mercoledì, settembre 02, 2009

Da Danzica a Danzica, settant'anni dopo

Westerplatte, il monumento agli eroi polacchi (fotowalkingclass)

Il piccolo traghetto della Zlenia Gdanska scarroccia controvento sul canale che porta in mare aperto, sballottato a destra e sinistra dalle onde. All’inizio bordeggia a fianco dei palazzi del centro storico di Danzica, ricostruiti dopo i bombardamenti della seconda guerra mondiale, poi ai nuovi hotel di lusso tirati su per dare corpo alla scommessa turistica dopo la caduta del comunismo. Infine, quando il canale già si apre, passa accanto alle alte gru meccaniche dei cantieri navali che fecero la storia della rivoluzione di Solidarnosc. Il passato di questa città carica di storia sfila come frammenti di un film proiettato sugli oblò del traghetto, fino al punto in cui, settant’anni fa, ebbe inizio il conflitto che inghiottì l’Europa.

Sul Westerplatte c’è festa. Premier e presidente della Polonia, per una volta uniti, hanno scelto questo piatto lembo di terra, che si insinua dalla costa dentro il Baltico a protezione della città, come luogo per le celebrazioni del settantesimo anniversario dell’inizio della seconda guerra mondiale. Hanno radunato gli amici e i nemici di un tempo, molti dei quali sono diventati a loro volta amici, per ricordare e riflettere, ma soprattutto per rafforzare attraverso un incontro simbolico il rapporto di pace e di collaborazione che oggi lega paesi che allora si contendevano potere e territori e adesso condividono il destino comune dell’Unione Europea.

E ci sono soprattutto i due capi delle nazioni nemiche di ieri. La cancelliera tedesca Angela Merkel, arrivata con un messaggio chiaro nella scia della lunga tradizione diplomatica tedesca postbellica (“Non dimenticheremo mai le cause e gli effetti di quella guerra. La Germania ha scatenato la guerra e noi abbiamo causato al mondo dolori senza fine”) e il presidente russo Vladimir Putin. La responsabilità di Mosca nello scoppio della seconda guerra mondiale è tutta nel patto di non aggressione stipulato due settimane prima dai ministri degli esteri della Germania nazista e della Russia bolscevica: il famoso patto Ribbentrop-Molotov, passato alla storia per i protocolli segreti che prevedevano lo smembramento e l’occupazione della Polonia da parte dei due contraenti. Quindici giorni dopo l’attacco nazista a Varsavia, le truppe sovietiche occuparono la porzione orientale della Polonia che quel patto assegnava. Il tallone di Stalin non fu più dolce di quello di Hitler, neppure più tardi, quando i sovietici, entrati in guerra con i nazisti, ripassarono per la Polonia con l’aura di liberatori e non se ne andarono per altri quarant’anni.

Anche Putin è arrivato con un messaggio chiaro, consegnato alle pagine del principale quotidiano polacco Gazeta Wyborcza: la condanna di quel patto il cui settantesimo anniversario è stato ricordato appena due settimane fa e che a Mosca ancora molti giustificano con il rifiuto di Francia e Gran Bretagna a concludere un trattato antinazista. “Un accordo immorale”, ha scritto Putin, aggiungendo “comprensione” per un altro avvenimento drammatico accaduto nel 1940, il massacro di Katyn, le cui responsabilità sovietiche sono state riconosciute da Mosca soltanto nel 1990, dopo aver per cinquant’anni addossato la colpa ai nazisti.

Ieri c’era il sole sul Westerplatte a sancire il clima nuovo stabilitosi fra i leader europei. Una calda giornata di fine estate un po’ inconsueta per queste latitudini ha riscaldato la lunga striscia sabbiosa, oggi ricoperta da una fitta e verde vegetazione, in mezzo alla quale svetta l’altissimo monumento di pietra agli eroi polacchi. La cerimonia è iniziata, simbolicamente, alle prime luci dell’alba (le 4.45) quando – settant’anni fa – la corazzata tedesca Schleswig-Holstein fece partire i primi colpi di cannone contro la piccola guarnigione polacca. Fu l’inizio della guerra. In altri punti di confine le truppe naziste entrarono in territorio polacco sbaragliando le difese, qui, su questa penisola protetta da solo 182 soldati, ci vollero sette giorni per completare la conquista. La difesa fu strenua e sorprendente, ma senza speranza.

Quella speranza ha invece trovato alimento nei discorsi dei leader intervenuti, in gran parte rappresentanti dei paesi dell’Europa centro-orientale lungo i quali le ferite di settant’anni fa non si sono del tutto cicatrizzate, né nel quarantennio postbellico, né nel ventennio successivo alla caduta del Muro di Berlino. La grande forza di questa commemorazione è stata proprio quella di aver riunito attorno alla riflessione su una memoria storica Russia e Germania, Ucraina e Polonia: tutti sotto il cappello europeo, rappresentato dal presidente di turno svedese e dentro lo scenario della riunificazione continentale avviata nel 1989. Il premier polacco Donald Tusk, che ha scelto la via responsabile del dialogo con i suoi vicini rispetto a quella avventurosa dello scontro perseguita dal suo predecessore Kaczynski, va così ritagliando al suo paese un ruolo centrale nel rasserenamento del clima a oriente e nel coinvolgimento di Mosca nelle strategie politiche e militari comuni. E’ questa la lezione del primo settembre 1939 che la Polonia vuole consegnare ai suoi vicini e all’Europa intera, il miracolo di cui ha parlato la Merkel in un discorso molto toccante nel quale si è incinata (come fece Willy Brandt fisicamente in uno storico viaggio a Varsavia) di fronte alle vittime della guerra. Le aperture di Putin, la soddisfazione della leader ucraina Timoshenko, l’intenso lavoro diplomatico che ha accompagnato dietro le quinte queste giornate commemorative fanno oggi sentire assai lontani i rimbombi della guerra che distrusse l’Europa.

Pubblicato sul Secolo d'Italia del 2 settembre 2009.

Su Danzica: