venerdì, novembre 05, 2004

Islanda, speciale di Emporion

Nuovo numero della rivista quindícinale di geo-economia Emporion. Il numero è dedicato all'Islanda. Qui di seguito il mio articolo introduttivo.

"Quando Emporion si imbatte in una regione piccola e misteriosa, come è il caso di questo numero dedicato all’Islanda e alla sua dimensione atlantico-artica, c’è sempre la tentazione di scivolare sul terreno dell’esplorazione geografica, piuttosto che dell’indagine economico-sociale e geopolitica. Tanto più se si parla di una nazione al confine del Continente, lì in alto sulle mappe, sul tetto d’Europa, meta agognata di un turismo d’élite, avventuroso e costoso, che si alimenta di scenari naturali al limite dell’incredibile, di miti letterari legati alle saghe nordiche che sono penetrate nel nostro inconscio infantile di popolo mediterraneo come sogni fiabeschi.

E fiabesco è il panorama che avvolge il viaggiatore appena atterrato all’aeroporto internazionale di Reykjavik, o sbarcato dal traghetto della Smyril Line nel porto di Seyoisfjorour: aria rarefatta, nebbiolina umida all’orizzonte, il bianco dei ghiacci perenni e il verde muschioso della terra, e il fango, e i gabbiani, e i tetti spioventi delle casette che sembrano tutte container di un campo di spedizione artico, e quell’inconfondibile odore di merluzzo, l’oro bianco della terra dei ghiacci. Stereotipi? Niente affatto. Tutto vero, tutto reale, come le aurore boreali nelle notti limpide d’ottobre, o il sole di mezzanotte nelle interminabili giornate d’estate, o il buio perenne nelle altrettanto interminabili notti d’inverno.

Silenzio e magia che non riescono però più a nascondere l’altra faccia dell’Islanda, quel paese moderno, anzi post-moderno, capace di strapparsi il mantello stellato delle fiabe e ingaggiare un’eterna battaglia legale e politica per garantirsi la caccia alle balene e la pesca indiscriminata del merluzzo, in barba alle richieste di embargo degli ambientalisti di tutto il mondo. Chi penserebbe mai che questi pacifici abitanti, abituati a tener linde e silenziose le strade delle loro cittadine, possano scatenarsi senza limiti nel delirio alcolico che miete vittime in tutte le fasce d’età e in tutte le classi sociali? O che nelle profondità del terreno, lì dove le forze naturali determinano lo spettacolo dei geyser e delle calde acque termali, gli islandesi hanno trovato fonti energetiche pulite e potenti come quelle geotermiche?

Passato e futuro, fiaba ed economia, leggenda e commercio: tutto si mescola a queste latitudini ma senza compromessi. Più che un incontro sembra uno scontro, più che un confronto, un conflitto. Così il lettore contemporaneo può avvicinarsi a questa terra tenendo sul comodino due libri diversi ma complementari: il reportage di viaggio di Valeria Viganò, “Siamo state a Kirkjubaejarklaustur”, dove il mistero di un popolo lontano viene cristallizzato nel nome duro, impronunciabile, di una cittadina sperduta e l’autobiografia letteraria di Hallgrimur Helgason, “Reykjavik 101”, una cavalcata moderna dentro le notti balorde e chiassose di una capitale claustrofobica, tra noia, alcol, droga e autoemarginazione.

Le due facce dell’Islanda, che questo numero di Emporion vi disvela nelle sue mille sfumature: la potenza energetica non ancora sufficiente a sfuggire alla dipendenza del petrolio; la dimensione politica atlantica, a cavallo tra continente americano e attrazione europea; la vocazione commerciale dell’Efta (l’associazione economica che lega Islanda, Norvegia, Liechtenstein e in parte Svizzera); lo sviluppo dell’industria turistica e di quella tecnologica, in linea con la tradizione scandinava di attenzione verso l’innovazione; la politica delle acque, che oltre agli interessi energetici coinvolge quelli legati alla pesca; l’insospettabile ricchezza culturale, musica, sport, cinema e letteratura, fino ai rapporti linguistici con l’Italia che fanno di questo angolo sperduto d’Europa una piccola ma importante sponda per gli scambi commerciali e culturali del nostro paese. Tutte queste realtà s’incanalano oggi verso l’imbuto di una scelta sempre rimossa, sempre rimandata: entrare o no nella nuova Unione Europea allargata?"
Pierluigi Mennitti, Quell’equilibrio fragile tra fiaba e modernità, 2004