Su questo blog ci si occupa prevalentemente di politica estera e, in maniera un po' residuale di viaggi. Ci si è specializzati in alcune aree geografiche, l'Europa soprattutto, quella centro-orientale e balcanica in particolare. Tuttavia in Italia ci si avvia verso importanti elezioni nazionali e quindi, di tanto in tanto, si volge lo sguardo nel giardino di casa. Di qua e di là si sente dire che i sondaggi assegnano al centrosinistra un vantaggio tale che ormai la partita può considerarsi chiusa. Dopo aver visto fallire tanti sondaggisti e prima che la campagna elettorale consenta ai contendenti di mettere in campo tutte le proprie carte, noi non ce la sentiamo di dare tutto per scontato. E però, da avvertiti giornalisti, abbiamo cominciato a chiederci che governo sarà quello eventualmente guidato da Romano Prodi. E lo facciamo soprattutto sul terreno che ci è più caro: quello della politica estera. Molti lettori di sinistra che ci gratificano della loro lettura, se la prendono un po' e ogni volta che si mette il dito in qualche piaga rispondono nei commenti insultando Berlusconi. Altri ci avvertono che non faranno prigionieri e che nel mazzo ci saremmo, bontà loro, pure noi. Altri ancora si arrampicano in alambiccose analisi storiche che esaltano le ideologie piuttosto che le scelte pratiche di oggi, che a noi però interessano di più perché influenzeranno l'eventuale governo di domani.
E' accaduto anche con il post sui neo-com. Dovremmo guardare alla transizione del partito comunista nei decenni passati, o consigliare a Berlusconi di cambiare la campagna elettorale o guardare alle azioni della Cia negli anni della guerra fredda. Chissà perché, noi invece ci fissiamo a osservare cosa accade nella sinistra perché, ancora in assenza di un programma definito, vogliamo capire che cosa accadrà. Ora, eravamo stati facili profeti a individuare nel convegno di Firenze con D'Alema e la Spectre dei neo-con americani un punto importante nell'evoluzione politica dell'Unione. Era passata un po' sottobanco nei giornali di ieri. Invece, oggi, da un lato Capezzone si pregia di aver conquistato alla new wave dell'esportazione della democrazia il leader diessino (e poi s'allarga, dice pure Fassino e pure Prodi); dall'altro Bertinotti, in un'intervista al Giornale, punta i piedi e avverte che niente è cambiato e niente cambierà nella politica estera del centrosinistra perché i patti sono stati già fatti (e con lui ritroviamo tutta la sinistra estrema, più il cosiddetto correntone Ds, più Giuliano Amato). Peccato che dovranno governare insieme, Capezzone e Bertinotti, D'Alema e Fassino, Pecoraro Scanio e Prodi. Nei prossimi mesi cercheremo di capire come faranno: si sa che D'Alema è un realista perfetto, a noi dà l'idea che della democrazia tutto sommato se ne fotta, figuriamoci di quella in Iraq. E allora perché questa sterzata? Cosa lo ha affascinato, quattro anni dopo, del progetto neo-con di esportare la democrazia? Se Palazzo Chigi val bene una messa, quale messa canterà la dirigenza Ds?