giovedì, agosto 04, 2005
Tagesbuch/19 – Walhalla
Quando dalla brughiera, dietro le colline che degradano verso il Danubio, compare questo tempio greco immerso nel verde e nella pioggia, si pensa a uno scherzo. Dieci chilometri prima di Regensburg, proveniendo da Passau, ci s’imbatte nel cosiddetto Pantheon tedesco, la riproduzione del Partenone voluta da Ludwig I di Baviera per ricordare, a modo suo, i grandi padri della patria. Come è ovvio, oggi i tedeschi osservano con un certo sospetto quello che appare come un insensato sibolo di esaltazione nazionalista. In realtà, il Wahalla è assai di meno. Fu il sogno tardo imperiale di una Germania che aveva ormai abbandonato la via liberale per abbracciare, con Otto von Bismarck, il processo autoritario della costruzione di una comunità chiusa, statalista, militarista sotto l’egida prussiana. Il Pantheon bavarese, voluto dal re che amava la Grecia e le calde acque dell’Egeo, non ha nulla di militaresco. E’ semmai ingenuo e velleitario, nonostante il grande profluvio di marmo destinato alla sua realizzazione, con gli oltre trecento gradini che scendono (e salgono) dalle colonne neogreche in collina alle acque del Danubio giù a valle. Dentro, in fila uno dietro l’altro, i 117 busti di coloro che Ludwig I riteneva degni di onorare la memoria dell’Heimat: da Beethoven a Federico II, da Radetszky a Goethe, da Schiller a Caterina di Russia. Il buonismo dei tempi recenti ha fatto aggiungere gli eroi dell’antinazismo, da Einstein ad Adenauer, all’ultima arrivata, nel 2003: l’eroina della Rosa bianca Sophie Scholl. In verità non sembra un luogo sacro, semmai un po’ grottesco. Gli manca la polvere della storia, la suggestione delle emozioni passate. E’ un luogo sterilizzato, lucido e, con tutto quel marmo, assomiglia più a una sala di obitorio nella quale tutti questi busti sono in attesa del funerale del sentimento nazionale tedesco.