Alla fine è accaduto sulla politica estera, dove i dissensi erano troppo forti e gli estremismi difficilmente amalgamabili. Al Senato sono mancati due voti, eppure D'Alema ce l'aveva messa tutta, con un discorso abile che s'era spinto fino al punto massimo di equilibrio. Ma la corda era troppo tesa e s'è spezzata: chi è abituato a tirar di slogan invece che a guardare la realtà, non è che torna indietro per un pistolotto del ministro di turno, per quanto paraculo. Adesso vedremo se, oltre che abile, D'Alema è anche di parola e darà seguito alla partita di poker con la quale si era misurato nell'aula parlamentare. Insomma, se si dimetterà. Conoscendolo, potrebbe farlo. Sarebbe come il colpo di reni di un gatto: cadere sì ma in piedi, mantenendo la dignità che per un politico è un bene prezioso, anche se i politici sembrano tenerci sempre di meno, alla dignità. E vedremo se con lui se ne andranno tutti gli altri ministri del governo Prodi. Sembra che al momento, la tentazione sia quella di "tenere": non sarà facile. Intanto, dietro le quinte, il "fantasma di Dini" comincia a materializzarsi. Non come ritorno dell'ex presidente del Consiglio ma come ipotesi transitoria (magari con Franco Marini) per riscrivere la legge elettorale, mettere la barra un po' più al centro e, magari con più calma, tornare alle urne. Quei 24 voti di astensione dell'Udc sono propedeutici a un governissimo che possa preparare una legge nuova in grado di scardinare l'attuale bipolarismo. E Follini già parla di nuovo centrosinistra, dando a intendere che per un giovane-vecchio democristiano il giro di valzer è una mossa di danza mai dimenticata. Anche il non voto di alcuni senatori a vita (Andreotti, Pininfarina, decisivi almeno quanto i due ribelli del centrosinistra) sembra quasi un invito a nuovi esperimenti governativi. Ma un governissimo senza Forza Italia e An sarebbe destinato ugualmente a camminare sulle uova, anche perché sarebbe difficile gestire un'opposizione incrociata da destra e dall'estrema sinistra. Per non finire nell'angolo, tuttavia, la CdL deve riprendere quella sorta di araba fenice che si chiama iniziativa politica: finora aveva fatto affidamento quasi esclusivamente sulle difficoltà di gestione del governo Prodi. Ora si apre una partita a scacchi interessante e assai delicata. Di tanto in tanto, ci affacceremo sulle macerie di Bisanzio, per darci un'occhiata.
Ultim'ora. Bisanzio, stessa data, ore 20. Romano Prodi s'è dimesso. Da domani il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano avvierà le consultazioni per la formazione di un nuovo governo. Quello di Prodi resta in carica per il disbrigo degli affari correnti. Da stanotte, a Bisanzio e dintorni, si comincia a ballare.