giovedì, luglio 24, 2008

Aspettando Barack Obama

Berlino. Ora che la bizzarra polemica sul luogo da cui Barack Obama terrà giovedì il più atteso discorso della sua breve tournè europea si è conclusa, all’ombra della Siegessäule – la colonna della vittoria che celebra i successi militari prussiani nel diciannovesimo secolo– fervono i lavori. Obama avrebbe voluto parlare alla Porta di Brandeburgo. La avrà lo stesso, sullo sfondo della Strasse des 17 Juni, il grande vialone che taglia il Tiergarten e collega la Siegessäule con la Porta stessa. Gli operai stanno disponendo le transenne non solo nella rotonda della colonna ma lungo tutto il vialone. Si prevede un afflusso massiccio, tipo quello della finale agli europei di calcio davanti al maxischermo. Allora questo miglio di strada era stato chiamato Fanmeile, miglio dei tifosi. Oggi è stato ribattezzato Kandidaten-Fanmeile, il miglio dei tifosi del candidato.

Se si votasse a Berlino, Obama raggiungerebbe percentuali bulgare. E’ diventato un mito prima ancora di aver dimostrato di essere un politico capace. La cosa fa arrabbiare i commentatori alla Charles Krauthammer, che sul Washington Post di una settimana fa rammentava che un palco sotto la Porta di Brandeburgo bisogna meritarselo e si chiedeva: ma Obama chi si crede di essere?

E tuttavia c’è poco da rabbuiarsi. Sarà per la sua tecnica da predicatore. Sarà per il fatto di incarnare l’icona più classica del politicamente corretto (il primo possibile presidente nero). Sarà soprattutto per essere considerato, qui nella Old Europe, l’anti-Bush. Sarà per tutte queste cose insieme, era dai tempi della visita di John Fitzgerald Kennedy che in Germania non si vedeva tanto entusiasmo per un politico americano. E Obama non è ancora Kennedy, ne incarna semplicemente il sogno.

Segno dei tempi. Obama è una superstar, come lo ha incoronato il settimanale Der Spiegel. Ha carisma innato, attira su di sé attenzioni e dibattito, qualsiasi cosa faccia o non faccia. Da quando si è saputo che avrebbe fatto di Berlino il palco principale della sua visita europea, la scena è diventata tutta sua. Da Parigi e Londra, le successive due tappe del suo viaggio, hanno lasciato trapelare qualche risentimento per il privilegio concesso alla capitale tedesca. A Berlino invece si è aperta una serie un po’ comica di polemiche.

Per giorni ci si è scontrati sull’ipotesi del discorso sotto la Porta, con la cancelliera e il sindaco della città su fronti opposti. Una volta deciso di farlo parlare sotto la colonna, quelli che non avevano voluto la Porta hanno sollevato dubbi sul fatto che parlasse sotto un simbolo militarista, dimenticando che da anni la Siegessäule è il punto di arrivo di un corteo per nulla militarista come quello del Christopher Street Day. I giornali conservatori hanno tirato fuori i costi della visita: 250mila euro, denuncia il Berliner Morgenpost, per l’impiego di millecento poliziotti. Il sindaco socialdemocratico è sicuro che il ritorno d’immagine per la città valga abbondantemente questa spesa. I politici hanno fatto a gara per strappare un incontro o una stretta di mano. Ma l’onore spetterà solo a due cariche istituzionali, ad Angela Merkel e al ministro degli Esteri Franz-Walter Steinmeier che il senatore americano incontrerà uno dopo l’altro in mattinata. Incroci elettorali: Merkel e Steinmeier potrebbero essere i candidati alla Cancelleria nell’autunno 2009, una foto per uno, decisione ecumenica.

Sui giornali impazza il gossip. Cosa farà Obama, dove andrà, cosa visiterà, dove dormirà? Il programma resta volutamente vago. Punti fermi: atterraggio all’aeroporto di Tegel alle 9 del mattino, visita alla Cancelleria e al ministero degli Esteri, discorso alla Siegessäule alle 19, pernottamento in città. Nel frattempo dovrebbe passeggiare in centro, visitare alcuni monumenti storici, la famosa Porta di Brandeburgo (in attesa di meritarsela per un discorso), il memoriale dell’Olocausto, il Checkpoint Charlie, dove negli anni della guerra fredda americani e sovietici si fronteggiavano sul punto più caldo del confine cittadino.

Qualcuno ha cominciato anche a preoccuparsi per quello che dirà. L’icona di pacifista è una esagerazione che il paese più allergico alla politica di George W. Bush gli ha affibiato con troppa precipitazione. Le tappe in Afghanistan e in Iraq, che stanno precedendo l’appuntamento berlinese, hanno un po’ raffreddato gli entusiasmi. E i politici socialdemocratici, che reputano Obama uno di loro, iniziano ad aver paura che la svolta in politica estera non sarà così netta, se i democratici vinceranno le elezioni. Temono, anzi, che dietro la retorica del rilancio delle relazioni transatlantiche e del rapporto fra Stati Uniti e Germania, l’ospite possa chiedere ai tedeschi di rinforzare il proprio contingente in Afghanistan, territorio sul quale la nuova strategia obamiana pensa di concentrare i propri sforzi bellici per sconfiggere definitivamente al-Qaeda. Con il paradosso che la nuova superstar americana potrebbe trovare orecchie più attente proprio sul versante del centrodestra.

(pubblicato sul Secolo d'Italia)