Ultima proiezione, ultima serata, prima dei premi. Finalmente il palazzo centrale, il famoso Berlinale Palast nella Marlene-Dietrich-Platz. Tappeti rossi, luci sfavillanti, macchinone nere che scaricano i cosiddetti Prominente (sarebbero i Vip) e noi dentro a spaparanzarci sui divanoni di velluto rosso. Tutto molto bello, tutto molto chic. Pochi fanfaroni, comunque, pochissime giacche e cravatte, molti maglioni al limite qualche sciarpa variopinta anche perché stasera, finalmente, fa freddo. Molti drogati del cinema per nulla sazi di dieci giorni trascorsi tra una proiezione e l'altra e semmai terrorizzati dal periodo di astinenza che si aprirà da domani. Tutti hanno la borsa tascapane rossa della Berlinale a tracollo, la stessa che ho schifato io il primo giorno pensando che un vero berlinese non va in giro con il gadget locale. Ora me ne pento. A quest'ora il venditore è chiuso ma spero domani di riparare al mio atto di snobismo: voglio la borsa tascapane rossa.
Ultima proiezione, dicevamo. Film americano, ma di quelli che proiettano alla Berlinale. Dunque triste. Giusto per farci sapere che anche l'America ha un lato triste e dunque possiamo farcela piacere. Stasera mi andava di ridere, però pazienza. Il film si intitola Ballast e non è male. Solo cupo. La storia è semplice, un uomo, il suo dolore per la morte del fratello gemello, la difficoltà di proseguire, le incomprensioni con la nuora e il suo figliolo. Il tutto girato nel breve (e freddo e umido) spazio tra due casette prefabbricate gemelle e una stazione di servizio lungo la strada provinciale a ridosso del delta del Mississippi. Poi, lentamente, la vita riprende proprio attraverso i legami familiari che apparivano compromessi. La necessità di sostenere quel che è rimasto della famiglia del fratello, di strappare il nipote a una cricca di spacciatori di droga, di rimetterlo al passo con gli studi, di ritrovare il senso della vita. Gli attori (non molto conosciuti) sono bravi nella loro recitazione drammatica. Poi, quando il film finisce (è quasi l'una) e gli applausi si spengono sui titoli di coda, gli attori entrano in scena e sorridono, sono emozionati ma ridono e mi consola sapere che in fondo sono allegri. Perché il film è un po' angosciante, ma forse è anche colpa dell'ora tarda.