"A Sarajevo fa molto freddo. I volti dei vecchietti nei paesi dei Balcani sembrano usciti dalle tele di Bruegel, portano in sé l'odore del Medioevo. Il sole ha bruciato i loro tratti, la pelle è color terra e crepata, proprio come il suolo senz'acqua. Sono sottomessi a una forma di fatalità che li rende troppo umili, quasi asserviti. Quando ridono, ridono con le gengive, ogni tanto spunta un dente scordato per sbaglio dalla vita. Anche le loro giacche, i loro pantaloni sono sottomessi a questa fatalità che si riceve con un sorriso spento. La maggior parte è generosa, la vecchiaia gli ha strappato dall'anima quell'erba velenosa che li ha accompagnati nel loro cammino, la pianta che hanno utilizzato con tanta astuzia contro gli altri e contro se stessi.
La giacca, sotto la fatalità, è sempre più grande del corpo che avvolge. Le spalle cadono in modo asimmetrico. C'è sempre un color polvere che si aggiunge a tutto, alle scarpe, ai capelli, sotto le unghie, al respiro. E' gente che sta molto vicino alla terra. A volte, il loro odore di sudore e di grappa è foderato (nei più giovani) da profumi all'ultimo grido: Calvin Klein, o Armani. Il profumo e i vestiti fatti in Italia o in Francia li trasportano in Europa. Loro vogliono l'Europa, ne hanno bisogno, ma molto spesso per orgoglio lo nascondono. Dicono che possono farne a meno; possono fare a meno di tutto e di tutti. Proprio da questa negazione nasce quella che oserei chiamare la sindrome dei Balcani, quella di sentirsi al centro della terra, il centro della terra".
Ornela Vorpsi, La mano che non mordi, 2007