Su TocqueVille trovate i live-blogging, i commenti, le analisi, i riassunti, gli appunti, gli zibaldoni, insomma tutto quello che vorreste sapere sul primo round Berlusconi-Prodi, che oltre 16 milioni di telespettatori hanno seguito ieri sera su Rai Uno. Chi volesse rivederlo, può cliccare qui, su Rai Net News. Tutto (o quasi tutto) quello che si doveva e si poteva dire a caldo è stato scritto e detto, e le impressioni così varie che i blogger di TocqueVille ci hanno proposto testimoniano quanto questa comunità stia crescendo, giorno dopo giorno, in qualità oltre che in quantità.
Qui ci limitiamo, in un primo commento a freddo, a un aspetto particolare che esula dal giudizio su chi ha vinto e chi ha perso. Nessuno dei due contendenti sembrava, nel fondo, se stesso. Alcuni hanno addirittura notato un inedito scambio di ruoli, con Prodi nei panni del sognatore (il premier avrebbe poi detto nel "dopo partita": sembrava volesse governare la Svizzera) e Berlusconi in quelle dell'uomo di governo competente (scontata la battuta del professore: se il premier dà i numeri...).
Prodi è sembrato meno preciso su dati e fatti, ha girato molto alla larga, ha evitato di concedere troppo al proprio elettorato di sinistra, ha giocato sulla retorica del paese unito, da condurre assieme, da accompagnare verso sviluppo e ripresa. Debole su tasse e controllo sociale (torneremo sull'abberrante ipotesi dei sei mesi di servizio civile) ha imputato all'avversario l'eccessiva aggressività e la ricerca dello scontro ad ogni costo con le parti sociali, i sindacati, le istituzioni territoriali, la parte politica che non la pensa come lui.
Al contrario Berlusconi è stato fin troppo generoso di numeri e percentuali (disegnando cifre sui fogli di carta come per fissare visivamente una tabella di impegni sostenuti) e ha difeso con puntiglio le azioni del suo governo senza preoccuparsi che i soldi spesi potessero irritare la fascia del suo elettorato più sensibile alla riduzione del peso dello Stato nell'economia e nella società. Ha assunto il ruolo del premier che sa e che spiega, cercando di dissipare l'accusa dell'opposizione di non curare le questioni del paese ma solo i propri interessi personali.
Entrambi, dunque, hanno cercato di sfruttare questo primo confronto per andare a recuperare il consenso in quella percentuale di indecisi (alcuni sondaggi stimano questa fascia al 25 per cento) che alla fine determineranno l'esito del voto. Hanno già dato per scontato di aver consolidato il consenso all'interno del proprio elettorato e puntano a raccogliere quanto più possibile tra coloro che devono ancora decidere. Da come hanno impostato il dibattito, scegliendo di indossare panni non proprio congeniali alla loro personalità, è evidente che i loro spin doctor sono convinti che questa fascia di indecisi, almeno quella che andrà a votare abbandonando il lido dell'astensione, si trova al centro della geografia politica e sociale del paese. Prodi ha provato a rassicurarli prospettando un governo più consociativo, che dialogherà con tutti e che produrrà pochi strappi nel tessuto del paese (il sogno dell'armonia e della felicità). Berlusconi li ha rassicurati mostrando una competenza specifica sui problemi e una sicurezza su quello che si dovrà fare nella continuità dell'azione di governo (la retorica del governo del fare temperata dall'esperienza di cinque anni).
Quanto questi messaggi abbiano centrato il target comune che i due contendenti volevano agganciare è il vero nodo che decreterà la vittoria nel primo round. Lo sapremo solo nei prossimi giorni, a voci spente, a commenti conclusi, a vociare smussato.