Esiste un odio balcanico? Sempre, quando varchi le terre di nessuno tra Mediterraneo e Danubio, la vecchia domanda ostinatamente ritorna. Per anni l' hai ricacciata indietro, hai ripetuto a te stesso che i Balcani sono Europa e che la guerra che li consuma è uno dei mille volti di uno stesso male che si aggira per l' Occidente. Con pazienza, ti sei costruito un castello teorico per dire che l' orrore non nasce dall'homo balcanicus, non è frutto di una politica criminale e della sua infinita capacità di manipolare. Impari che anche altrove la tensione sociale diventa etnica: basta che un potere politico cavalchi il pregiudizio. Ma alla fine, appena ti allontani dalle città e ti addentri in quelle gole lunari, le certezze si annebbiano, senti che c' è qualcosa che sfugge. Quei luoghi ti sussurrano il segreto di qualcosa che nasce qui e solo qui, autogestito come il titoismo, autocefalo come l' ortodossia, autoctono come questi pastori guerrieri; autistico, forse, come gli incubi di un bambino male amato. Guardi e ti chiedi: ma questa gente non è stanca di fare la guerra? Ha un' illimitata capacità di combattere o un' illimitata capacità di sopportare? Dove nasce tanta energia autodistruttiva?
Paolo Rumiz, Le radici dell'odio sulle montagne nere, 1999.