori. Alla Camera, secondo gli exit poll Consortium, l'Udc si piazza tra il 4,5 e il 6,5%; la Sinistra arcobaleno tra il 3,5% e il 5,5%. Al Senato, l'Udc è tra il 4,5 e il 6,5%; la Sinistra arcobaleno tra il 4 e il 6%.
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Speciele elezioni su Ideazione

Il ritorno dei maoisti

No, è in Nepal.

Aspettando i risultati - Vintage/3

Scampoli della volta scorsa (come dire, prendete con le molle gli exit poll):

PRIMI EXIT POLL RAI. CDL: - 5 PER CENTO
Unione tra il 50 e il 54 per cento. Casa delle Libertà tra il 45 e il 49 per cento.

SECONDO EXIT POLL RAI/NEXUS: UNIONE +5
Risultato invariato nel secondo exit poll Rai/Nexus, sia per quanto riguarda la distanza tra le due coalizioni (Unione 50-54; CDL 45-49) che per i dati dei partiti. Per ora si ragiona solo su questi dati. Per la prima proiezione su dati reali bisogna attendere le 16,30 circa.

INDISCREZIONI SU PRIMA PROIEZIONE

Secondo gli esperti della Nexus che stanno elaborando i dati per la prima proiezione su voti reali, non ci si deve attendere spostamenti di rilievo. La proiezione, quindi, dovrebbe confermare sostanzialmente i dati dei due exit poll, già sorprendentemente identici tra di loro (fonte Tg2).

FINITA LA PRUDENZA. L'UNIONE FESTEGGIA IN PIAZZA ALLE 21
Non c'è più prudenza dalle parti dell'Unione. Già prenotata Piazza del Popolo per le 21 di questa sera. Si festeggerà in piazza. D'Alema parla di risultato di portata storica. E' la prima dichiarazione ufficiale di un leader dell'Unione.

UN'ORA DI RITARDO SULLA PRIMA PROIEZIONE COMPLETA
Salvo i dati appena comunicati su alcune regioni, è un'ora che si attende dalla Nexus la prima proiezione sulla base di voti reali. Il ritardo non è stato più giustificato.

RAGIONI DEL RITARDO
Contestazioni da parte di rappresentanti di lista nei seggi elettorali scelti statisticamente per le proiezioni.

PRIMA PROIEZIONE: SVANTAGGIO RIDOTTO A - 1,8
Risultati più complessi, quelli delle prime proiezioni regionali. Unione 50,4 per cento, Casa delle Libertà 48,6. Sarebbero alla CdL regioni come Piemonte e Puglia, mentre nel Lazio lo svantaggio sarebbe assai più ridotto rispetto al - 5 per cento di prima. Dati partiti: Forza Italia 23,5, Alleanza Nazionale 12,2, Udc 6,7, Lega Nord 3,9. A sinistra, Ds 18, Margherita 10,8, Rifondazione 7,5, Rosa nel pugno 2,6.

CONTRORDINE COMPAGNI
Il Senato torna in ballo appena la musica passa ai dati veri. Unione e CdL sono divise da meno di due punti percentuali, al Senato diventano pochi i seggi di vantaggio per il centrosinistra.

PRODI RINVIA IL DISCORSO DAL PALCO DI SS. APOSTOLI
L'entourage di Prodi avverte che Prodi arriverà sul palco di Piazza SS. Apostoli solo quando sarà certo della vittoria. L'orario previsto è per le 19,30. Di fatto i primi dati delle proiezioni raffreddano gli entusiasmi e consigliano maggiore prudenza.

SECONDA PROIEZIONE SENATO. TESTA A TESTA, CdL -1
Copertura 50 per cento. Unione 50,0 per cento, Casa delle Libertà 49,0. Lo svantaggio scende a un punto percentuale. In seggi: 151 per la CdL, 158 per l'Unione, sette senatori in più per la futura maggioranza.

LO STALLO DI NEXUS E IL NOSTRO
Tutto si gioca su un pugno di voti. La Nexus dichiara lo stallo totale. Parità sugli ultimi punti decisivi. Bisogna aspettare il dato definitivo del Viminale. La Campania è decisiva per il Senato: chi prende la Campania vince le elezioni al Senato. Il centrosinistra vincerebbe di un seggio, il centrodestra di sette. Al momento, in Campania è in leggero vantaggio l'Unione. Anche alla Camera leggero vantaggio dell'Unione, in lenta erosione man mano che si completa il quadro. E tuttavia, comunque andrà a finire, il dato politico resta quello di un paese spaccato a metà.

LE UNDICI COSE CHE (COMUNQUE) NON DIMENTICHEREMO
1) La folla in Piazza SS. Apostoli alle 15,30.
2) La prenotazione dell'Unione di Piazza del Popolo.
3) D'Alema: "E' una svolta storica. Il berlusconismo è finito".
4) Il mezzo spogliarello di Ferrara a Otto e mezzo.
5) La folla in Piazza SS. Apostoli alle 18,30.
6) La faccia di Cacciari all'arrivo della prima proiezione della Camera.
7) La faccia di Angius quando è arrivato il primo exit poll della Nexus.
8) La folla in Piazza SS. Apostoli alle 19,30.
9) La prenotazione dell'Unione di Piazza del Popolo annullata.
10) La folla in Piazza SS. Apostoli alle 23,50.
11) Il podio sudamericano alle 2,50 ai SS. Apostoli.

ITALIANI ALL'ESTERO: IL SENATO VA ALL'UNIONE
Allora, sono arrivati i dati definitivi degli italiani all'estero, a metà mattinata. Grazie alle cantonate nostalgiche prese da Mirko Tremaglia, il voto ha premiato l'Unione che così ribalta il dato nazionale della notte portandosi in vantaggio di due seggi: al Senato il risultato finale è 158 a 156, più un indipendente. Resta il dato politico della maggioranza numerica del centrodestra (+1,2 per cento). In seggi non vale nulla, ma è uno dei dati da tenere presente per affrontare con serietà le prossime ore. Alla Camera con lo 0,08 per cento (pare secondo ultimi dati poco meno di 20mila voti) l'Unione si aggiudica il premio di maggioranza e ottiene un vantaggio più che tranquillizzante in termini di seggi. Anche qui la valutazione numerica dovrebbe suggerire una certa sobrietà nelle dichiarazioni dei vincitori.

PREVISIONI DEL TEMPO NEXUS
Finalmente, dopo giorni e giorni di annunci di piogge e temporali e rovesci e acquazzoni che hanno rischiato di mettere in crisi la piccola industria turistica italiana della Pasqua, oggi a Roma non dico che ci siano piogge e temporali e rovesci e acquazzoni, ma almeno il cielo è coperto anche se non fa freddo. Da indiscrezioni, pare che ultimamente il servizio meteorologico italiano sia passato dall'Aeronautica militare alla Nexus. Buona Pasquetta a tutti.

SETTIMANE A CHIEDERE IL RECOUNT
Sarebbe il caso di abbandonare il pallottoliere e rimettersi a far politica, anche perché tutte queste strampalate trovate d'ingegno allontanano le scelte strategiche e tattiche. Prima si comincia, meglio è. Conclusa la verifica sulle schede contestate si eviti di menarla per le lunghe. Il centrodestra ha fatto una sua proposta, mettersi attorno a un tavolo per un breve esecutivo di Grosse Koalition. Il centrosinistra l'ha respinta e Prodi vuol provare a varare un governo. Auguri, si parta.

Aspettando i risultati - Vintage/2

Mi pare che a 'sto giro sia saltata Flavia Vento. Le altre della categoria (e anche di nuove) però non mancano. Soprattutto fra le Ancelle della Libertà (sezione non menopausa).

Aspettando i risultati - Vintage/1

"Lo scenario post-elettorale può essere dunque assai diverso da quello immaginato solo un anno fa, all’indomani del successo amministrativo del centrosinistra. E si fa strada l’impressione che il risultato del 9 aprile difficilmente determinerà una stabilità tanto forte da compattare aggregazioni così eterogenee come quelle che si confrontano in questa campagna elettorale. In mancanza di una vittoria netta di una delle due coalizioni, la seconda repubblica rischia di approfondire la crisi di transizione del nostro paese, aprendo la strada ad un rimescolamento dei partiti e delle appartenenze, sfruttando magari le forze centripete che la nuova legge elettorale ha innescato. La prospettiva di una “vittoria mutilata” per uno dei due campi può aprire una stagione di incertezza le cui avvisaglie già si scorgono nel riposizionamento che tutti i partiti stanno operando lungo l’asse della geografia politica nazionale".

(Walking Class, sabato 8 aprile 2006)

Se si smarrisce la buona educazione

Chiunque vinca le elezioni, secondo me l'Italia ha già perso.

Rosso di sera...

... e rosse, molto rosse, sono le regioni rosse nel grafico di Daw, che indica il grado di astensione secondo i dati di affluenza al voto forniti dal Viminale dopo la prima giornata elettorale. Si vota fino alle 15 di oggi. Cominciano le supposizioni: se l'astensione è maggiore nei serbatoi rossi e minore nei serbatoi neri (in Lombardia e in Sicilia, il calo rispetto al 2006 è assai lieve) è probabile che saranno i partiti della sinistra e del centrosinistra a pagare maggiormente la disaffezione elettorale.

domenica, aprile 13, 2008

sabato, aprile 12, 2008

Si vota per Gianni Letta premier

Mentre ci si diverte un mondo a leggere le dichiarazioni di voto personali che qua e là compaiono su giornali e blog, le tracce più interessanti su quel che avverrà dopo sono contenute nel retroscena del Corriere della Sera. Insomma: se i sondaggi verranno smentiti dal voto reale (e non sarebbe la prima volta); se una delle due parti otterrà una vittoria dimezzata (complice la doppia porcata della legge elettorale più correzione senatoriale); se s'è fatto tutto sto casino di elezioni anticipate per stare punto e a capo; se insomma accade tutto questo, domani gli italiani vanno a votare per eleggere Gianni Letta premier. Anche se non c'è scritto sulle schede.

Trans Europa Press. L'Italia in crisi sotto i riflettori

A poche ore dal voto l’Italia è finita sotto i riflettori della stampa internazionale. Le elezioni politiche sono sempre l’occasione per focalizzare l’attenzione sul paese che le vive. Il voto, le emozioni di una campagna elettorale, lo scontro fra le forze politiche evidenziano problemi e speranze. Ed è così che la stampa straniera ha scoperto la profondità della crisi italiana. Disegna, senza eccezioni, un paese a tinte fosche, senza riuscire a trovare elementi di speranza. Per questo motivo la rassegna stampa europea di questa settimana è monografica. L’argomento è l’Italia. Con due raccomandazioni [... continua su Ideazione].

Piove

Sono giorni che piove. Chiudete la doccia, bitte!

giovedì, aprile 10, 2008

Intervallo: New Soul (Yael Naim)

Gattopardi

Insomma, pare proprio che i Letta abbiano prenotato vita natural durante la poltrona di sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Un posto tramandato per via familiare. Brave persone, per carità. Ma insomma, sarebbe gradita un po' di alternanza. Prima c'era Gianni. Poi è arrivato Enrico. Domani forse torna Gianni. Ma se perde, è probabile che ci rimanga Enrico. Forse, più che il figlio di Berlusconi, a una precaria conviene sposare un figlio dei Letta. Berlusconi viene e va. I Letta restano.

L'Italia chiusa in se stessa

Poco più di un mese fa, il commissario europeo Franco Frattini, in procinto di lasciare il suo ufficio di Bruxelles per gettarsi nella campagna elettorale italiana, formulava in un’intervista al quotidiano Liberal questo auspicio: “Il Popolo della libertà deve piazzare l’Europa al primo posto, per recuperare credibilità europea, indispensabile per il nostro Paese, ma anche per poter beneficiare della strategia di crescita che rientra nel Patto di Lisbona. Insomma, per essere nella e della partita”. Non facciamo fatica ad immaginare che il candidato Frattini, che nel suo curriculum annovera anche due anni trascorsi alla Farnesina, sia tra i delusi di come il nuovo partito berlusconiano abbia trattato i temi di politica estera nella campagna elettorale che si va concludendo [... continua su Ideazione].

Monaco e München: potrà capitare anche a voi

La storia ha divertito il quotidiano tedesco Die Welt. Due signore della Repubblica domenicana che vivono in Italia si sono messe in viaggio in auto da Trento per incontrare a Monaco di Baviera la nipote, che sarebbe dovuta arrivare da Parigi. Giunte alla stazione di München (così si chiama Monaco di Baviera in tedesco) le due zie hanno atteso il treno proveniente da Parigi ma non hanno visto scendere la nipote. Allarmate, hanno allertato la Polizei. Dopo ore di angoscia, il mistero si è risolto. La nipote era in attesa nella stazione di Monaco, ma la città del Principato. Avrà prenotato il biglietto alla stazione di Parigi pensando in italiano: nella nostra lingua, infatti, non c'è differenza fra Monaco (Principato di) e Monaco (di Baviera). Nelle altre lingue sì. Alle zie, comunque rinfrancate, non è rimasto altro che salire di nuovo in macchina e farsi altri ottocento chilometri in direzione Ovest. Saranno state ricompensate da una vacanza in Costa Azzurra. La cosa capitò una ventina d'anni fa anche a me, proprio in Francia. Dovevo andare da Digione a Monaco di Baviera e avevo prenotato un posto per la Costa Azzurra. Me ne accorsi in tempo, appena uscito dalla biglietteria. L'unica cosa che dovetti sopportare fu il rimbrotto della addetta che dovette annullare e rifarmi il biglietto: non mi sembrò divertita della omonimia nella nostra lingua. Dunque, se dovete andare a München o a Monaco, fate attenzione a scegliere la destinazione giusta.

mercoledì, aprile 09, 2008

Una cosa è certa...

...Mangano non era un eroe.

Secondo me è una lettera vera

Carissimo Gianni, ab initio io te dico che er populus tuus te acclamat. Nun posso dirti, per ovvie ragioni sportive, in bocca ar lupo – come Totti ha fatto con Rutelli – e ci mancherebbe altro. Si sa che absit iniuria verbis, ma a tutto ce sta un limite, e lasciamo la lupa e passamo all’aquila, perciò caro Gianni: in becco all’aquila [... continua su Il Foglio].

Febbre da cavallo

I risultati clandestini delle corse sono qui. Ma insomma, dalle indicazioni dell'autore clandestino del blog clandestino (e chi lo conosce, nudda sacciu, nudda viti, nudda dissi), parrebbe trattarsi ancora dei burattini che animano le giostre di Piazza Navona durante le feste di Natale. Insomma, noi di Walking Class una dritta ve l'abbiamo data. Voi, come sempre, aspettate la corsa vera. Alle Capannelle, ovviamente.

Donne di ferro: Margaret Thatcher

I fans della lady di ferro non dovrebbero perdersi l'articolo che le dedica il Telegraph. Con lo sguardo non rivolto solo al passato.

Bulgarian Mafia chronicler shot and killed in Sofia

SOFIA (AFP) – Georgy Stoev, known as the chronicler of the underworld for his nine books on the origins of the Bulgarian Mafia, was shot in the head in Sofia yesterday, the Interior Ministry said. Stoev, 35, received a single bullet to the head shortly after noon outside a downtown Sofia hotel and was taken to hospital in critical condition, the ministry said. A former wrestler and bodyguard, Stoev became famous for his nine books about the birth of the Bulgarian underworld, in which he wrote about some of the biggest gangland bosses, whom he claimed to have known closely. This was the second high-profile shooting in the Bulgarian capital in 24 hours.

Knut e Flocke, la guerra degli orsi bianchi

Mentre su Knut si scatenano gli strali degli ambientalisti perché ha osato pescare e divorare le carpe del suo laghetto (ma cosa pensavano, che rimanesse l'orsetto di peluche del marketing) a Norimberga provano a replicare l'epopea knuttiana con Flocke, ieri alla sua prima uscita pubblica. L'orsetta di Norimberga, che ha corso il rischio di venir chiamata Knutilda ma poi l'orgoglio cittadino ha imposto un nome originale, vanterebbe un recinto più ampio di quello del suo più famoso collega berlinese. Gli ambientalisti si sono arrabbiati anche qui. E con qualche ragione. A furia di spettacolo, dicono, si rischia di far fare agli orsi bianchi la figura delle scimmie. Queste ultime non saranno felici del paragone, ma non protesteranno. Tuttavia non è detto che Flocke avrà lo stesso successo di Knut. Le ciambelle non riescono sempre con il buco. E poi le circostanze che hanno fatto di Knut un personaggio hanno molto a che fare con lo spirito berlinese.

martedì, aprile 08, 2008

E cantava le canzoni

L'Italia (vista dall'estero) tra voto e mozzarelle

Della campagna elettorale italiana vista dall’estero, riportiamo scarni reportage ogni settimana nella rubrica Trans Europa Press. Dall’osservatorio berlinese, azzardiamo un giudizio drastico: cosa accadrà in Italia domenica prossima non interessa quasi a nessuno. Certo, negli ultimi giorni un po’ di commenti riporteranno per dovere di cronaca l’attenzione della stampa straniera su Montecitorio e dintorni. Dubito che questo obbligo incontrerà anche l’interesse del lettore tedesco o inglese o francese, nonostante da queste parti siano più curiosi di quel che succede altrove rispetto a noi. La politica italiana non è più un fenomeno da esportazione, neppure per criticarla [... continua su Ideazione].

lunedì, aprile 07, 2008

Un paese fantastico va al voto

L'hanno spenta

13 h 01, la flamme éteinte et évacuée - Les forces de l'ordre escortant la flamme olympique décident de l'éteindre en raison du nombre important de manifestants, et de l'évacuer vers un endroit inconnu à bord d'un bus. L'incident a eu lieu au bord de la Seine.

AGGIORNAMENTI IN TEMPO REALE: Le Figaro, la Repubblica.

domenica, aprile 06, 2008

Spegnete quella fiaccola

Resto contrario al boicottaggio dei giochi mentre mi pare straordinariamente mediatica l'idea di boicottare la cerimonia inaugurale, che ha sempre una valenza politica. Inoltre, appoggio tutte le proteste non violente, possibili e immaginabili, che contrassegneranno il passaggio della fiaccola olimpica nel mondo. Oggi è accaduto in una Londra, sotto la neve di aprile: spegnete quella fiaccola.

sabato, aprile 05, 2008

Trans Europa Press. Chi ha vinto al vertice Nato?

Per chi ha avuto modo di visitare il mostruoso palazzo del parlamento di Bucarest costruito sulle basi della megalomania di Ceausecsu, resta un mistero il perché la Nato abbia scelto proprio il simbolo più folle della stagione comunista come sede di un vertice così decisivo (qui il sito ufficiale). Come dire: complicarsi la vita fin dalla location. Stanze gigantesche, soffitti a perdifiato, corridoi senza fine. Un labirinto buono per visite turistiche negli orrori del tempo che fu. Un labirinto nel quale confondere le strategie e confondersi le idee. Anche sul bilancio finale [... continua su Ideazione].

Arrendiamoci subito

venerdì, aprile 04, 2008

Politici e cittadini

Ci si occupa un po' più di Italia, in queste settimane che portano alle elezioni anticipate. Ma la prendiamo alla larga, per esprimere il disappunto verso partiti, leader e coalizioni in campo. Con la speranza di non cadere nella demagogia e nell'antipolitica: quella la lasciamo volentieri a blogger più famosi. Qui non si sbraita contro la politica. Se ne lamenta la sua mancanza. Un'indagine dell'Università Cattolica di Milano, riportata dal Corriere della Sera, analizza la condizione dei giovani, una categoria che viene allargata fino ai 35enni. E addossa le colpe alla classe politica italiana degli ultimi 25 anni, almeno a partire dalla metà degli anni Ottanta. Pentapartiti, destra, sinistra, poli, ulivi, ci sono dentro un po' tutti in questo neppure tanto lento declino che avvolge il paese. Tra i leader che chiedono di nuovo il nostro voto, è possibile rintracciare qualcuno che abbia davvero intenzione di invertire la rotta? E soprattutto, che non abbia già avuto - deludendole - responsabilità di governo negli anni passati?

Di questo tema, a Ideazione, ce ne siamo occupati fin dagli anni Novanta, quando una correzione era ancora possibile. Del 1996 era il libro di Giuseppe Pennisi, pubblicato dalla casa editrice, "La guerra dei trentenni". Assai più recente, l'articolo di apertura del numero bimestrale 6/2004 di Vittorio Macioce, che affrontava il nodo fra flessibilità del lavoro e rigidità della società: dal sistema creditizio e bancario agli ammortizzatori sociali. Se non c'è flessibilità da entrambi i lati, resta solo il precariato. E una vita incerta.
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Dalla cronaca di Repubblica prendiamo spunto, invece, per la seconda questione. Di questi tempi consola molto gli elettori la convinzione che la responsabilità di un paese malato come l'Italia sia tutta della politica e che i cittadini invece costituirebbero una sorta di isola felice in un mare di corrotti. Spesso, invece, noi siamo come e peggio dei politici. Non solo la gente disperata e senza lavoro, che specie al Sud si raccomanda per un posto al sole, che spesso nessuno può dare se non a patto di innescare quella catena clientelare di cui ci lamentiamo tanto (ma che in qualche modo alimentiamo). Ma - ed è ancora più grave - fior di professionisti che non hanno emergenze finanziarie e godono al contrario di status sociali invidiabili. Come quei professori universitari, fior fiore della cultura di un paese, che dovrebbero formare la futura classe dirigente del paese. A Bari, alcuni, la formano così.

Fra un anno il Papa viene in terre luterane

Aprile 2009. E' la data fissata per il terzo viaggio tedesco di Benedetto XVI, dopo Colonia e la Baviera. Questa volta la destinazione è a Est, in terre luterane o (fino a un po' di anni fa) atee. Tappe previste: Berlino ed Erfurt, in Turingia. Prima, però, a giugno di quest'anno (14 e 15), fa una capatina a Brindisi.

giovedì, aprile 03, 2008

Er Mozzarella

Dopo il premier Mortadella, sarà di nuovo il turno del premier Mozzarella. Sono quattordici anni che l'Italia passa da un piatto all'altro (con l'eccezione di D'Alema, che infatti non aveva votato nessuno). Ho l'impressione che gli italiani abbiano fatto indigestione (anche se alcuni ancora non lo sanno).

Declino italiano: Bologna

Bella forza. Impedire a qualcuno di dire la propria da un palco, con violenza, come accadeva in anni che poi aprirono la stagione degli anni di piombo, quando non si condividono le sue posizioni. Però è soprattutto quando non si condividono le sue posizioni che bisogna dimostrare il coraggio della tolleranza, della libertà e del rispetto. Cosa difficile da esprimere quando ci si rintana nel gruppo, che diventa gregge, quando si rumoreggia tutti assieme. C'era uno che si chiamava Pier Paolo Pasolini, e che stava dalla parte dei poliziotti negli anni viziati di Valle Giulia. Bisogna avere carattere per rispettare chi la pensa diversamente. Io non condivido la battaglia di Giuliano Ferrara. Ma un altro tassello del declino italiano, sociale questa volta non economico, è il giustificazionismo che vedo in giro anche in alcune dichiarazioni di politici. Né con le Br né con lo Stato, si diceva un tempo. Per fortuna qualcuno decise di stare dalla parte dello Stato. Certo, oggi la situazione non è la stessa di allora ma le derive sono difficili da pronosticare, meglio trattenersi dal dare sfogo alle tastiere. Per fortuna, a sinistra, c'è chi sa ancora distinguere.

Geni democratici

Questo genio l'hanno candidato a sinistra. Er Carderoli de quej'artri.

Che tempo fa? Bizzarro, quantomeno

Dal sito del Foglio: "Il tempo a Bucarest, Romania. Pioggia forte e acquazzoni fino a sabato. Temperature stabili tra i 5 e i 17 gradi". Alla faccia della stabilità: tra 5 e 17 gradi è la differenza che passa tra inverno e primavera. Basta il pallottoliere.

mercoledì, aprile 02, 2008

Pier Silvio Airlines/3

"Creare una unità di crisi con manager, sindacati e lavoratori". A chiederlo sono le organizzazioni sindacali a fronte del drammatico evolversi della situazione di Alitalia dopo la decisione di Air France-Klm di lasciare il tavolo della trattativa. "Chiediamo - riferisce il presidente dell'Anpav Massimo Muccioli - la creazione di una unità di crisi con manager, sindacati e lavoratori per gestire la situazione e garantire l'operatività aziendale per evitare una situazione drammatica che è sotto gli occhi di tutto". A questo siamo arrivati: un bel binomio, sindacati fallimentari e populisti da campagna elettorale. Mah, Aeroflot, l'amico Vladimir (poi però lingua mozzata sulla "democrazia in Russia", please), i padani per Malpensa, i soldi di Silvio. Fatela dirigere a Pier Silvio questa unità di crisi e poi cominciate a pedalare. In bici si viaggia meglio. Adieu, Italie. Almeno Air France era una proposta seria. Speriamo non sia stata l'ultima parola. A volte, le trattative prevedono anche di alzarsi dal tavolo. Per poi riaccomodarsi.

Bionade-Republik, prove tecniche di alleanza

Il mensile liberal di cultura politica Cicero l’ha ribattezzata "Bionade-Republik", dal nome della bevanda cult che negli ultimi anni si è imposta sul mercato giovanile tedesco. La Bionade è una sorta di limonata fermentata con il malto, non alcolica, dissetante e prodotta con sistemi biologici, inventata una dozzina di anni fa dal mastro birraio bavarese Dieter Leipold. La "Bionade-Republik", invece, potrebbe essere inventata dalla cancelliera Angela Merkel e costituire una svolta nella politica tedesca simile a quella che alla fine degli anni Sessanta portò i socialdemocratici di Willy Brandt stabilmente al potere [... continua su Ideazione].

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L'articolo è inserito in un dossier più ampio che mette a confronto le situazioni tedesche e italiana: si apre con l'intervista di Barbara al politologo Alessandro Campi e si conclude con l'intervista di Giovanni Boggero al presidente dei liberali dell'Assia Jörg Uwe Hahn.

martedì, aprile 01, 2008

L'idraulico polacco torna a casa

A rileggere oggi, dopo soli tre mesi, le preoccupazioni dei Paesi confinanti verso l’apertura definitiva delle frontiere ad est, viene quasi da sorridere. Nello scorso dicembre, la fine dei controlli e la libera circolazione dei cittadini dei Paesi entrati nell’Unione Europea con l’allargamento del 2004 era stata festeggiata da pochi. Dai Paesi interessati, ovviamente. E da qualche politico occidentale, obbligato dal ruolo istituzionale che ricopriva a presenziare i fuochi d’artificio di fronte alle sbarre delle dogane che si alzavano, si spera per sempre [... continua su Ideazione].