Per quanto riguarda la politica culturale applicata alla Rai, credo poco e niente. Ne parla Aldo Grasso sul Corriere, facendo il paragone tra la stagione di nani e ballerine di craxiana memoria e quella odierna. Un paragone improponibile, tutto sbilanciato a favore della stagione craxiana. E noi che non siamo socialisti, la pensiamo come Grasso. Il fallimento del progetto culturale della destra è tutto nella miseria televisiva di questa stagione Rai targata (in gran parte) An. Nel Polo resta solo l'ormai vecchio modello commerciale anni Ottanta di Berlusconi. Un po' poco per il nuovo secolo dei canali tematici satellitari, delle specializzazioni, dell'informazione 24 ore su 24. E questo a prescindere da intercettazioni o altre storie.
Non vorrei poi sembrare qualunquista: ma anche a sinistra la tv è morta. Rai Tre aveva rappresentato nel suo kabulismo militante almeno qualcosa di sinistramente nuovo: comunismo televisivo, modello Tirana con qualche spiffero passato attraverso le crepe del Muro di Berlino. Il curzismo come collettivismo all'amatriciana, una continua festa dell'Unità a Caracalla con in più la diretta televisiva. Poca roba, certo, ma almeno qualcosa, con in più qualche buona eccezione targata Angelo Guglielmi. Oggi si replica con i cloni, se Ballarò è il più bel fico del bigoncio. E quando è toccato a loro, ci hanno addormentato con Siciliano o imbarbarito con Zaccaria. Che tutte le Rai s'è portato via. Adieu, il futuro è altrove. Magari, finalmente, lontano dalla politica. Ma ci credo poco, almeno in Italia.