"Sciraz – Seduti a un rozzo tavolo sulla strada, bevevamo il tè in un villaggio tra la curiosità premurosa dell’oste e della sua gente, quando è giunta una grossa carovana. Allora nessuno si è più occupato di noi.Un centinaio di grossi cammelli lanosi è stato raccolto a gran forza di urla in una spianata fra due case in rovina; e il capocarovana, dal viso quasi mongolo, con due lunghi baffi spioventi, è venuto a sedere vicino a noi, a un tavolo sul quale era stato disteso in fretta il miglior tappeto della “ciaianèh”. Il ragazzo della carovana gli ha messo dinanzi il “caliàn”. L’oste gli ha recato un lucido “samovàr”. E fumando, e sorseggiando il tè, egli dava ai suoi uomini le disposizioni per il bivacco. La sua “pustina” di pelle, gettata sulle spalle, conservava le maniche rigide, orizzontali, da spaventapasseri; e quando egli gestiva, sembrava avesse quattro braccia come un idolo indiano". Per leggere il seguito di questo reportage del 1937 cliccate qui.
Questa, invece, è la biografia di Salvatore Aponte.