Sono entrate a vele spiegate nell'Unione Europea, le tre Repubbliche Baltiche, sull'onda di un miracolo economico che le ha proiettate lontano dalle miserie del comunismo sovietico. Per questo primo post recupero una fotografia di Tallin del 1996: otto anni fa, nel pieno di una transizione difficile, l'immagine di una società stretta fra grandi contraddizioni. "Se hai ancora un quarto d'ora di pazienza, vedrai l'altra faccia della transizione in Estonia", consiglia Arvo Vannaakesa, 28 anni, tour operator della Eesti-travel, seduto a un tavolino all'aperto nella centralissima piazza Raekoia di Tallin. Arvo è uno dei giovani yuppies rivitalizzato dalla ventata neoliberista che da qualche tempo soffia nelle tre Repubbliche baltiche. Telefonino alla mano, dirige un gruppo di sei collaboratori, giovani quanto lui, dediti allo sviluppo del turismo nella capitale estone. Ufficio con moquette al terzo piano di uno splendido palazzo gotico sulla via più elegante della città, dove i computer ronzano instancabili, le stampanti vomitano decine di prenotazioni al giorno e i telefoni trillano senza sosta. Il suo ufficio sembra lo scenario di un film americano su Wall Street, tavoli bianchi, mensole hi-tech, poster alla moda e grandi orologi appesi ai muri. Il suo portafoglio gli permette di stare seduto a un tavolino degli sciccosissimi kiosk in piazza Reakoja come un ricco turista occidentale, uno di quelli che Arvo indirizza ogni giorno negli alberghi della sua Estonia.
Manca un quarto alle sei, un pomeriggio di agosto sorprendentemente mite, mentre la piazza della città vecchia di Tallin lentamente si spopola: si avvicina l'ora della cena. Pazientiamo un quarto d'ora, sorseggiando una Laavi Kulta, birra d'importazione finlandese, costosissima per le tasche di un cittadino medio di qui. D'improvviso, mentre in lontananza risuonano i diciotto tocchi di una campana, nella piazza cala una strana genìa di baltici. Uno, cinque, dieci barboni sbucano dagli angoli della piazza, come richiamati da un piffero magico e cominciano a rovistare con metodo scientifico i bidoni di spazzatura dei caffè. Avanzi di spiedini, bottigliette di Coca Cola semi piene, resti di insalate e tozzi di pane ormai raffermi finiscono nei capienti fagotti che affossano le spalle di questi disperati della terra. Come zombie appena risorti da spaventose oscurità, i clochards si tuffano in silenzio in questi contenitori dell'effimero benessere estone, quasi si confondono, sudici e laceri, con i rifiuti che annusano. Ecco un link per addentrarsi nella Tallin di oggi.