Qualche volta dovremmo soffermarci un po' di più dentro casa nostra, dove il distacco tra la democrazia e i cittadini segna livelli preoccupanti. E' anche il caso della diligentissima Germania. A Berlino si vive (ma il verbo non sembra particolarmente azzeccato) l'ultima settimana di campagna elettorale per il rinnovo del sindaco e del Senato cittadino. Al di là degli addetti ai lavori (una manciata fra giornalisti e politici) nessuno sembra filarsi troppo l'avvenimento. Non c'è passione. Non c'è dibattito. I due candidati vanno un po' per conto loro, l'uscente Worwereit meglio dello sfidante Pflügen, se non altro sembra assai più calato nella realtà berlinese. Tuttavia il vincitore è già noto: il partito del non voto. Il settimanale di costume e cultura berlinese Zitty si chiede in questo reportage se l'avanzata dei non votanti possa essere un segnale della fine della democrazia.
Nel frattempo il Tagesspiegel riporta un sondaggio secondo cui solo il 64 per cento dei tedeschi dell'est considera la democrazia la miglior forma dello Stato. Un tedesco su tre - a Est, dove settant'anni di dittature nazista e comunista hanno lasciato il segno ma evidentemente non grandissima voglia di libertà - gradirebbe un ritorno al passato. Vero? No, forse le cose non stanno proprio così e i sondaggi si prestano sempre a qualche forzatura. Ma certo la difficoltà sociale ed economica nei nuovi Länder incide negativamente nel giudizio verso la democrazia e alimenta crisi di rigetto (non voto, sostegno ai neo-comunisti, nascita di gruppi neo-nazisti). Probabilmente nell'Europa che si appresta a contare 27 paesi membri, sarebbe utile una profonda riflessione su chi siamo e su dove stiamo andando.