martedì, agosto 09, 2005
Tagesbuch/34 - Weimar
Tutte le strade (tedesche) portano a Weimar. Quelle del romanticismo. Quelle della musica classica. Quelle della cultura. Quelle dell'architettura e del design. Quelle della sfortunata repubblica che crollò sotto i colpi del nazismo. Weimar è il cuore della Germania e adesso che la Germania è tornata unita, qui battono i colpi di tutto il paese. Arriviamo in centro seguendo la strada federale numero 4, che corre parallela all'autostrada ma consente di osservare meglio il paesaggio. La città è piccolina, una bomboniera. Pensavamo fosse piena di turisti, in realtà c'è stato un calo notevole dopo il 1999, l'anno in cui divenne capitale culturale d'Europa. Oggi la capacità ricettiva è più che sufficiente. Si trova un buon posto in un albergo centrale: il prezzo, rispetto all'Italia, è convenientissimo. E' tutto a un tiro di schioppo: il teatro, la casa di Goethe, quella di Schiller, il museo del Bauhaus, il rifugio di Nietzsche. Tra Ottocento e inizio Novecento, gran parte della vita artistica della Germania si raccolse qui a Weimar. Le case degli scrittori fanno un certo effetto, anche se il mobilio non è spesso quello originale. E tuttavia, fermarsi qualche minuto nella stanza dove Goethe o Schiller componevano i propri versi fa una certa emozione. Goethe fu poi un vero e proprio erudito totale, l'ultimo vero intellettuale poliedrico d'Europa: le collezioni conservate nelle sue stanze di lavoro testimoniano la molteplicità degli interessi che aveva. Nel garage della casa staziona ancora una vecchia carrozza con la quale intraprese i suoi famosi viaggi in Italia. Le visite sono tutte molto interessanti, i musei ben organizzati con audioguide in inglese e francese (oltre che in tedesco).
lunedì, agosto 08, 2005
Tagesbuch/33 - Erfurt
I tram scivolano nel mezzo della strada, come in quasi tutte le città dell'est. Un retaggio dell'Europa comunista, quasi un certificato di comunismo doc. Mentre da noi in Occidente, a seguito del boom economico degli anni Cinquanta-Sessanta, vennero smantellate strade ferrate e fili elettrici per far spazio ad autobus su gomma e a benzina, da loro che il boom non c'è mai stato avevano rilucidato le vecchie rotaie. Il risultato è che oggi, con l'inquinamento cittadino così alto, i tram sono tornati di moda anche da noi (con grande dispendio di soldi per ripristinare binari e sedi protette) e loro se li ritrovano già fatti. Basta solo sostituire le vecchie carrozze dell'epoca sovietica con quelle moderne di oggi. In Germania l'hanno fatto. Per cui ad Erfurt (come a Lipsia, a Berlino Est, a Dresda) fate attenzione quando vi muovete per strada perché finire sotto un tram è molto più facile di quanto sembri. Erfurt è bellissima e chiunque mediti di venire in Turingia non perda questa città. Il centro storico è stato sapientemente ristrutturato dopo il crollo del vecchio regime e strade, piazze e palazzi hanno ripreso l'antico splendore. I colori sono bellissimi, il Duomo, che fu uno dei centri della Riforma di Lutero, lascia senza fiato. Merita una visita anche il Rathaus, il municipio, un palazzotto splendido che contiene quadri e statue che descrivono l'epopea luterana. Perdetevi nelle viuzze dell'Altstadt. Nascondetevi nelle gallerie o sotto i portici delle piazze. Infilatevi nelle tante chiese cittadine. E non dimenticate di assaggiare il Türinger Wurst.
Tagesbuch/32 - Würstel
Adesso che abbiamo messo piede in Turingia e che abbiamo assaggiato anche il famosissimo Würstel di qui, siamo in grado di fare una graduatoria e di assegnare oro argento e bronzo alle varie salsiccie tedesche. Il viaggio ci ha condotto sinora attraverso tre grandi città/regioni che si contendono la palma del miglior Würstel di Germania: Regensburg, Norimberga e, appunto, la Turingia. Entriamo su un terreno scivoloso, perché ogni regione e quasi ogni città ha il suo tipo di Würstel che è un po' come da noi il campanile. Ciascuno dirà che il proprio è il migliore. Come tralasciare, ad esempio, il weiss Würst della Baviera centrale, così famoso a Monaco al fianco di Brezel e boccali di birra? Ma tant'è. Noi a Monaco non ci siamo stati e dunque questa classifica è assolutamente arbitraria e personale. Al primo posto, senza alcun dubbio, la salsiccia della Turingia. Non c'è storia, non è possibile alcun paragone: d'altronde ci sarà pure un motivo se la fama di questo Würstel valicava anche la cortina di ferro qualche anno fa. Al secondo posto la salsiccia di Regensburg, più piccola ma ottima nel panino con senape piccante. Al terzo posto un'altra celebrità, la salsiccia di Norimberga, tanto famosa da poter essere mangiata a sfinimento nei tanti ristorantini del centro cittadino.
Tagesbuch/31 - Ilmenau
Di buon mattino si riprende la strada attraverso la foresta della Turingia in direzione di Erfurt. Troppo stanchi la sera precedente per lasciarsi attrarre dalla vita notturna di Ilmenau, piccolo centro di provincia nel cuore del parco naturale. Ma di giorno una breve sosta questa piccola cittadina la merita. Sede universitaria, la vita delle stradine appare più vivace di quanto non ci si aspetti da un centro di neppure trentamila abitanti. Bella la piazza centrale, chiusa al traffico e dominata da un'enorme libreria. Civettuola la passeggiata pedonale principale, punteggiata da pub e caffè. Una deliziosa sede universitaria di provincia, se non fosse per la pioggia continua e il freddo pungente: figuriamoci d'inverno. Il gioiello di Ilmenau è la cattedrale di St. Jakobus, una splendida costruzione in fase di restauro. E' il primo impatto con il mondo luterano. Nel 1343 Limenau passò sotto il possesso del Landgraves di Henneberg, rientrando nel Ducato di Sassonia-Weimar, che qualche tempo più tardi si sarebbe esteso anche alla città di Eisenach. Nel 1544 gli Henneberg abbracciarono la riforma luterana e nel 1894, trecentocinquant'anni dopo, venne installato nella piazza centrale un enorme candelabro con l'immagine di Martin Lutero che ancora oggi fa bella mostra di sé.
domenica, agosto 07, 2005
Tagesbuch/30 - Thüringen
Lasciata Bamberg, l'autostrada cede presto il passo a una Bundesstrasse che, lentamente, s'inerpica sulle alture che dalla baviera tracimano nella Turingia. Il vecchio confine tra Germania Ovest e Germania Est non si vede più. Si oltrepassano campi, paesi, frazioni, piccoli villaggi ma nulla segna più il tracciato della vecchia cortina di ferro. Eppure, come d'incanto, la campagna diventa più selvaggia, meno coltivata, meno colorata. Via via che ci si addentra nella splendida regione della Turingia, le strade dei paesini che attraversiamo sono più polverose, le case meno curate. Siamo entrati nella vecchia Germania orientale. Il confine di ferro non c'è più, resta ancora visibile quello della ricchezza, del benessere. Anche se questa regione è la più dinamica e benestante tra gli ex Laender comunisti. Il turismo va a gonfie vele e rappresenta la voce più rilevante dell'economia. La vicinanza con la Baviera ha permesso di stringere legami solidi, anche dal punto di vista economico. Insomma, in Turingia non c'è nostalgia per il passato ma tanta voglia di lavorar sodo per recuperare il terreno perduto. La strada, nel frattempo, ha preso a salire. Ci si addentra nella Thüringen Wald, la foresta fitta di alberi e vegetazione protetta da una riserva naturale dove i paeselli si susseguono lindi e ordinati, sempre più radi e la sede ferrata che corre al nostro fianco accresce una strana sensazione da finis terrae: in ventiquattr'ore non vedremo transitare neppure un vagone. Piove, il termometro scende a ogni chilometro, segna nove gradi sopra lo zero quando decidiamo di fermarci e pernottare in un tipico albergo di montagna, l'Hotel Moosbach in località Manebach, una ventina di chilometri a sud di Ilmenau. Il sole è ormai calato dietro i monti. L'ottimo ristorante di questo sperduto albergo (pesce di fiume, insalata e dessert, oltre a buon vino bianco) ci spedisce a letto di buon umore.
Tagesbuch/29 – Rhein-Main-Donau-Kanal
Del piccolo fiume Regnitz abbiamo già detto. Ma Bamberga è bagnata anche da un altro strano corso d’acqua, che la chiude a nord stringendo l’Altstadt con una circonvallazione liquida. E’ il Canale che collega il fiume Meno (che bagna Francoforte) al Danubio (che, come sappiamo, bagnerà Regensburg, Passau, Linz e poi Vienna, Bratislava e Budapest, per infilarsi negli altipiani serbi, poi nella piana rumena, fino allo sbocco sul Mar Nero). E’ un pezzo del più lungo canale che unisce anche il Reno e che quindi permette una navigazione continua attraverso i due grandi fiumi d’Europa, il Reno d’Occidente e il Danubio d’Oriente, dal Mare del Nord al Mar Nero e viceversa. Era il vecchio sogno di Carlo Magno, che nel 793 avviò i lavori per collegare i due fiumi, senza successo. Più di mille anni dopo ci provò Ludwig I di Baviera che riuscì a unire il Meno col Danubio, attraverso un canale che passava da Bamberga a Norimberga, più o meno sulla falsa riga di quello che osserviamo noi oggi. Ma aveva due difetti: troppe chiuse (oltre 100) rallentavano il passaggio delle chiatte; e poi era troppo stretto. L’opera completa è stata realizzata solo nel 1992, poco più di dieci anni fa, dopo trenta anni di lavoro e una spesa di 5mila miliardi delle vecchie lire: neanche poi tanto. E’ largo 55 metri e consente la navigazione a chiatte di 185 metri con una portata di 3.300 tonnellate. La distanza che intercorre tra i due mari, percorsa sulle acque dei fiumi e dei canali che li connettono è di 3.500 chilometri. Un lungo serpente d’acqua che unisce l’Europa nel nome di Carlo Magno.
Tagesbuch/28 – Bamberg
Se la Germania non si fosse fatta sedurre e poi violentare da Hitler, le sue cittadine potrebbero avere tutte il fascino medievale di Bamberg. Qui, nelle oscure notti del 1944 e del 1945 è accaduto un piccolo miracolo: l’aviazione degli alleati volava alta e s’è dimenticata di sganciare bombe su questo paese. Risultato: tutto sembra fermo al milleduecento e finalmente si ritrova l’atmosfera della vecchia Germania, intatta e originale. Nessuna ricostruzione, nessun duomo rimesso in piedi alla metà del Novecento, nessuna casa con le travi a vista ricostruita con le macerie e seguendo le foto ricordo lasciate dai nonni. Gli abitanti di Bamberg sono consapevoli di questa fortuna e un po’ se ne approfittano. Hanno l’aria di chi se la tira, con ristoranti e birrerie piene zeppe di turisti che rappresentano il vero tesoro cittadino da sfruttare e spennare fino all’ultimo centesimo di euro, anche se non siamo ai degradati livelli italiani. Tanti i negozi di antiquariato, da quelli di mobili e oggetti d’arredamento alle stampe, agli orologi, ai libri. Certo, hanno buoni motivi, dal momento che si fatica a trovare un altro gioiello così intatto, almeno nell’ex Germania occidentale.. Splendido il Rathaus, appollaiato su uno dei ponti sul piccolo fiume Regnitz. Straordinarie le chiese, tra cui la cattedrale cattolica che domina la Domplatz e testimonia le radici principesche e vescovili di questa città: la sua struttura mescola armonicamente elementi gotici e romanici offrendo un esempio concreto della contrapposizione tra due diverse concezioni dell’architettura ecclesiastica. Oggi, la cattedrale pulsa d’orgoglio per il “suo” papa Benedetto XVI. Un colpo d’occhio questa Domplatz, chiusa a nord e a ovest dalla Neue Residenz, il gigantesco palazzo episcopale dal cui giardino delle rose si osserva il panorama della città vecchia più in basso. Più sù, in cima alla collina, l’ex monastero benedettino di Michaelsberg, famoso per la produzione di birra scura (visita al museo all’interno del monastero, 2 euro), con la chiesa ricca di decorazioni e statue di interesse religioso e culturale. Oggi è una casa di riposo per anziani. Splendidi i vicoli e le case e le stradine che degradano verso le piazze assolate e il fiume Regnitz dove un piccolo e raccolto gruppo di casette a schiera di legno, con micro-giardini ricchi di piante e fiori formano un lungo fiume che viene chiamato “la piccola Venezia”. La storia è stata benevola con Bamberg. Un po’ meno la sua amministrazione comunale, che non l’ha dotata di una cartellonistica stradale all’altezza. Forse si scoraggiano i viaggiatori dal ripartire. Perdiamo un po’ di tempo a trovare la strada regionale che ci porterà in Turingia.
Tagesbuch/27 – Bundesliga
Non è una località, è il campionato nazionale di calcio per squadre, la nostra serie A. Siccome siamo in tema calcistico, oggi s’è completata la prima giornata del torneo che tradizionalmente parte agli inizi di agosto. Su questo blog si tifa, piuttosto accanitamente, per l’Herta Berlin. Ma il piatto argentato (che equivale al nostro scudetto) l’Herta non se lo aggiudica da decenni immemorabili, un po’ come l’Inter. Se il buongiorno si vede dal mattino, anche per quest’anno possiamo metterci una pietra sopra. Oltre al solito Bayern München, che vince più campionati della Juve e infatti ha già la terza stella, e che ha difeso il titolo nella partita d’esordio del venerdì sera regolando con un secco 3 a 0 quella vecchia gloria del Borussia Mönchengladbach, andrà fortissimo il Werder Bremen che ha massacrato l’Arminia Bielefeld per 5 a 2, ritrovando il bomber Klose, che quando sente odore di mondiale si risveglia. In stand by il nostro Trap con il suo Stoccarda, bloccato sull'1 a 1 dal Duisburg. Si consola con il fatto di essere il personaggio preferito dei media: tutti ormai attendono una seconda versione del Rap del Trap e lui non li deluderà. Noi, i biancoblù dell’Herta, abbiamo immolato il nostro genio e la nostra sregolatezza, regalando un 2 a 2 nella tana dell’Hannover. Di punto in punto, mancheremo la qualificazione per la Champions ancora una volta per un punto. Viva l’ottimismo e buona Bundesliga a tutti.
sabato, agosto 06, 2005
Tagesbuch/26 – Nürnberg (5)
Non sarebbe giusto, comunque, abbandonare Norimberga lasciando nel lettore l’impressione di una città post-nazista. Se da un lato di questo passato la “più tedesca delle città tedesche” dovrà sempre sopportarne il peso, dall’altro sarebbe limitato non parlare di tante altre cose che sono accadute e accadono a Norimberga. Il mercatino natalizio, nelle settimane dell’Avvento, è il più bello e famoso della Germania e a dicembre è quasi impossibile trovare un posto libero negli alberghi. La città vecchia, per quanto ricostruita, mantiene un suo fascino. Il castello che domina dall’altro il più bel panorama della città vale una visita. L’itinerario di Albrecht Dürrer, la casa natale, il piccolo museo con i suoi quadri più famosi, il puzzle più grande del mondo da comporre assieme nella piazza che porta il suo nome, testimoniano di una vivacità artistica e culturale che oggi si rintraccia nei tanti musei cittadini. E poi c’è una curiosità. Dopo la guerra, in una Norimberga distrutta al 90 per cento dalle bombe, il consiglio comunale si riunisce per prendere la decisione che segnerà l’immagine della città negli anni futuri: approfittare delle rovine e costruire una Norimberga moderna con un impianto urbanistico tutto nuovo o prendere mappe e foto e ricostruire la città così come era prima? Dopo mesi di lunghe e laceranti discussioni si va al voto, con la maggioranza dei cristiano-sociali e dei socialdemocratici a favore di una Norimberga tutta nuova e i liberali e le minoranze dei due grandi partiti propensi alla ricostruzione della città vecchia. Prevalse questa seconda opzione, per un solo voto. Quello del consigliere comunista, rappresentante di un partito che, di lì a poco, complice l’irrigidimento ideologico della guerra fredda, sarebbe stato bandito dalla scena politica della Germania Ovest.
Tagesbuch/25 - Nürnberg (4)
E’ la prima città che incontriamo nel nostro viaggio sede dei campionati del mondo che il prossimo anno si terranno in Germania. Nella Marktplatz, la piazza del mercato famosa per il mercatino di Natale, dove ogni giorno bancarelle di fiori, frutta, formaggi, Bratwurst, pane e Lebkuchen (un biscotto natalizio molto buono e molto pesante) diffondono allegramente voci, suoni e odori, staziona temporaneamente un grande pallone di calcio itinerante. Al suo interno, una rapida mostra interattiva, prova a spiegare gioie ed emozioni del tifo calcistico. Chi perde le proprie domeniche all’interno degli stadi a tifare ossessivamente per una squadra di calcio (noi fra questi) sa di cosa stiamo parlando e non ha bisogno dell’insipida mostra itinerante. Tanto più che il campionato mondiale è un grande business e che la Germania intende giocarselo nel nome del più becero politically correct. Il motto è: it’s time to make a friend. A noi non frega niente di trovare amici. Ci basterebbe trovare una finale e magari vincerla, contro quei bastardi di brasiliani. Ma questo sentimento, poco politically, per niente correct, ma molto calcistico, la mostra del Mundial buonista non lo racconta. Detto questo, i preparativi sono quasi tutti completati: gli stadi, rinnovati come l’Olimpiastadion di Berlino o costruiti da zero come l’Allianz Arena di Monaco, già ospitano il nuovo campionato nazionale di calcio. Quindi non solo sono stati completati (quasi tutti) un anno prima del necessario, ma verranno anche ben collaudati, in modo da correggere eventuali pecche in vista del Mondiale. Quanto alle infrastrutture, beh, di questo la Germania non aveva bisogno di nulla. Insomma, cominciamo a prender confidenza con l’orribile logo e con la difficile lingua teutonica. Non sarà un Mundial ma un Fussball Weltmeisterschaft. La nazionale che riuscirà a pronunciarlo tutto di fila e senza errori, vincerà il torneo.
Tagesbuch/24 – Nürnberg (3)
La sala 600 del tribunale di Norimberga si raggiunge infilando un portone laterale. Una semplice rampa di scale e la porta è lì, di fronte a noi. Dentro non tutto è rimasto come allora. La sala viene regolarmente utilizzata dai giudici federali e l’attuale disposizione dei tavoli e delle sedie non è la stessa di quell’anno – dal 20 novembre 1945 al primo ottobre 1946 – in cui si svolse il primo processo internazionale della storia contro i dirigenti di uno Stato sconfitto in guerra. Ma i crimini compiuti dai nazisti erano stati tali, la sistematica eliminazione degli ebrei su scala industriale talmente obbrobriosa, che, come disse il procuratore americano in apertura del processo, l’umanità non sarebbe potuta andare avanti lasciando impuniti tali delitti. Dopo un anno di dibattimento, dei 21 rappresentanti del regime nazista (tra i quali il numero due Hermann Göring) 12 vennero condannati a morte, 3 all’ergastolo, 4 a lunghe pene detentive; solo tre furono dichiarati non colpevoli. La visita alla sala del processo, utile completamento della visita al Dokumentation Zentrum che contiene anche filmati sul processo) è riservata al sabato: è possibile farla solo con visite guidate ad orari prestabiliti. Sono quattro: alle 13, alle 14, alle 15 e alle 16. Presentatevi con un quarto d’ora di anticipo.
venerdì, agosto 05, 2005
Tagesbuch/23 – Nürnberg (2)
Distrutta dalle bombe alleate per il 90 per cento, Norimberga sembra un monumento vivente alla guerra. La città è stata pazientemente ricostruita, un lavoro lungo e minuzioso ha riportato alla vecchia gloria anche l’Altstadt, il centro storico, con le sue chiese, le sue torri, le sue case con le travi di legno a vista, il suo Rathaus austero e militaresco, dal cui balcone Adolf Hitler amava affacciarsi per salutare le truppe in sfilata nei giorni della festa del partito. Narrano le guide turistiche che tutto è stato ricostruito fedelmente, quando possibile utilizzando le stesse pietre recuperate e catalogate dopo le bombe. Eppure, nonostante l’impegno e i sessant’anni ormai trascorsi, la patina del tempo non è servita a restituire spessore storico alla città. Sembra ancora tutto finto. Sembra un set cinematografico di Cinecittà, una specie di scenario ricostruito per l’ennesimo film di Leni Riefenstahl. Ti aspetti di vedere da un momento all’altro le comparse vestite con le divise militari naziste uscire dagli angoli delle strade. E non ti farebbero paura perché, guardando lo sfondo ricostruito di Norimberga, capiresti subito che si tratta di una finzione.
Tagesbuch/22 – Nürnberg (1)
E’ un grande spazio aperto, pieno di verde e di vento, di prato e di alberi, di foglie che stormiscono senza sosta. Chiudi gli occhi e senti il vento scompigliarti i capelli, un vento fresco e vivace, un’aria buona di foresta e di erba bagnata. Chiudi gli occhi ancora di più e, come uscissero dal terreno in un film in bianco e nero, senti le voci esaltate, i discorsi roboanti, lo scalpiccio degli stivali, i cori ritmati per il Fürer. Riapri gli occhi, spaventato, e riappare il grande fabbricato in rovina che sarebbe dovuto diventare la sala congressi coperta, cinquantamila persone a battere le mani ai discorsi di Hitler, una delle tante costruzioni di Albert Speer per il complesso architettonico che ospitava, negli anni Trenta, le giornate nazionali del partito nazista. Norimberga non sarà mai separata dalla colpa del nazismo. Mai. Nonostante i Bratwurst, la birra al frumento, il Frankenwein, i negozi alla moda, i ristoranti italiani che ancora mantengono il fascino degli anni Sessanta. Le parate immortalate dalla straordinaria camera di Leni Riefenstahl si tenevano alla periferia della città "più tedesca delle città tedesche", la favorita del Fürer, la città nazificata che ogni settembre accoglieva migliaia e migliaia di dirigenti, soldati, giovani, donne, lavoratori, simpatizzanti e curiosi da tutto il paese. Era un evento annuale che stringeva attorno al capo l’intera comunità della nazione, otto giorni di festa, ognuno dei quali dedicato ad una delle corporazioni che componevano le gilde del partito. E il Fürer sempre lì, presente, bisognoso di questo bagno di folla emozionante con i suoi rituali sempre uguali, ossessivamente riproposti anno dopo anno. L’arrivo alla stazione centrale, il saluto alle sfilate dal balcone dell’albergo, i discorsi dai palchi, il rito della bandiera insanguinata, l’orazione funebre per i “martiri” del putch fallito del 1923, le manifestazioni dei giovani, delle donne, dei soldati, dei lavoratori alle quali presenziare per poi stringere la mano a selezionati rappresentanti delle categorie. Un complesso di edifici ancora in costruzione quando scoppiò la guerra, disegnato dall’ingegno urbanistico e megalomane di Albert Speer, l’architetto di Hitler, condannato (ironia del caso) proprio nel processo di Norimberga. Gli americano lo bombardarono senza pietà, distruggendo stadi da 400mila posti, viali per le parate, piazzali per le adunate. Le truppe scelte statunitensi conquistarono la città via terra qualche tempo dopo e danzarono e festeggiarono la presa del grande complesso alla periferia della città: ci sono le foto di gruppi di soldati con le bandiere a stelle e strisce che gioiscono sui basamenti di marmo e staccano le svastiche dai pochi muri rimasti in piedi. Lasciarono in piedi solo lo scheletro della sala congressi, una specie di mezzo colosseo in rovina oggi riadattato a museo. Uno dei musei più interessanti e completi sul nazismo che abbia mai visitato, non a caso collegato con quello di Berchtesgaden. Ci abbiamo trascorso cinque ore, passando in rassegna la storia che lega Norimberga al suo passato più tenebroso e orribile. La mostra permanente s’intitola Fascinazione e Terrore. Il museo è il Dokumentation Zentrum, una splendida idea architettonica moderna che rappresenta una spada infilzata nella roccia della storia europea. L’intera area si chiama Reichsparteitag, il giorno del partito del Reich. Ci si arriva con il tram numero 9, partendo dalla stazione ferroviaria centrale. Se capitate a Norimberga, non mancate la visita.
giovedì, agosto 04, 2005
Tagesbuch/21 – Regensburg (2)
Giacchè di storia si vive, di storia parliamo, qui a Regensburg. Ad esempio della Dieta di Ratisbona, che si svolgeva nel palazzo del Rathaus con la riunione periodica di tutti i principi e i principi-elettori che di fatto reggevano le sorti del Sacro Romano Impero in vece dell’imperatore. Era un imperatore stanco, che volentieri abdicava al suo ruolo di controllore centrale, affidando direttamente ai principi il compito di regolare fra di loro gli equilibri generali. Per questo motivo, oggi alcuni storici tedeschi ravvisano nella Dieta imperiale una sorta di precursore del parlamento. Più che di un’assemblea elettiva legislativa, si dovrebbe parlare di un Bundesrat, di un parlamento federale, nel quale i rappresentanti delle regioni confrontavano e componevano i propri interessi. E il ruolo dell’imperatore, alla fine, non si distaccava molto da quello di un attuale presidente della Repubblica. A proposito, sapete chi è oggi il presidente della Repubblica Federale Tedesca? Non lo sanno neppure tanti tedeschi: si chiama Horst Köhler ed è cristiano-democratico, imposto da un parlamento ormai in maggioranza conservatrice (grazie proprio alla prevalenza nel Budesrat) alla traballante maggioranza ufficiale rosso-verde.
Tagesbuch/20 – Regensburg
Se si dovesse mettere un confine tra il mondo mitteleuropeo del vecchio impero austro-ungarico e il mondo tedesco dei Reich, esso dovrebbe essere qui, a Regensburg. Il cambio di atmosfera si avverte immediatamente, forse anche complice il freddo vento di tramontana che spira oggi dalle foreste bavaresi ad est e fa precipitare la colonnina di mercurio a 17 gradi. E tuttavia l’antica Ratisbona, con le sue torri e i suoi campanili, con il Danubio che la sfiora senza penetrare nel cuore dell’Altstadt, con le sue viuzze medievali e il suo duomo papale, appare algida e distaccata come noi immaginiamo la Germania. Tutto qui richiama le glorie del passato. I tanti musei che celebrano la storia cittadina, le stanze del Rathaus dove si radunava la Dieta ai tempi del Sacro Romano Impero, i vicoli pieni di fascino medievale, i tanti negozi di antiquariato che riempiono il centro storico. Ce ne sono di tutti i gusti e per tutti i tipi: dai cappelli per gentiluomini e dame dei secoli passati ai libri, alle mappe, alle stampe, ai gioielli, ai quadri, agli oggetti, ai mobili, agli occhiali. Tutto sembra cristallizzato nel passato, in questa città, che ama specchiarsi nelle sue grandezze trascorse assai più che nelle acque del Danubio. Il suo ponte più famoso è quello di pietra, costruito nel 1135 e fino al 1935 rimasto l’unico a collegare le due sponde cittadine. Il locale più curioso è il piccolo caffè-lounge Via Ponte, una minuscola bomboniera fine ottocento che offre come bevanda alla moda il Kultgetränk der 50er, la bevanda cult degli anni Cinquanta, un revival di liquore ai frutti di bosco in ghiaccio. Anche i giovani universitari, che ciondolano pigramente nel bimestre estivo lungo le rive del fiume bevendo birra e fumando marijuana, sfogano esteticamente la loro ribellione travestendosi da punk: gli ultimi epigoni erano stato segnalati all’inizio degli anni Ottanta a Londra, e già allora erano una specie sotto tutela dell’ufficio turistico.
Tagesbuch/19 – Walhalla
Quando dalla brughiera, dietro le colline che degradano verso il Danubio, compare questo tempio greco immerso nel verde e nella pioggia, si pensa a uno scherzo. Dieci chilometri prima di Regensburg, proveniendo da Passau, ci s’imbatte nel cosiddetto Pantheon tedesco, la riproduzione del Partenone voluta da Ludwig I di Baviera per ricordare, a modo suo, i grandi padri della patria. Come è ovvio, oggi i tedeschi osservano con un certo sospetto quello che appare come un insensato sibolo di esaltazione nazionalista. In realtà, il Wahalla è assai di meno. Fu il sogno tardo imperiale di una Germania che aveva ormai abbandonato la via liberale per abbracciare, con Otto von Bismarck, il processo autoritario della costruzione di una comunità chiusa, statalista, militarista sotto l’egida prussiana. Il Pantheon bavarese, voluto dal re che amava la Grecia e le calde acque dell’Egeo, non ha nulla di militaresco. E’ semmai ingenuo e velleitario, nonostante il grande profluvio di marmo destinato alla sua realizzazione, con gli oltre trecento gradini che scendono (e salgono) dalle colonne neogreche in collina alle acque del Danubio giù a valle. Dentro, in fila uno dietro l’altro, i 117 busti di coloro che Ludwig I riteneva degni di onorare la memoria dell’Heimat: da Beethoven a Federico II, da Radetszky a Goethe, da Schiller a Caterina di Russia. Il buonismo dei tempi recenti ha fatto aggiungere gli eroi dell’antinazismo, da Einstein ad Adenauer, all’ultima arrivata, nel 2003: l’eroina della Rosa bianca Sophie Scholl. In verità non sembra un luogo sacro, semmai un po’ grottesco. Gli manca la polvere della storia, la suggestione delle emozioni passate. E’ un luogo sterilizzato, lucido e, con tutto quel marmo, assomiglia più a una sala di obitorio nella quale tutti questi busti sono in attesa del funerale del sentimento nazionale tedesco.
mercoledì, agosto 03, 2005
Tagesbuch/18 – Passau (4)
Se tutte le strade portano a Roma, tutte le piste ciclabili portano a Passau. Crocevia di ben otto piste ciclabili europee, sede di un’attrezzatissima officina di riparazione (che si chiama Fahrrad Klinik) e di un ostello esclusivo per ciclisti stanchi, la città è continuamente percorsa da frotte di viaggiatori su due ruote che fanno venir voglia di abbandonare l’auto e inforcare una bici pure noi e pedalare coi capelli al vento lungo i fiumi. Regina dei Radweg è ovviamente la ciclabile del Danubio che parte da Ulm, attraversa Ingolstadt e Regensburg, poi incrocia Passau prima di gettarsi verso Linz, Vienna, Bratislava e Budapest. Poi non vi sono più tracce ufficiali e anche le dettagliatissime guide tedesche gettano la spugna: in Serbia, poi in Bulgaria e Romania si viaggia all’avventura. Ma possiamo testimoniare che durante il viaggio rumeno di due anni fa, ne abbiamo visti tanti di ciclisti sopravvissuti, che pedalavano lungo il Danubio ormai ingrossato, fin sul Delta, fino alla fine. Un altro spettacolo che il Danubio offre è quello delle navi da crociera, basse, piatte, con le camere da letto a filo d’acqua e i finestroni giganti (niente a che vedere con gli stretti oblò delle navi d’acqua salata) che attraversano la città a tutte le ore. Passau è anche sede di rifornimenti, per cui le banchine del lungofiume sono continuamente occupate dalle navi all’ormeggio e vivacizzate dalle operazioni di carico di vivande, casse di vino e botti di birra che ricordano l’atmosfera febbrile che doveva esserci nel Medioevo, ai tempi della dogana del sale. Dalla finestra dell’albergo, che si affaccia direttamente sul fiume, è un piacere osservare il continuo passaggio delle navi. La sera, specialmente, quando questi mini-transatlantici scivolano illuminati a festa, lasciando una scia di luce nel buio ricercato della città e del Danubio. Passano attraverso i vetri della finestra libera dalle tendine portandosi appresso il sogno di un nuovo viaggio lungo il fiume d’Europa.
Tagesbuch/17 - Passau (3)
La storia ha passeggiato avanti e indietro sulle strade di questa città. E in tempi come quelli odierni, mi piace ricordare uno tra i tanti episodi che l’hanno vista protagonista. Le cronache riportano un caldo e afoso luglio nel 1683, quando le armate turche, guidate dal comandante Kara Mustafa, conquistarono tutta l’Europa balcanica, poi quella magiara e giunsero nel cuore di quella cattolica, assediando Vienna per oltre due mesi. Fu l’ultimo, intenso tentativo musulmano di penetrare all’interno del nostro continente, almeno sino ad oggi, ad al-Qaeda e a bin Laden. I messaggeri avvertirono l’imperatore Leopoldo I dell’imminente arrivo dei turchi e il sovrano decise di abbandonare la capitale, con tutto il seguito della sua corte. Una spaventata comitiva di qualche migliaio di persone s’imbarcò nottetempo sulle navi e risalì la corrente del Danubio fin verso Linz. Non sentendosi ancora al sicuro, proseguì oltre, trovando pace solo in una Passau che non dovette fare un bell’effetto all’imperatore, giacché portava sulle proprie case e sui propri monumenti i segni di uno spaventoso incendio che l’aveva distrutta pochi anni prima. L’invasione di Passau durò quanto l’assedio di Vienna, tre mesi, da luglio a settembre, un periodo nel quale la piccola città sui tre fiumi sopportò una grande pressione. Leopoldo I trovò ospitalità nella residenza del vescovo-principe, tutti gli altri vennero distribuiti fra case e monasteri: il seguito comprendeva anche lo staff della cancelleria, gli ambasciatori e gli inviati ufficiali stranieri. Per tre mesi, di fatto, Passau divenne la capitale provvisoria dell’Impero, mentre i principi tedeschi, austriaci e polacchi (memorabile l’ardimento di Sobieski) unirono le loro forze, rintuzzarono l’attacco turco e salvarono corona, Impero e cattolicesimo.
martedì, agosto 02, 2005
Tagesbuch/16 - Passau (2)
Mobile come le sue acque, Passau ospita realtà apparentemente diverse che convivono infondendole un’identità plurale. L’antica e autorevole facoltà di teologia chiusa nella parte alta del centro storico e una scombussolata società artistica che ha rivitalizzato il quartiere bohemien a ridosso del Danubio. La comunità monastica di Mariahilfe, il monastero fondato nel 1622 dove andavano ad abbeverarsi di fede i pellegrini durante la guerra dei trent’anni o i cavalieri che respinsero i turchi sotto Vienna, e il ridotto anarchico (oramai divenuto radical-chic) che si raduna attorno al ventennale caffé-cabaret Scharfrichter Haus (la casa del boia) dove consiglio di passare una serata a degustare dell’ottimo vino del circondario. E’ facile imbattersi in un gruppo di suorine che passeggiano lungo il fiume all’ora del vespro (le ho viste solo lungo l’Inn, sarà per affezione papale) e due minuti dopo in dissacranti designer seduti ai tavoli dell’happy-hour. C’è un suggerimento gastronomico che sembra racchiudere la faccia multipla e complessa di Passau, che sfugge ad ogni etichetta ideologica. E’ la Wirtshaus zum Grünen Baum (Osteria all’albero verde), in uno dei vicoli del labirinto bohemien, a due passi dal Danubio. Un locale votato al cibo biologico ma non vegetariano, tanto è vero che cucinano carne eccellente come il goulash di agnello che abbiamo provato noi, con contorno di patate arrosto e rosmarino. Chi ricorda il nostro entusiasmo per l’Auerwirt all’Oberau, sappia che qui siamo a livelli ancora superiori e a un prezzo ancora più ragionevole (alla fine 27 euro per persona, vino compreso: in Italia non ce la saremmo cavata con meno di 50). Tutti i prodotti utilizzati in cucina vengono da allevamenti e fattorie a produzione biologica. Vini compresi. E nonostante il nostro scetticismo iniziale, la differenza si vede e soprattutto si sente. I vini, sia bianchi che rossi, provengono da viticoltori della zona, dalla Baviera orientale, dalla Wachau, dalla Franconia: l’unica concessione esterofila è dedicata a un paio di bottiglie italiane. Buono, fresco e meno aspro del solito il Grünen Veltliner austriaco, il vino che abbiamo scelto. Insomma, anche se non credete alle coltivazioni biologiche, se capitate a passau dovete venire a mangiare qui. Anche perché, questi bio-fan del Grünen Baum devono avere un’anima libertaria se è vero che sul listino del menù, stampato su un facsimile di quotidiano che fa da tovaglia, avvertono prima di tutto i gentili clienti che i prezzi sono comprensivi di ogni tassa possibile e immaginabile. E occupano un’intera colonna della preziosa lista per elencarle tutte. Gli 11 euro che paghiamo per il goulasch di agnello sono comprensivi, in ordine, dell’Iva, delle tasse sui guadagni, sugli alcolici, delle tasse ecclesiastiche, per pensione e malattia, per la licenza, per il cuoco, dell’assicurazione su furti e infortuni, su incendi e sulla vita, sulla rottura dei vetri, per la licenza di vendere bevande, tasse sulla pulizia dei camini, sulla spazzatura, sulla pulizia delle strade e imposte varie su telefono, radio-tv, tv via cavo (che viene regolarmente trasmessa nei locali interni), affitto, gas, luce, acque scure, iscrizione all’ordine degli osti (siamo nel paese delle gilde) all’associazione degli hotel e delle locande, certificato della camera d’industria e commercio, oltre, naturalmente, alla multa per disturbo notturno (inevitabile d’estate con i tavolini all’aperto). Neppure quelli dell’Istituto Bruno Leoni sarebbero stati in grado di ricordare tutte le tasse che affossano la libera impresa tedesca.
lunedì, agosto 01, 2005
Tagesbuch/15 – Passau (1)
A destra l’Inn, verde e gonfio d’acqua. Al centro il Danubio, qui ancora davvero blu ma docile e tranquillo. A destra l’Ilz, sorprendentemente scuro, ma tanto nero quanto innocuo e lontano da qualsiasi competizione. In mezzo noi, nel punto più estremo dell’Altstadt di Passau, dove le acque dei tre fiumi si fondono e il Danubio si prende carico di tutta la storia precedente, che è storia d’acqua e di sangue, di imperi e dinastie e battaglie e onori e tradimenti, per portarla con orgoglio verso altre terre, laggiù nell’Oriente europeo. La bellezza di Passau è tutta legata all’acqua che è il liquido amiotico dal quale trae forza e vitalità. Una sorta di Venezia mitteleuropea, o un’Amsterdam del sud, se mezzogiorno si può definire questo spicchio di Baviera strappato all’Austria. Di certo la morbidezza liquida di Passau è tutta meridionale. Meridionale è il sole che inonda di sonno le piazze e i vicoli della città vecchia. Meridionali sono i vicoli che dalla collina scendono tortuosi, incuneandosi tra archi e gradini, verso i lungofiume. Meridionale è l’allegra atmosfera che si respira attorno ai grandi battelli fluviali, attraccati ai moli in attesa di rifornimenti e riparazioni. Se si scende a Passau percorrendo la strada inversa alla nostra, proveniendo dai freddi territori prussiani o dalle algide terre boeme, Passau è il sud, il vertice meridiano che lega tanti mondi, almeno quanti sono i suoi fiumi che incrocia: il nord germanico rappresentato dall’Ilz, il sud irruente che s’immedesima nell’Inn e l’Oriente misterioso che scivola lungo il Danubio. Morbida è anche la sua passione religiosa. Fu per secoli governata da un vescovo-principe, regnante su una libera città dell’impero austro-ungarico la cui diocesi era una delle più vaste d’Europa e si estendeva sulla Wachau e su Vienna, fino ai confini della Pannonia magiara. Da qui l’enorme duomo, con le caratteristiche tre torri a cipolla, che ospita il più grande organo del Continente. Ogni giorno, puntuale alle 12, il maestro offre a turisti e cittadini un concerto di trenta minuti nella chiesa gremita.
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