sabato, novembre 13, 2004

Le streghe di Arbatax

"Arbatax, notte lunga di streghe, pioggia e fulmini sul mare. Poi un'alba nitida, spettacolare, con Arzana e Lanusei che luccicano sui monti come fioche nebulose. Noi si va lassù, sui picchi più misteriosi della Sardegna. Liberi per davvero, senza check-in, metal detector, passaporti o forbicine da consegnare. Mettiamo gli zaini accanto alle rotaie, siamo vagabondi da Nuova Frontiera. "740" fuma la pipa e recita: "A piedi e a cuor leggero mi avvio per la strada aperta / sano, libero, il mondo davanti a me". E' di Walt Whitman, altro adoratore di ferrovie, amico di "musi neri" e notturno frequentatore di binari.Cerco nella bisaccia di "740", per capire qualcosa di lui. Due orari ferroviari, l'ultimo numero di "Tex Willer", una pipa, una miscela dolce di tabacco, un libro del primo Tabucchi, liquirizia, tre penne nere sottili, un blocco di strane note su un caso giudiziario, cinque quadernini per i primi appunti vagabondi, un vecchio registro ferroviario a copertina rigida, dove riordinare il tutto. "740" lo chiama canovaccio; anzi "canovaggio", a far rima con viaggio. E poi un piccolo registratore per andare a caccia di voci.Ci avvertono che la vaporiera s'è rotta, una 402 delle Officine Reggiane. Ma fa niente, questa è una linea che si fa perdonare. Un diesel elettrico è già lì che rantola, le donne del club con mariti al seguito aspettano l'imbarco sotto una cascata di bouganvillee procaci, quasi oscene. La motrice ci mostrerà egualmente come due rotaie possono prendersi gioco delle montagne più ripide del Mediterraneo. Un capolavoro italiano".
Paolo Rumiz, Un capolavoro italiano, 2002