Ora cominciano a ballare anche i sondaggi. Quasi volessero seguire le turbolenze delle borse e delle banche. Cifre su, cifre giù, segni rossi, tendenze nere. Nel gran ballo dei numeri, ci si mettono anche quelli delle agenzie demoscopiche che provano a misurare il polso degli elettori al tempo della crisi e nell’anno del rinnovo di parlamento, governo e cancelleria. E non solo.
Il sibillino voto dell’Assia dello scorso gennaio è stato solo il primo di una lunga serie di appuntamenti amministrativi e politici che culmineranno il 27 settembre con il voto politico nazionale. Di mezzo c’è il rinnovo del Presidente della Repubblica (21 maggio), eletto come in Italia dal Parlamento allargato, del Parlamento europeo (7 giugno) accompagnato da un turno amministrativo che vedrà impegnati otto Länder, tre voti regionali molto delicati nella Saar, in Turingia e Sassonia (30 agosto). Non essendoci l’election day che raggruppa i diversi appuntamenti, l’intero 2009 è segnato da tappe, una sorta di gara ad ostacoli che terminerà solo a fine settembre. Per chiudere il cerchio della simbologia, questo è anche l’anno in cui la Germania festeggia i 60 anni dalla nascita della Bundesrepublik (e in tono più sommesso della Ddr) e i 20 anni dalla caduta del Muro.
Che anche i sondaggi fatichino a reggere il ritmo di tante date incrociate è in qualche modo comprensibile. Tuttavia, data la volatilità che sembra aver colpito quello che una volta era l’elettorato più stabile d’Europa, ogni spostamento, ogni variazione determina entusiasmi o depressioni, alimenta speculazioni su nuove maggioranze, suscita timori di ingovernabilità. Perché il tutto si giocherà, a livello nazionale come a livello locale, sul filo del rasoio.
L’ultima settimana è un esempio di questa altalena. Prima il Deutschlandtrend della rete televisiva pubblica Ard ha mostrato un preoccupante calo di consensi per Angela Merkel. Poi il Politbarometer dell’altra rete pubblica Zdf ha rassicurato la Cancelliera mostrando come la crescita dei liberali prospetti, per la prima volta concretamente, una maggioranza di centrodestra al Bundestag.
Riassume queste montagne russe l’Umfrage-Barometer dello Spiegel, che misura puntualmente le indicazioni fornite dei cinque istituti di ricerca più famosi del paese. Il sabato, con i dati di Infratest, la Cdu era al 33 per cento e l’Spd al 27, sei soli punti di scarto e, nelle preferenze ai candidati il socialdemocratico Steinmeier aveva superato la cancelliera Merkel. La domenica, con i risultati di Forschungruppe, la Cdu tornava a un più tranquillo 37 per cento e l’Spd ripiombava a un preoccupante 24: tredici punti di distacco.
Quella che non cambia, in tutti i sondaggi, è l’avanzata dei liberali di Guido Westerwelle, segnalati da tutti tra il 15 e il 18 per cento: un balzo in avanti straordinario, tanto più perché maturato in tempi di crisi economica, quando la richiesta di aiuti allo Stato sembrava pover favorire i partiti di sinistra e non un partito ancorato saldamente a politiche di libero mercato. Invece mentre la Linke sembra aver esaurito la sua spinta propulsiva e i verdi consolidano il loro 10 per cento, sono i liberali a prendere il volo.
Gioie e dolori per Angela Merkel. Gioe, perché con i dati più ottimistici si può davvero ipotizzare una campagna elettorale che punti sul ritorno di un’alleanza organica per la Germania, più stabile ed efficace della Grosse Koalition attuale, in grado di affrontare con decisionismo e senza interminabili trattative le emergenze della crisi. Dolori, perché i liberali pescano soprattutto nel bacino elettorale della Cdu. Il calo dei cristiano-democratici e quasi proporzionale alla crescita dell’Fdp e i dissensi interni per la linea troppo sociale della Merkel sono sempre più forti e pubblici e contribuiscono a indebolire l’immagine della Cancelliera. Westerwelle non ha interesse ad abbassare il tono della polemica con la Cdu, perché pur puntando a governarci assieme è così che guadagna voti. Ed è quello che pensano anche gli esponenti della Csu, la costola bavarese della Cdu, che hanno a loro volta aperto il fuoco amico contro la Merkel. In più c’è l’insidia della crisi: l’impressione è che con i sondaggi si ballerà fino a settembre. La partita è tutta aperta.