Ci si occupa un po' più di Italia, in queste settimane che portano alle elezioni anticipate. Ma la prendiamo alla larga, per esprimere il disappunto verso partiti, leader e coalizioni in campo. Con la speranza di non cadere nella demagogia e nell'antipolitica: quella la lasciamo volentieri a blogger più famosi. Qui non si sbraita contro la politica. Se ne lamenta la sua mancanza. Un'indagine dell'Università Cattolica di Milano, riportata dal Corriere della Sera, analizza la condizione dei giovani, una categoria che viene allargata fino ai 35enni. E addossa le colpe alla classe politica italiana degli ultimi 25 anni, almeno a partire dalla metà degli anni Ottanta. Pentapartiti, destra, sinistra, poli, ulivi, ci sono dentro un po' tutti in questo neppure tanto lento declino che avvolge il paese. Tra i leader che chiedono di nuovo il nostro voto, è possibile rintracciare qualcuno che abbia davvero intenzione di invertire la rotta? E soprattutto, che non abbia già avuto - deludendole - responsabilità di governo negli anni passati?
Di questo tema, a Ideazione, ce ne siamo occupati fin dagli anni Novanta, quando una correzione era ancora possibile. Del 1996 era il libro di Giuseppe Pennisi, pubblicato dalla casa editrice, "La guerra dei trentenni". Assai più recente, l'articolo di apertura del numero bimestrale 6/2004 di Vittorio Macioce, che affrontava il nodo fra flessibilità del lavoro e rigidità della società: dal sistema creditizio e bancario agli ammortizzatori sociali. Se non c'è flessibilità da entrambi i lati, resta solo il precariato. E una vita incerta.
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Dalla cronaca di Repubblica prendiamo spunto, invece, per la seconda questione. Di questi tempi consola molto gli elettori la convinzione che la responsabilità di un paese malato come l'Italia sia tutta della politica e che i cittadini invece costituirebbero una sorta di isola felice in un mare di corrotti. Spesso, invece, noi siamo come e peggio dei politici. Non solo la gente disperata e senza lavoro, che specie al Sud si raccomanda per un posto al sole, che spesso nessuno può dare se non a patto di innescare quella catena clientelare di cui ci lamentiamo tanto (ma che in qualche modo alimentiamo). Ma - ed è ancora più grave - fior di professionisti che non hanno emergenze finanziarie e godono al contrario di status sociali invidiabili. Come quei professori universitari, fior fiore della cultura di un paese, che dovrebbero formare la futura classe dirigente del paese. A Bari, alcuni, la formano così.