giovedì, novembre 13, 2008

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(fotowalkingclass)

E' ufficiale: siamo in recessione. O meglio, la Germania è in recessione. E' il primo dei paesi dell'Unione Europea ad alzare bandiera bianca e non sarà l'unico, altri seguiranno. Ma siccome dal punto di vista economico ne è la locomotiva, la certificazione di un dato che pur appariva scontato fa sempre un brutto effetto. L'annuncio è venuto dalla Destatis, l'ufficio federale di statistica, che questa mattina ha fornito le cifre sul Pil: -0,5 nel terzo trimestre, dopo -0,4 nel secondo. Dunque, tecnicamente è recessione. La crisi finanziaria morde le caviglie dell'industria, a partire da quella automobilistica. L'Opel ha già ridotto la produzione ma non è bastato: ora chiede al governo di intervenire, con urgenza, con sostegni economici, come ha fatto per le banche. Anche le altre marche prestigiose non se la passano tanto bene.

Ma è tutta l'economia che rallenta, minacciata in quella che è stata la sua forza degli ultimi anni: l'export. La ripresa economica della Germania, dopo la crisi negli anni a cavallo del nuovo secolo, è avvenuta tutta nel segno dell'esportazione, specie nel settore dei macchinari dove il Made in Germany ha recuperato le posizioni dominanti di un tempo. Il mercato interno, invece, è rimasto sempre piuttosto asfittico e ora che dall'estero riducono le commesse è impensabile che esso possa controbilanciare questo calo. Un piccolo segnale in questo senso in effetti c'è, lo registra la stessa Destatis ed è probabilmente su questo versante che si concentreranno nelle prossime settimane gli interventi dell'esecutivo, nella speranza di sostenere i consumi delle famiglie in modo da attutire l'impatto del calo delle esportazioni. Conoscendo però la mentalità dei tedeschi, mi pare difficile che in un periodo di crisi la gente si lasci andare a maggiori spese. Risparmieranno, in attesa di tempi migliori, anche perché gli esperti prevedono che dal prossimo mese la crisi si farà sentire anche sul piano dell'occupazione e, dopo ininterrotti anni di recupero, arriverà un meno anche sulla cifra dei lavoratori occupati.

Il governo in carica viene da quattro anni in cui le riforme economiche sono state messe in quarantena e l'ultimo grande sforzo riformista in tal senso resta legato alla stagione rosso-verde e a Gerhard Schröder. Risuonano un po' profetiche le accuse di immobilismo che soprattutto gli ambienti imprenditoriali hanno mosso alla cancelliera Angela Merkel negli anni passati, quando le vacche erano grasse e sarebbe stato il momento opportuno di fare qualcosa. Riformismo se n'è visto poco, anche se in questi anni è prevalsa da parte della società tedesca una pressante richiesta di sicurezza, di tutela, di attenzione sociale, di redistribuzione della ricchezza, direi di uguaglianza che non sarebbe stato possibile esaudire se si fosse scelta la strada di pesanti ristrutturazioni allo stato sociale. Proprio quello stato sociale che torna utile in situazioni di crisi come quella attuale, a patto però di poterlo finanziare.

Di certo, le riforme richieste dall'imprenditoria erano di ispirazione liberista, esattamente quell'ideologia che mai come in questi mesi (a torto o a ragione, qui non si giudica, si descrive) non solo in Germania, ma qui più che altrove, è messa pesantemente sott'accusa. Mi è venuta in mente una frase del presidente brasiliano Lula in un'intervista al Sole 24 Ore che forse aiuta a spiegare un diverso modo di guardare alle riforme: "Ero in disaccordo con i miei compagni che sostenevano che si può redistribuire la ricchezza solo se l'economia cresce. Secondo me si può redistribuire perché l'economia cresca. Abbiamo lanciato una serie di programmi: agricoltura per le famiglie, credito ai poveri, fame zero, luce per tutti. Che cosa è accaduto? I poveri hanno cominciato a consumare, le imprese hanno prodotto di più, il commercio si è attivato". Nulla di nuovo, si dirà, keynesismo in salsa latino-americana, però va molto di moda anche nella Germania potenza industriale che sembra aver salvaguardato meglio di altri paesi la propria coesione sociale e pare aver integrato meglio i propri immigrati.

La mia impressione è tuttavia che la Merkel non abbia seguito un progetto definito, in un senso o nell'altro, ma si sia regolata scegliendo di volta in volta l'opzione che le consentiva di appagare l'umore generale o di realizzare un conveniente (specie per lei) compromesso politico. Compito della politica sarebbe invece quello di affrontare i problemi con un approccio chiaro e deciso, lasciandosi poco influenzare dall'opinione degli elettori: difficile a ogni latitudine, difficilissimo adesso in Germania, nel momento in cui si apre un delicatissimo anno elettorale. La coperta della Grosse Koalition è apparsa poi molto più corta rispetto a quanto farebbe pensare la maggioranza numerica in parlamento. Qui di seguito, in tedesco, la rassegna stampa di oggi sulla recessione: Frankfurter Allgemeine, Süddeutsche Zeitung, Financial Times Deutschland, Tageszeitung e, più in generale sulla crisi globale, lo speciale dell'Handelsbatt.