Cartoline di guerra e di pace.
Tirana, 11 aprile 1999, diciannovesimo giorno di guerra. Ieri l’esercito serbo ha bombardato, per la prima volta dall’inizio del conflitto, i villaggi albanesi al confine con il Kosovo. In questi piccoli centri si addensano e ripiegano i soldati dell’Uçk, l’esercito di liberazione del Kosovo. Sono loro il bersaglio dei serbi. Bilancio dell’attacco: due morti e dodici feriti, tutti civili. La notizia rimbalzerà sui quotidiani del giorno dopo che titoleranno a caratteri cubitali sul rischio di un allargamento del conflitto. Eppure a Tirana, da giorni retrovia in fibrillazione di questa guerra, la vita sembra scorrere come sempre. In piazza Skanderbeg le caotiche file di Mercedes e Volvo che ormai ingorgano il traffico della capitale vomitano uno smog nero che strozza la gola. I clacson delle auto compongono una nuova colonna sonora, di tanto in tanto spezzata dal rombo degli aerei da guerra della Nato e dal canto roco e malinconico del muezzin che si leva dai minareti. Una giornata come tante altre a Tirana, mentre al confine nord impazzano i combattimenti e nei campi allestiti alla periferia si consuma la tragedia dei deportati, affluiti a centinaia di migliaia dal Kosovo [Continua su Ideazione].