Quando si dice Indocina per rappresentare quel pugno di paesi schiacciati fra i due colossi asiatici, la Cina e l’India, vengono in mente due cose. Da un lato le atmosfere coloniali stile André Malraux, cappelli di paglia, manciate di riso, umidità che si appiccica alla pelle, respiri esotici e sensuali. Dall’altro gli orrori più feroci del totalitarismo comunista, i campi di sterminio di Pol Pot, la guerra calda che impantanò soldati, uomini e cose. Oggi anche qui, anche in Indocina, è cominciata un’altra storia, l’ennesimo capitolo dell’esplosione economica dell’Asia. E quel pugno di paesi esce dalla nebbia indistinta del mistero per acquisire individualità, colore, differenza.
mercoledì, febbraio 22, 2006
Sull'Indocina il nuovo numero di Emporion
Quando si dice Indocina per rappresentare quel pugno di paesi schiacciati fra i due colossi asiatici, la Cina e l’India, vengono in mente due cose. Da un lato le atmosfere coloniali stile André Malraux, cappelli di paglia, manciate di riso, umidità che si appiccica alla pelle, respiri esotici e sensuali. Dall’altro gli orrori più feroci del totalitarismo comunista, i campi di sterminio di Pol Pot, la guerra calda che impantanò soldati, uomini e cose. Oggi anche qui, anche in Indocina, è cominciata un’altra storia, l’ennesimo capitolo dell’esplosione economica dell’Asia. E quel pugno di paesi esce dalla nebbia indistinta del mistero per acquisire individualità, colore, differenza.