Quando le piogge lo gonfiano, come è capitato durante l’alluvione del 2002, il Danubio fa molta paura. Sui lungofiume di Budapest, Bratislava, Vienna e Belgrado i cittadini si affacciano timorosi, misurando con occhi esperti il livello delle acque, lo spazio esiguo sotto le arcate dei ponti, i sacchi di sabbia assiepati attorno agli argini, ultimo estremo baluardo contro lo scatenarsi della furia liquida che cancella strade, monumenti, case, ricchezze. In quei giorni, in quelle ore di cupa angoscia, il Danubio cessa di essere blu e di accompagnare a ritmo di valzer la rinascita economica degli Stati che attraversa.
Mi è capitato di attraversarlo proprio due estati fa, il Danubio, gonfio di pioggia e di cattivo umore. L'ho incrociato in più punti, sempre più minaccioso man mano che si scendeva verso l’ampio delta del Mar Nero: a Komarno sul ponte che segna il confine slovacco-ungherese, dove la guardia nazionale batteva in lungo e in largo gli argini già inondati; a Budapest dove i batoux-mouche che rallegrano le serate mitteleuropee dei turisti erano malinconicamente ancorati alle banchine; infine a Baja poco prima che il grande fiume pieghi verso i pianori di Croazia e Serbia per trascinarsi la memoria recente degli orrori della guerra civile.
Fiume, terre e genti: attorno al Danubio rifiorisce un’Europa antica che emerge dalle nebbie della cortina di ferro e dal congelatore del comunismo: mezzo secolo che ha spezzato in due le vicende di terre unite da un fiume che sa di Mitteleuropa e Balcani, di Transilvania e Valacchia, Pannonia e Slavonia e attorno al quale si stringono aree e territori che fanno a gara per associarsi alle sue acque colme di storia.
Non a caso si parla di Europa alpino-danubiana per segnalarne le origini bavaresi e gli interessi politici di Austria e Germania; di Europa adriatico-danubiana per rimarcarne i caratteri mediterranei che coinvolgono anche l’Italia con la sua dorsale orientale simboleggiata dal mito di Venezia; infine di Europa balcanico-danubiana per allargare lo sguardo a tutto lo scacchiere sud-orientale del Vecchio Continente. Tre soggetti geografici, un solo aggettivo che rimanda al grande padre d’Europa: il Danubio. Lungo le sue rive si giocano oggi i destini dell’Europa. E anche dell’Italia, che nelle terre abitate dai “vicini ritrovati” cerca la sua missione del ventunesimo secolo: convincere l’intera Unione che o l’Europa si realizza colmando tutti gli spazi vuoti al suo interno, o non sarà Europa.