"Berlino ha i suoi campanili amputati e le sue file interminabili di edifici governativi distrutti, i cui colonnati prussiani abbattuti riposano il loro profilo greco sui marciapiedi. A Hannover re Ernesto siede di fronte alla stazione sull'unico cavallo grasso di Germania, la sola cosa scampata senza un graffio in una città che una volta dava alloggio a quattrocentocinquantamila persone. Essen è un incubo fatto di nude e gelide costruzioni in ferro e logori muri di fabbriche. A Colonia i tre ponti sul Reno sono affondati da due anni, e il duomo, cupo, annerito e solitario, s'innalza tra un cumulo di macerie, con una ferita di mattone rosso vivo sul fianco che sembra sanguinare al crepuscolo. Le piccole torri medievali, nere e inquietanti, sono precipitate nei fossati di Norimberga e nelle cittadine della Renania gli scheletri spuntano dalle case di legno bombardate. Eppure c'è una città che si fa pagare per mostrare una rovina: Heidelberg, risparmiata, dove i bei resti dell'antico castello fanno l'effetto di una diabolica parodia nel tempo delle rovine.
Per il resto ogni luogo è il peggiore - sì, forse. Ma se si è alla ricerca di primati, o si vuole diventare esperti in rovine, se si desidera un campionario di ciò che una città rasa al suolo può offrire in quanto a rovine, se si vuole vedere non una città in rovina ma un paesaggio di rovine, più desolato di un deserto, più selvaggio di una montagna e fantastico come un incubo angoscioso, allora c'è forse una sola città tedesca da visitare: Amburgo".
Stig Dagerman, Autunno tedesco, 1947.