mercoledì, giugno 02, 2010

La Repubblica (federale) delle donne?

Angela Merkel ha tracciato l’identikit del prossimo presidente della Repubblica che la speciale assemblea federale (Bundesversammlung) composta dal Bundestag e dai delegati scelti dai parlamenti dei sedici Länder dovrà eleggere il prossimo 30 giugno, in sostituzione del dimissionario Horst Köhler: capacità retorica, peso ed esperienza politica, attitudine a porsi al di sopra delle parti. E allora, perché non una donna? Perché non Ursula von der Leyen, attuale ministro del lavoro? Già, perché no? La scelta è spiazzante. La Germania ha già una cancelliera donna, la Merkel appunto. Finora ha funzionato. Perché non raddoppiare?

Il nome è stato gettato in campo ieri e nel giro di poche ore è lievitato tanto da diventare quasi ufficiale. I due partiti che con la Cdu dividono le responsabilità del governo nazionale – i cristiano-sociali della Csu e i liberali dell’Fdp – hanno comunicato che non presenteranno proprie candidature di bandiera ma appoggeranno il candidato suggerito dalla Cdu dandogli la forza di una candidatura di maggioranza. In campo restano ad oggi alternative forti e autorevoli come quella dell’attuale ministro dell’Economia, l’esperto Wolfgang Schäuble, o del presidente del Bundestag, l’algido Norbert Lammer. Ma nonostante gli umori attorno al governo non siano al momento dei migliori, il centrodestra mantiene una maggioranza consistente (23 voti) nella Bundesversammlung: è dunque in grado di portare avanti la propria candidatura sino alla vittoria, anche senza la convergenza dell’opposizione.

Se la von der Layen supererà gli ostacoli che comunque le verranno frapposti la Germania potrebbe trasformarsi in una Repubblica (federale) delle donne. Il sesso sempre gentile ma ormai anche forte, fortissimo, controlla già da tempo la casella del vertice politico. Per Angela Merkel adesso sono arrivati tempi duri, la luna di miele che l’ha accompagnata per tutto il primo mandato si è ormai conclusa, le pene sono giunte proprio quando ha potuto guidare un governo ideologicamente più compatto, ma la caparbietà non è una dote che le manchi e proprio nel momento più difficile, quando l’improvviso ritiro del capo dello Stato sembrava precipitare ogni cosa, ha saputo reagire con prontezza non usuale, trovando nel suo stesso entourage la soluzione meno scontata.

Ursula von der Leyen è una delle politiche più amate nel paese. Tenace, determinata, concreta è una delle donne che Angela Merkel ha voluto con sé, prima nel gruppo che ha gestito la campagna elettorale del 2005 e poi al governo per rinnovare la squadra dirigente della Cdu. Nobile, come testimonia il suo lungo cognome, ricca e a suo modo affascinante, madre di sette bambini, felice e in carriera grazie anche alle collaboratrici domestiche che si può permettere, si è rivelata però sempre attenta e sensibile alle necessità delle donne che devono confrontarsi con ben altri budget. Dopo un’esperienza ministeriale nel Land della Bassa Sassonia, ha trascorso i quattro anni della Grosse Koalition al ministero della Famiglia, basando la sua politica su valori certamente tradizionali, orientandola però su criteri pragmatici e moderni: la battaglia per gli asili e l'aumento dei bonus per la natalità puntavano a dare alle donne non parole di sostegno ma mezzi concreti per affrontare con maggiore sicurezza la sfida di armonizzare lavoro e affetti familiari. Leggendario un suo scontro con l’allora vescovo di Augusta Walter Mixa, finito poi nel grande calderone degli scandali per la pedofilia, il quale sosteneva che gli asili avrebbero sollevato le madri dal loro compito principale di allevare i figli. Confermata alla Famiglia nel nuovo governo, ha poi subito traslocato in un ministero tradizionalmente maschile come quello del Lavoro per sostituire Franz Josef Jung, caduto per le conseguenze di un’azione militare tedesca in Afganistan quando era ministro della Difesa.

E l’Afganistan torna nel destino della von der Leyen, giacché anche il presidente Köhler ha preso cappello per non aver digerito le critiche che gli sono piovute addosso dopo aver sostenuto che un paese che vive di export come la Germania deve mettere in conto di poter operare missioni militari all’estero per difendere i propri interessi economici. L’impegno militare più controverso della Bundeswehr dal dopoguerra è diventato, involontariamente, il trampolino di lancio per l’ascesa politica della von der Leyen. Che tuttavia ci mette del suo. Ancora ieri la ministra ha declamato con soddisfazione gli ultimi dati sul mercato del lavoro tedesco che, a differenza di quello degli altri paesi europei, fa registrare un calo del numero dei disoccupati. Segno che la crisi morde sempre ai fianchi del gigante tedesco ma non riesce ad affondare i suoi incisivi: «Il peggio però non è ancora passato, bisogna restare molto prudenti», ha aggiunto, mostrando di possedere un’accorta retorica diplomatica, forse già di stampo presidenziale.

L’ascesa femminile al cielo non è tuttavia campo esclusivo della politica. Anche nell’impresa le donne si fanno velocemente strada a scapito degli uomini, assumendo sempre più ruoli dirigenziali. Un anno fa, i settimanali Die Zeit e Wirtschafts Woche avevano dedicato a questo fenomeno pagine e articoli, raccontando cifre e volti di una rivoluzione non più silenziosa. E sempre le donne sono protagoniste di un fenomeno forse non altrettanto positivo per le sorti complessive del paese, ma certamente emblematico dei nuovi rapporti di forza: più colte, più preparate e più intraprendenti degli uomini, emigrano in massa dalle vecchie regioni dell’est alla ricerca di impieghi più redditizi e più appaganti nelle regioni dell’ovest. Con la conseguenza che nei piccoli centri di quella che fu la Ddr, è sempre più frequente incrociare di sera gruppi di uomini soli e abbandonati (e spesso disoccupati) che annegano la propria solitudine nei pub.

In dodici anni, dal 1996 al 2008, la percentuale delle donne economicamente indipendenti è salita dal 27 al 41 per cento e sebbene permangano ancora squilibri sul piano delle retribuzioni (in media il 23 per cento in meno rispetto agli uomini) il passo in avanti è considerevole per un universo che ancora qualche tempo fa era relegato alle tre classiche K: Kinder, Küche e Kirche, bambini, cucina e chiesa. Se poi si aggiunge una nota di colore, e cioè che è stata proprio una ragazza appena diciannovenne – Lena Meyer-Landrut – a riportare in Germania dopo ventotto anni il titolo del festival musicale europeo Eurovision, il cerchio sembra chiudersi. L'eventuale candidatura di Ursula von der Leyen alla presidenza della Repubblica avvicinerebbe la Germania alle tradizioni progressiste dei paesi scandinavi, dove da tempo anche la politica parla al femminile.