lunedì, settembre 08, 2008

L'onore perduto di Kurt Beck

Non ci volevano anni di esperienza con le vicende bizantine della politica italiana per capire, a tarda mattinata, che nel ristorante a due passi dal luogo del Parteitag socialdemocratico si stava consumando qualcosa di drammatico. La cronaca di una dimissione non annunciata, quella del leader del partito Kurt Beck, si è subito tinta di giallo, rovinando la giornata in cui Frank-Walter Steinmeier avrebbe dovuto lanciarsi nella lunga e difficile corsa verso la cancelleria. La sua incoronazione è passata quasi in secondo piano rispetto all'addio di Beck. Di putsch abbiamo parlato subito su questo blog, non appena le agenzie di stampa hanno ribattuto la notizia delle dimissioni. Adesso il sostantivo ritorna sui titoli degli organi di informazione tedeschi, dalla sofisticata Süddeutsche alla popolare Bild, dal riflessivo magazine di area Cicero all'autorevole Spiegel che conferma quanto si scriveva alla fine del post precedente: la lunga mano degli schröderiani, Müntefering in testa, che hanno consumato a freddo la vendetta verso un leader in difficoltà e mai amato. Kurt Beck ha concentrato il suo testamento politico in un foglio dattiloscritto: un concentrato di amarezza e risentimento racchiuso in formato A4. Parla di false informazioni, di un lavorio continuo contro la sua autorità, adombra manovre oscure. E rivendica, in un ultimo impeto di orgoglio, l'onore perduto. I commentatori si dividono, fra chi considera questo terremoto un segnale di ulteriore debolezza del partito e chi valuta invece le opportunità del nuovo-vecchio corso riformista. Sullo sfondo, almeno per oggi, restano tutti gli interrogativi (la strategia politica ed elettorale, le alleanze, il rapporto con la Linke e ora anche quello con la Merkel nel governo di Grosse Koalition) cui nei prossimi giorni la ritrovata diarchia dell'Spd dovrà cominciare a dare risposta.