La Francia è ormai alla guida dell'Europa che ha (e fa) paura. Un'Europa che non ha più alcuna voglia di immergersi nei tempi moderni, di competere nel mondo per la sua economia, per il suo benessere, per il suo futuro. Parigi si allontana anni luce dalla Nuova Europa dell'Est, dove la crescita ha numeri cospicui e la società, superata la difficile fase di ricostruzione di un ambiente economico capitalista, si forma e si sviluppa senza le rigide gabbie della sua metà occidentale. Ma Parigi si allontana anche da altri paesi fratelli, paesi suoi simili per storia e per evoluzione, paesi che hanno goduto dei risultati di stati sociali generosi e abbondanti ma che oggi hanno compreso di dover mettere mano al proprio welfare per rimodellare i sistemi produttivi e le garanzie sociali, e adeguarle alle nuove necessità della pressione demografica e del contesto economico globale. La Germania e l'Italia, per fare due esempi, sono paesi che vivono le stesse contraddizioni sociali della Francia. La popolazione invecchia ed è naturalmente portata a privilegiare la difesa delle sicurezze alle sfide del futuro. Le garanzie sociali sono abbondanti e più (in Germania) o meno (in Italia) efficaci e tuttavia la rinuncia ad esse non è e non può essere indolore. Eppure, sia in Germania che in Italia, le classi dirigenti sembrano più consapevoli di quelle francesi di dover lavorare sodo nella direzione delle riforme. A Berlino la speranza di successo dell'emergenziale formula governativa della Grosse Koalition sta tutta nella capacità di Angela Merkel a varare un piano coraggioso di ristrutturazione. Anche nella nostra Italia, pur tra polemiche fortissime, la campagna elettorale si gioca in queste ultime settimane sul segmento centrale dell'elettorato, che affiderà le sorti del governo a chi sembrerà avere più credibilità sul versante riformista. Anche le polemiche sulla legge Biagi trovano nel nostro paese robuste resistenze da un lato e dall'altro dello schieramento politico. Solo in Francia l'opposizione a una legge che alleggerisce il mercato del lavoro provoca violente e ideologiche proteste, guidate dalla fascia più giovane della popolazione. Quella che non riesce a comprendere che il sogno di un posto fisso e garantito per sempre apparteneva ai nostri genitori. Non a noi.
Sulla Francia e sulle violenze studentesche che da giorni sembrano replicare le proteste delle banlieu di pochi mesi fa, la cronaca di Le Figarò. Mentre il primo ministro de Villepin sembra pronto a scendere a compromesso con sindacati e studenti su una proposta che può segnare una svolta decisiva (in un senso o nell'altro) nella politica francese (ricordate la resistenza della Thatcher nella "guerra con i minatori"?), barlumi di speranza vengono dalla posizione coerente di Nicolas Sarkozy e dal lavoro di controinformazione della sua rete di blogger. Da Emporion, autocitazione per un'analisi sulle ricadute europee del freno francese. Consiglio infine sul cartaceo Ideazione il saggio di Jean-Pierre Darnis sulla Francia alla ricerca del liberalismo perduto: indagine approfondita sulle ragioni profonde di quanto accade in questi giorni per le strade di Parigi.