Alla fine sono arrivati i sondaggi e la benedizione del padre nobile dell’ecologismo tedesco Joschka Fischer a confortare in Germania il primo governo fra centrodestra e verdi a livello regionale. Ad Amburgo il borgomastro cristiano-democratico Ole von Beust potrà fare ancora affidamento sulla tradizionale luna di miele con gli elettori, nonostante per niente tradizionale sia l’esecutivo che guiderà. Secondo la rete televisiva Zdf, il 52 per cento dei tedeschi approva l’alleanza “nero-verde”, contro il 19 per cento dei contrari e il 26 degli agnostici. La curiosità è che i più entusiasti si ritrovano fra i simpatizzanti dei verdi più che tra quelli della Cdu. Il favore popolare può essere dunque considerato di buon auspicio per un’approfondimento dell’alleanza a livello nazionale.
E l’ex ministro degli Esteri Joschka Fischer, che dopo l’esperienza di governo ha (forse temporaneamente) abbandonato la politica per l’insegnamento, ha commentato nella sua rubrica settimanale sull’edizione online della Zeit: “Nonostante le smentite, l’opzione nazionale di una coalizione Giamaica tra centrodestra e verdi aperta anche ai liberali resta aperta. Mai dire mai”.
I dirigenti dei due partiti minimizzano e confinano l’esperimento al solo livello regionale. Finora, la strana alleanza aveva conosciuto solo piccole fortune a livello comunale, o in qualche circoscrizione, come quella pur importante di Zehlendorf a Berlino. Ma per un parlamento regionale, quale quello di Amburgo che è città-Stato, è assolutamente una primizia. E dopo Amburgo potrebbe essere il turno dell’Assia, la regione di Wiesbaden e Francoforte, dove il risultato elettorale di oltre un mese fa ha gettato i partiti nella paralisi e da qualche settimana si è iniziato a parlare di “Jamaika-Koalition”, dal colore delle tre formazioni che potrebbero allearsi: il nero dei cristiano-democratici, il giallo dei liberali e il verde degli ecologisti. I tre colori formano la bandiera giamaicana e l’accostamento esotico affascina elettori e politologi.
La politica tedesca è infatti alla ricerca di nuovi equilibri politici dopo la stabile inclusione nel quadro parlamentare della Linke, una sorta di Sinistra senza arcobaleno ma elettoralmente vincente. E non sono in pochi a ritenere che l’esperimento amburghese possa avere un riflesso nazionale e preludere a una rivoluzione nella storia politica del Paese, paragonabile forse solo al primo governo con un cancelliere socialdemocratico (si trattava di Willy Brandt) nel 1969.
La novità che giunge da Amburgo non è infatti solo nella forma ma anche nella sostanza. E’ nel processo che ha portato all’inedita coalizione. Non si è trattato di una scorciatoia, dettata solo dalla necessità di assicurare un governo alla città. Già prima del voto, anche di fronte a sondaggi che evidenziavano la difficoltà di ricorrere alle tradizionali alleanze politiche (i verdi con i socialdemocratici e i cristianodemocratici con i liberali) il borgomastro uscente Ole von Beust aveva avviato contatti con il gruppo ecologista. E si erano poste le basi per un accordo successivo, qualora i risultati avessero confermato le previsioni. Così è stato e le teste d’uovo dei due gruppi hanno confrontato programmi e proposte in un mese di incontri bilaterali. L’accordo è avvenuto su base programmatica, limando le differenze su molti punti e amalgamando le proposte complessive. Istruzione, asili nido, ruolo strategico del porto, energia e il destino di una storica centrale elettrica cittadina sono stati i temi più controversi. Il programma che ne è scaturito ha un respiro strategico.
Il dibattito ora rimbalza a Berlino, dove oltre al governo nazionale c’è quello locale: qui un’altra alleanza “proibita” – quella tra socialdemocratici e sinistra radicale – governa la capitale, che come Amburgo è città Stato. Se a destra si guarda ai verdi e all’esempio anseatico, a sinistra il nuovo ha paradossalmente il colore rosso della Linke, costituita lo scorso anno dalla convergenza fra i post-comunisti dell’Est e i massimalisti dell’Spd guidati da Oscar Lafontaine. Ma proprio la presenza di quest’ultimo alla leadership del partito – considerato dai suoi ex compagni un traditore desideroso solo di vendetta – rende aspro il confronto. In più l’alleanza con gli ex comunisti non viene vista di buon occhio dalla maggioranza degli elettori, specie nelle vecchie regioni occidentali. La guerra di leadership che sta lacerando l’Spd e le ripetute gaffe nostalgiche verso gli anni del regime della Ddr di alcuni esponenti della Linke rendono il percorso su questo versante della politica piuttosto accidentato.
A destra, invece, la ricerca di nuovi scenari procede con maggiore speditezza, nonostante le prudenze pubbliche di Angela Merkel e Renate Künast, le donne che guidano Cdu e verdi a livello nazionale. La pubblicistica politica ne discute ormai da tempo. Lo scorso mese, il mensile progressista di cultura politica Cicero ha trovato anche il simbolo per la nuova stagione prossima ventura: la “Bionade-Republik”, dal nome della bevanda cult che negli ultimi anni si è imposta sul mercato giovanile tedesco. La Bionade è una sorta di limonata fermentata con il malto, non alcolica, dissetante e prodotta con sistemi biologici, inventata una dozzina di anni fa dal mastro birraio bavarese Dieter Leipold. La politica, si sa, si nutre anche di miti. E tra Giamaica e Bionade, l’alleanza nero-verde sembra averne trovati di accattivanti.