sabato, giugno 12, 2010

Gli alveari ronzanti

L'esperienza di tanti mondiali (e soprattutto dei due vinti dall'Italia) dovrebbe averci insegnato che è quasi inutile giudicare le prestazioni delle squadre che si candidano alla vittoria finale dalle partite del primo turno. Le cosiddette "grandi" iniziano al rallentatore, fanno il minimo indispensabile per superare il girone, e poi trovano la forma nelle partite a scontro diretto, quelle che contano per arrivare in fondo. Al contrario, le squadre che non pensano di poter vincere il mondiale, danno tutto nella prima fase, perchè il passaggio del turno è la loro vittoria. Ricordo solo il Brasile stratosferico di Ronaldo (e forse quello di Pelè, ma allora c'erano meno squadre) riuscire a mantenere per un mese intero una buona forma. Così, sarà bene ridimensionare la delusione inglese di questa sera o la brillante vittoria della Corea del Sud e forse anche la noia mortale inflitta dalla Francia ieri, che pure qualche problema ha dimostrato di averlo anche nelle fasi di qualificazione. L'unica a non aver stonato è stata l'Argentina di Maradona, sebbene abbia fatto solo intravedere il potenziale di cui dispone.

Per ora le protagoniste sono le trombette che trasformano gli stadi sudafricani in altrettanti alveari ronzanti. Vuvuzela, il nome è entrato come un incubo nei discorsi di tutti i telespettatori (non è dato sapere cosa ne pensino gli spettatori che sono in Sud Africa negli stadi). Tutti ne sono innervositi, pare che in Italia il loro ronzio sia ritenuto più fastidioso dei commenti dei Caressa, dei Bagni e dei Varriale. Qui in Germania, dove i commentatori sono più sobri, ci si chiede se le svogliate partite sinora osservate non siano dovute al rimbambimento dei calciatori per il continuo rimbombo. C'è chi rimpiange il coro crescente dei tifosi nei momenti cruciali delle azioni (chi di noi malati di calcio non ha imitato da bambino il rombo dello stadio all'incalzare di un'azione), l'urlo ai gol e pure i fan inglesi hanno faticato non poco a far sentire il canto del loro inno durante il secondo tempo con gli Stati Uniti.

Lo Spiegel, mettendo insieme vuvuzuelas e modestia tecnica della prima giornata ha trovato il titolo più simpatico: "Molto rumore per poco". Il Tagesspiegel, invece, la prende più sul serio, racconta il nervosismo dei telespettatori tedeschi, cita pagine di resistenza fondate su Facebook, spinge uno dei suoi inviati a Città del Capo a scrivere che pure ai sudafricani questo ronzio comincia a dar fastidio ma si becca i rimbrotti di una lettrice evidentemente esperta in materia per alcune imprecisioni sulle origini dello strumento. Così veniamo a sapere che queste benedette vuvuzelas sono una riproduzione di uno strumento tradizionale utilizzato per richiamare persone a lunga distanza. Che la prima riproduzione di massa in plastica si deve a un fabbricante sudafricano di origini indiane. E che solo successivamente è stato utilizzato dai tifosi durante le partite di calcio. ne sappiamo di più, ma le nostre orecchie non se ne gioveranno.