venerdì, gennaio 27, 2006

Margherita, una pizza di partito

Quella buona l'hanno già inventata a Napoli più di un secolo fa. E' una pizza, semplice semplice, pomodoro, mozzarella e una foglia di basilico, che venne creata dal pizzaiolo Esposito alla fine dell'Ottocento in occasione di una visita dei reali nella ex capitale borbonica partenopea. La storia di quella pizza (che in origine aveva l'origano al posto del basilico e che prese il nome di Margherita in onore della regina) potere leggerla o rileggerla qui. Oggi c'è anche un'altra Margherita, che è una pizza anch'essa ma è una formazione politica. Come dire, una pizza di partito. I suoi ingredienti sono molto più confusi di quelli della pizza. C'è il neo-teo Rutelli (sulla cui conversione, se fossimo Papa Ratzinger, staremmo attenti a metterci la mano sul fuoco) che ci mette il verde del basilico, e la parte sinistra (post-cattocomunista) della vecchia balena bianca, quella parte più statalista, pauperista, primo-repubblichina, che ci mette la mozzarella. C'è il rosso un po' sbiadito delle salse espulse dai Ds, che ne so gente tipo Willer Bordon (del quale ci si ricorda solo per il nome buffo da fumetto, ma vi assicuriamo che il fumetto è molto più avvincente) o Massimo Cacciari che nonostante il denso passato di tenebroso intellettuale passa ormai alla storia per avere avuto tra le sue allieve la figlia più intelligente della casata Berlusconi, da cui le storie che legano il tenebroso veneziano alla casata degli Arcore alimenta un'interminabile serie di illazioni tintobrassiane: insomma, non una cosa tanto seria. Poi ci sono le nuove leve dei lettini, i nipotini dell'incommensurabile inciucione di sotto-Palazzo Chigi, tutta gente falso-perbenina e insipida che non rinnova per niente i fasti di Beniamino Andreatta, che comunque la si voglia pensare sul merito delle sue teorie economiche, resta un gigante rispetto a questa nidiata di lettini in giacchetta, cravattina e ventiquattr'ore d'ordinanza da studentelli di giurispudenza del primo anno. Sciamano di questi tempi per le strade attorno a Sant'Andrea della Valle, si radunano nel formichiere dell'Arel che vide in altri tempi ben altri personaggi transitare fra le sue stanze, e sembrano il nuovo che avanza dalle parti della Margherita. Però, fidatevi, non sanno di nulla, per cui non aggiungono nulla all'impasto della Margherita: né il sale, né i sapori, né tanto meno il lievito. Di tanto in tanto qualche pizzaiolo azzardato prova a metterci un po' di mortadella in questa ricetta, ma questa "roba" bolognese, fatta da Prodi e dal suo codazzo di boriosi e barbosi baroni dell'Università della Grassa e della Dotta, risulta sempre più estranea: culinariamente, non lega e non si sa che fine farà. Così composta, questa pizza del Ventunesimo secolo pretende di rappresentare il futuro della sinistra moderata del paese. E noi, che un po' di futuro lo andiamo cercando a destra e a sinistra, cercando di tenere a bada i nostri sani pregiudizi, preferiamo prendere il treno e farci il paio d'ore necessario per andarcela a mangiare a Napoli, questa Margherita. Quella seria. Quella vera.