venerdì, settembre 15, 2006

La Turchia, il Papa e quei sette secoli di differenza

Fa parte del gruppetto degli islamici offesi con il Papa (qui la Lectio Magistralis di Regensburg in italiano, inglese e tedesco) anche quella Turchia che nega a decenni di distanza il genocidio degli armeni e che qualche anno fa osservò senza batter ciglio la gassificazione dei curdi da parte del vicino Saddam. Quella Turchia che meriterebbe l'ingresso in Europa per la laicità e la moderazione della gran parte dei suoi cittadini dei grandi agglomerati urbani, ma che non riesce a fare i conti con la libertà di stampa e di giudizio dei suoi intellettuali migliori. Quella Turchia che mostra la faccia tranquillizzante del premier musulmano moderato Erdogan e quella inquietante degli assassini di don Andrea Santoro. Ankara e Trebisonda: i due poli estremi di un paese che oggi spaventa l'Europa. E il fatto che il Gran Muftì si sia unito alla compagnia degli estremisti del Pakistan e di Al Jazeera, di Al Arabya e dei tanti capi islamici che proliferano in Eurabia, impone quantomeno una riflessione più profonda sulla capacità della società turca nel suo complesso di aderire alle regole di libertà di pensiero e di espressione che vigono nella (anche cristiana) Unione Europea. Ali Bardakoglu, il Gran Muftì appunto, non è uno sprovveduto: è anzi persona capace, raffinata, che si è speso e si spende con gran determinazione per una visione aperta (specie verso le donne) dell'Islam. Ha dichiarato di aver replicato al Papa sulla base di resoconti giornalistici. Bizzarro: eppure le traduzioni della Lectio di Regensburg sono disponibili sul sito internet del Vaticano, dunque alla fonte. Qui un post di Mario Sechi sull'argomento (consigliata anche la lettura dei commenti).

Tra fine novembre e inizio dicembre è in programma il viaggio di Benedetto XVI in Turchia. Oggi nelle librerie spopola un romanzo giallo il cui titolo è "Attentato al Papa. Chi ucciderà Benedetto XVI a Istanbul", scritto da Yücel Kaya, fino a ieri sconosciuto scrittore noir. Già, chi lo ucciderà? Da qui a novembre noi non aspettiamo le scuse di un Papa teologo a un Islam incapace di avviarsi sulla strada del dialogo ma attendiamo che i Gran Muftì di quella terra di confine sappiano essere all'altezza di un evento di dialogo come quello della visita di un Pontefice nella terra dell'Islam. Vedremo, da oggi sino ad allora, se la componente religiosa di quel paese saprà staccarsi da certe consonanze pericolose con gli estremisti: pericolose anche quando involontarie. Anzi, se involontarie, più che pericolose divengono preoccupanti.

Non credo si debba dare troppo spago a dichiarazioni come quelle di Aiman Mazyek, presidente del consiglio centrale musulmano in Germania, che replica al Papa e al mondo cattolico tirando in ballo le crociate. La passione per la storia potrebbe farci introdurre la questione di Erode nel dibattito contemporaneo, ma ci guarderemo bene dal farlo. Le crociate, oltre sette secoli fa. L'11 settembre, appena cinque anni fa. Sono appunto quei sette secoli di storia che fanno la differenza tra chi è andato avanti e chi è rimasto indietro. Qui l'editoriale di Magdi Allam sul Corriere. Da Ragionpolitica il commento di Gianni Baget Bozzo.

Oggi è morta anche Oriana Fallaci, i cui scritti negli ultimi anni hanno suscitato tante polemiche e tanta passione. Non sempre i suoi toni ci hanno trovato concordi ma sempre le sue idee ci hanno fatto riflettere su quanto stava accadendo nelle nostre città. La ricordiamo con questi due brani ripresi dal sito del Corriere della Sera: "La rabbia e l'orgoglio" scritto dopo l'11 settembre e che diede il là all'omonimo libro e "Il nemico che trattiamo da amico" successivo all'attentato di Londra. Fu il suo ultimo articolo.