martedì, novembre 07, 2006
Meno riformisti perché più anziani
Quando ci si chiede perché in Europa prevalga un atteggiamento conservatore e difensivo da parte della maggioranza delle opinioni pubbliche rispetto alle riforme dello stato sociale si dovrebbe dare anche un'occhiata all'anagrafe. E alle previsioni. Prendiamo, ad esempio, la Germania, un paese con uno stato sociale diffuso, costoso e comunque ancora piuttosto efficiente. Le previsioni demografiche dell'Istituto statistico federale sono state presentate oggi a Berlino e i dati sono chiari. Se verranno confermate le tendenze odierne, dagli attuali 82 milioni e mezzo di abitanti si passerà nel 2050 a un numero compreso tra i 69 e i 74 milioni, e questo nonostante l'apporto crescente degli immigrati (che sono in maggioranza giovani e che fanno ancora figli). E' il risultato dell'effetto combinato di minori nascite e allungamento della vita: nascono sempre meno bambini e si vive sempre più a lungo. Di conseguenza l'età media della popolazione passerà dagli attuali 42 anni ai 50. Sembra dunque naturale che una popolazione già invecchiata e destinata a diventare ancora più vecchia tenti di difendere il più possibile quei traguardi assistenziali che hanno assicurato il benessere delle generazioni precedenti: tanto più che, rispetto all'Italia e ai paesi latini in generale, in Germania quei servizi restano per ora sufficientemente efficienti. Lo stesso meccanismo anagrafico che rende insostenibile dal punto di vista economico uno stato sociale così pervasivo è lo stesso che alimenta le spinte contro qualsiasi tipo di riforma. Diventa molto difficile per i governi dei paesi europei dotati di un sistema assistenziale solido procedere sulla strada dello snellimento. Ci sono in parte riusciti in Scandinavia, è impresa ardua in Germania, Francia e Italia (ma da noi c'è il "vantaggio" che i servizi sono - aihmé - generalmente scadenti e il bilancio costi/benefici è sempre in rosso). Scrivendo della Francia, l'Economist suggeriva la scorsa settimana una soluzione politica stile Thatcher. In Germania si sperava che riforme impopolari potessero essere prese da una Grosse Koalition tra democristiani e socialdemocratici, forze politiche responsabili in grado di traghettare il paese in una fase difficile. Qualcuno aveva anche scambiato Angela Merkel per una Thatcher teutonica. L'esperienza di questi mesi ci dice che non è così. E per quanto alcuni giornali e osservatori italiani insistano nel proporre il "virtuoso" esempio tedesco, bisogna ammettere che la capacità riformistica della grande alleanza lascia molto a desiderare. In più, Cdu e Spd continuano a perdere consensi a favore dei più irresponsabili partiti d'opposizione.