Varsavia. Se Jaroslaw Kaczynski avesse prestato più attenzione all’intero paese e non solo al suo elettorato profondo, forse adesso non si troverebbe nella condizione di dover inseguire il suo principale avversario a tre giorni dalla data del voto. La svolta pare certificata da tutti i sondaggi, fino a ieri ancora ondivaghi e discordanti. Oggi non lo sono più, e tutti registrano che il leader dell’opposizione liberale, Donald Tusk, ha preso il largo dopo aver vinto l’unico dibattito televisivo con il premier di questa campagna elettorale. Il suo partito, Piattaforma Civica, è accreditato del 39 per cento. Segue Giustizia e Libertà dei gemelli Kaczynski a 4-5 punti di distanza, mentre i socialdemocratici dell’ex presidente Kwasniewski restano piantati al 15 per cento.
Il gemello premier si è fatto battere sui temi dell’Europa e dei turbolenti rapporti internazionali. E’ stato incalzato dallo sfidante che lo ha accusato di incompetenza e di aver isolato la Polonia dai suoi vicini naturali come Germania e Russia e dal contesto europeo. Il premier non è riuscito ad opporre risposte convincenti e, fuori dal bozzolo protetto delle convention di partito, è apparso incerto.
D’altronde il paradosso polacco è che tutto, in questo paese, richiama l’Europa, sin da quando si attraversa il confine dalla Germania, sul lungo ponte che attraversa l’Oder dopo aver lasciato la Francoforte dell’est. E proprio nel momento in cui Varsavia si diletta nel ruolo del guastafeste ad ogni summit europeo (ma questa volta a Lisbona le divergenze dovrebbero essere superate), le sue terre raccontano la storia del continente, le sue tragedie, le sue turbolenze, le sue passioni. Ed è una storia a lieto fine, fatta di frontiere che evaporano e di popolazioni che s’incontrano, di rivalità che si chiudono, forse per sempre. Un confine d’acqua, quello del fiume Oder, che segna una certezza nella geografia della Nuova Europa. Cristallizza le responsabilità storiche, le punizioni accettate come colpa da espiare. E’ la garanzia che dopo la seconda guerra mondiale, la guerra fredda, la fine delle ideologie e dei muri, s’è aperta una storia nuova, questa sì dal volto umano.
E’ su questo che i gemelli Kaczynski rischiano di perdere la loro scommessa politica. La Polonia vive una quotidianità diversa da quella che siamo abituati a leggere sui giornali. Sulla stampa fa notizia solo l’eccentricità, la drammatizzazione, l’enfasi. Finiscono in prima pagina le contrapposizioni artificiali della politica, le spacconate dei protagonisti del momento, le piccole guerre di posizione per il potere e viene emarginata dai racconti e dai reportage quella che chiameremmo la Polonia reale. I milioni di cittadini che lavorano, sgobbano, s’industriano, a volte si arrabattano, e che tutti assieme realizzano quella crescita dell’economia che da dieci anni a questa parte ha consentito al paese di sganciarsi dalle secche della transizione e muovere speditamente verso condizioni di benessere si possono cominciare a paragonare a quelle dell’Europa dell’ovest.
(Pubblicato sul Secolo d'Italia del 19 ottobre 2007)