giovedì, maggio 18, 2006

Impariamo a conoscerli/1 - Esteri

La macchina governativa è composta di ministri ma anche di vice-ministri e sottosegretari. Questi ultimi sono in gran parte sconosciuti al grande pubblico. Ogni governo li sceglie mescolando il solito mix di appartenenza politica e competenza, con una certa prevalenza per la prima. Qui le caselle politiche si compongono e i partiti scaricano gli appetiti delle loro strutture e dei loro peones. Più i partiti sono solidi e creano classe dirigente, migliori sono gli uomini scelti. E' in questa fascia di "ministrini", dunque, che risiederà gran parte dell'operatività del governo Prodi. Su questo blog avremo particolare interesse per i ministeri che hanno a che fare con la politica estera, Farnesina dunque, ma anche strutture del commercio con l'estero, dicasteri per i rapporti europei ecceterea, eccetera. Cominciamo con uno dei vice-ministri di Massimo D'Alema, la rifondarola Patrizia Sentinelli, romana de Roma e attivissima militante a livello locale. Impariamo a conoscerne le sue idee attraverso interviste e articoli rintracciabili sul web, per capire dove andrà a parare l'attività complessiva del dicastero dalemiano. E' una sorta di bollettino di avviso ai naviganti, per i lettori di questo blog che avranno modo di seguire con maggiore attenzione le politiche del ministero degli Esteri.

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Patrizia Sentinelli,
estratto di un'intervista ripresa dal sito "Bellaciao".

Da qualche anno Patrizia Sentinelli si occupa in modo costante e con molta passione dei movimenti. Li ha seguito dalla nascita: Seattle, Porto Alegre, Genova. Il rapporto col movimento altermondialista ha lasciato un segno sulla tua esperienza politica?
Sì, eccome. I movimenti mi hanno cambiato. Hanno cambiato tutti: hanno spostato il luogo della politica. Credo che io fossi già predisposta a questo cambiamento. A me la politica è sempre piaciuta come impegno nella società, come relazioni di massa, non sono mai stata una appassionata dei palazzi. Però i movimenti ci hanno costretto a fare i conti con problemi che non conoscevamo, o che avevamo messo da parte. Ci hanno imposto una dimensione internazionale, cioè ci hanno dimostrato che la politica provinciale non è niente, può essere amministrazione, manovra, relazione di potere, ma non può essere grande politica. Cos'è la grande politica? Quella che si pone l'obiettivo di cambiare - per milioni di persone - la condizione di vita, di lavoro, di acquisizione delle conoscenze, di relazioni personali e sociali. I movimenti fanno grande politica. Io ho avuto la fortuna di conoscere i movimenti prima ancora che nascessero. Qui a Roma. Ero entrata in contatto con quei gruppi giovanili che poi diventarono i disobbedienti...

Qualche nome?
Guido Lutrario, Nunzio D'Erme e altri. Con loro ho avuto uno splendido rapporto e anche da loro ho imparato molte cose. Io sono molto riconoscente a quel gruppo di compagni...

Però poi c'è stata la rottura tra quel gruppo e Rifondazione...
... Sì è per me è stata molto dolorosa. Ho un grande rammarico per quella rottura.

[Sui tre elementi di novità dell’ingresso di Rifondazione nell’alleanza di Prodi]
Terzo elemento?
La crisi del liberismo: forse addirittura il fallimento del liberismo. E' una crisi che non si evolve, automaticamente, a sinistra. Può evolversi in senso opposto, a destra. I poteri che vedono il meccanismo del liberismo andare in pezzi reagiscono irrigidendosi. Scelgono la via della blindatura, della guerra, di nuove forme di autoritarismo. Per questo io vedo come attualissimo il problema del governo di questa crisi. Non si può sfuggire a questo problema, non si può risolvere voltandosi dall'altra parte: da chi e da come verrà governata la crisi del liberismo dipendono gli sbocchi. Ci sarà una svolta a sinistra o una stretta reazionaria? Vedi quanto è grande la posta in gioco?

Che esista una crisi del liberismo è indiscutibile. C'è però anche una crisi del riformismo. Non c'è il pericolo che l'operazione-governo serva a congelare la crisi del riformismo o a risolverla in qualche modo assegnando al centrosinistra il compito di salvare il liberismo malato?
Non la capisco questa obiezione. E' chiaro che il rischio esiste. C'è una tendenza del riformismo - che è in crisi - di risolvere i suoi problemi con una svolta centrista. E' evidente che se questa tendenza non viene contrastata, vince. Noi abbiamo interesse che il riformismo svolti al centro, o a destra, in modo da poter dire: L'avevamo detto? Io credo che noi abbiamo interesse a battere le tendenze centriste del riformismo e che per questa via possiamo battere il liberismo e far nascere delle ipotesi nuove di sviluppo della società. Mi sembra un ragionamento abbastanza semplice.