A osservare le migliaia di cittadini che qualche settimana fa hanno affollato come mai in passato le stanze della Cancelleria nel giorno dedicato alla libera visita dei palazzi della politica, Angela Merkel deve avere tratto più di qualche buon auspicio per l’anno elettorale che si va aprendo. Sorrideva la cancelliera, sorpresa da tanto affetto e tanta curiosità. E firmando autografi da paziente padrona di casa incontrava solo sorrisi e attestati di stima. Le capita ormai da quattro anni, da quando si insediò sulla poltrona politica forse più importante d’Europa fra lo scetticismo generale. Sorrisi e complimenti. Da oggi però dovrà rassegnarsi a fare a meno di quello del suo vice-cancelliere, il fidato e leale ministro degli Esteri socialdemocratico Frank-Walter Steinmeier. Il suo partito lo ha nominato a candidato ufficiale per la Cancelleria, al termine di una giornata surreale che ha certificato anche lo stato di crisi profonda nella quale versa il partito socialdemocratico tedesco.
Quasi un presagio della missione impossibile cui si fa carico questo nuovo personaggio della scena politica, non un politico di professione ma un funzionario, capace di affiancare con passo felpato due cancellieri: come consigliere quello che è considerato il suo padre politico, Gerhard Schröder, e come capo della diplomazia quella che sarà la sua avversaria nel lungo anno elettorale, Angela Merkel. La giornata che avrebbe solo dovuto incoronarlo sfidante ufficiale si è trasformata in una commedia degli intrighi, degna della penna del miglior Simenon. Con la defenestrazione improvvisa del leader del partito, Kurt Beck, le accuse e i risentimenti di quest’ultimo e il ritorno in blocco della vecchia guardia schröderiana e riformista che spera di salvare capra e cavoli dalla deriva massimalista degli ultimi tempi.
Che la nomina di Steinmeier avrebbe riequilibrato la rotta sbilanciata a sinistra dell’Spd era cosa attesa e scontata. Ma che la virata sarebbe stata tanto decisa e precipitosa, con il cambio anche del vertice del partito, questo non se lo aspettava nessuno. Sulla tolda di comando è pronto a ritornare Franz Müntefering, il grande avversario di Beck, uno dei sostenitori della famosa Agenda 2010, il programma di riforme dell’economia del governo di Schröder che resta il punto della discordia fra le due anime dei socialdemocratici. Müntefering era entrato come vice-cancelliere e ministro del Lavoro nel governo di Grosse Koalition, poi si era ritirato dalla politica per stare accanto alla moglie malata, lasciando il testimone del riformismo proprio a Steinmeier. Ora è pronto a riprendere la guida del partito (era già stato presidente dal 2004 al 2005) e a lanciare proprio con Steinmeier la sfida ad Angela Merkel.
In realtà il compito che attende la nuova diarchia socialdemocratica è innanzitutto un altro: salvare un partito glorioso come l’Spd dal declino. La stagione di Kurt Beck è stata tutt’altro che esaltante e sarà ricordata per il costante calo di consenso: da mesi ormai i sondaggi attestano l’Spd al suo minimo storico, attorno al 25 per cento. Marcata al centro dalla politica moderata e sociale della Cdu targata Merkel, la leadership di Beck si è trovata impreparata a gestire la concorrenza a sinistra della Linke. Non è riuscita ad affrontare con coerenza la fondamentale questione dell’alleanza con il partito di Lafontaine e Gysi, con il risultato di inseguire le occasioni (come in Assia) e di arrivare a trattare da posizioni di debolezza. A Beck è mancata la capacità di leadership, la sua Spd è apparsa una nave in mezzo alla tempesta, con i colonnelli che viaggiavano in ordine sparso, smarriti in dichiarazioni a ruota libera. Il cambio, per quanto traumatico e inatteso, non è sorprendente.
Ciò che sorprende sono invece le modalità. Tanto che la cancelliera ha avuto gioco facile nelle sue prime dichiarazioni. Da un lato ha mostrato il consueto fair play, congratulandosi con il suo vice e dicendosi, con qualche civetteria, felice di poter competere con lui per la cancelleria. Dall’altro non ha mancato di sottolineare la crisi dell’Spd, che accusa di essere “lacerata e poco dignitosa”.
Di fatto inizia così il lungo anno elettorale che vedrà di fronte i due politici simbolo del governo attualmente in carica. Una situazione particolare e pericolosa anche per l’azione dell’esecutivo, inevitabilmente preso nel mezzo di una competizione accesa. La Cdu e l’Spd non hanno mai mancato di evidenziare come il compromesso attuale sia temporaneo e destinato a rompersi una volta terminata l’emergenza. Ma i sondaggi indicano che il quadro politico tende a complicarsi, non a rasserenarsi. Che i cittadini sono entusiasti di Angela Merkel ma molto meno del suo governo. Che i due grandi partiti perdono consensi a vantaggio dei piccoli all’opposizione. Che l’ascesa ormai stabile della Linke impone scelte strategiche nell’ottica di un sistema pentapartitico. Cdu e Spd correranno puntando sui rispettivi alleati tradizionali, i liberali a destra, i verdi a sinistra. Ma le due segreterie sanno che fra un anno le urne potrebbero restituire le stesse carte del 2005. E in quel caso le strade saranno due: o dare subito vita a rischiose coalizioni mai sperimentate. O considerare l’alleanza tra i due partiti maggiori qualcosa di più di una occasione straordinaria: magari un centrosinistra organico. Con la Merkel e Steinmeier di nuovo fianco a fianco.
(pubblicato il 10 settembre 2008)