Berlino, Ampelmännchen, fotowalkingclass
La lista nera è dettagliata come solo i tedeschi sanno fare. C’è un po’ di tutto, dalla kneipe che offre cucina tipica berlinese agli Asia Imbiss proliferati seguendo la moda salutista del lontano Oriente, dal pub irlandese alla taverna greca al fruttivendolo dietro l’angolo. Va da sé, ci sono anche un paio di ristoranti di cucina italiana. Insomma, tutto il panorama della gastronomia multiculturale che fa di Berlino una città mondo. Per ogni locale, la data di visita degli ispettori e le infrazioni riportate. Il ristorante Massai brilla per la sporcizia dei pavimenti e dei frigoriferi. L’Alt Berliner Imbiss ha piazzato un computer nelle cucine. L’Ayuverdic Oasis conserva gli alimenti sul pavimento di uno stanzone troppo piccolo e ci fa fumare gli inservienti. Nel Dubliner Irish Pub gli scaffali li hanno ma non rispettano le date di scadenza. Cosa che accade anche nell’Asia-Thai-Bistro, dove gli alimenti sono tanto avariati da puzzare. Nomi e descrizioni sono ora tutte pubbliche, online, a portata di click dei consumatori, sul sito della circoscrizione di Pankow, uno dei quartieri alla moda nella zona nord di Berlino, noto negli anni della Ddr per essere un po' il centro politico della Germania Est.
La pubblicazione di quella che ufficialmente si chiama Negativliste fa parte del progetto Smiley, avviato dall’assessorato alla Salute della città di Berlino, guidato dalla senatrice Katrin Lompscher, battagliera esponente della Linke, che dice: “Ora chi vuol sapere quali sono i locali che non seguono le norme igieniche previste ha uno strumento in più. E’ un passo importante verso una maggiore trasparenza per i consumatori e mi auguro che presto altre circoscrizioni vorranno seguire l’esempio di Pankow”. Vista l’appartenenza politica della senatrice, una sorta di glasnost in chiave gastronomica.
Nero su bianco sono finiti 39 locali (ma all’inizio erano 42) pescati nella rete dei controlli a partire dal maggio del 2008. L’eco dell’iniziativa è stata notevole e già venerdì prossimo altre circoscrizioni promettono di mettere online, sui loro siti, la relativa lista nera. Le regole da rispettare nei locali che maneggiano prodotti alimentari sono diventate negli ultimi anni più severe. Controlli intensificati ma anche l’obbligo per i titolari di partecipare a corsi specifici sull’igene da mantenere, sul modo di conservare gli alimenti, sui sistemi di refrigerazione e altre diavolerie del settore. Regole non sempre rispettate, come testimoniano le carenze ripetutamente annotate dagli ispettori che svolgono i controlli.
Così, oltre alle multe e alle chiusure imposte, che una volta espletate non cambiano sempre l’andazzo della gestione di cucine e cantine, c’è ora la sanzione peggiore per il gestore di un locale: quella pubblica, quella del cliente che, presumibilmente, passerà le serate e spenderà i suoi soldi altrove. Fa specie ritrovare nella lista anche filiali di catene importanti della gastronomia tedesca. Come la Kamps Bäckerei, un gigante della panificazione i cui negozi sono sparsi a migliaia per tutta la Germania. A Pankow sono finiti sulla lavagna due filiali e in una, fra i cornetti e le pagnotte fragranti, volteggiavano ignare le mosche. Nel ristorante indiano Sangeet, all’angolo tra la Kastanienallee e la Schönhauserstrasse, uno dei cuori della movida notturna berlinese, i topi non sono di casa nella dispensa dove – cita testualmente il rapporto pubblicato online – gli alimenti non incatolati sono conservati in spazi insufficienti.
Sui blog culinari che negli ultimi anni sono spuntati come i funghi per celebrare la dolce vita della nuova capitale europea, prevalgono ironia e delusione: “Cibo delizioso a Berlino”, “Ecco perché i ristoranti falliscono” sono i post già rintracciabili attraverso i motori di ricerca. Ma se i consumatori muovono all’attacco, i ristoratori invocano calma e temono una gogna mediatica. Tra i due locali di cucina italiana che compaiono sulla lista, uno è la pizzeria Fellini sulla Gleimstrasse, l’altro il Maccaroni sulla Lychener Strasse (che peraltro fa parte di un altro quartiere, ancora più noto al mondo dei nottambuli, Prenzlauer Berg). Il suo gestore, Andreas Luckner, è uno dei pochi a non sottrarsi all’assalto dei giornalisti. “Per noi è una catastrofe”, si lamenta sui taccuini del Berliner Morgenpost, “eppure avevamo seguito tutte le indicazioni degli ispettori, abbassando le serrande per due giorni e recuperando le carenze che ci avevano segnalato”.
La sua arringa ha rincuorato altri ristoratori e ha instillato qualche dubbio nelle teste degli amministratori degli altri quartieri. Che, per il momento, non se la sono sentita di seguire l’esempio di Pankow. E’ arrivato il fine settimana tanto atteso dalla senatrice Lompscher ma la lista di Pankow è rimasta l’unica online. La prudenza è subentrata all’entusiasmo. E nella riunione cui hanno partecipato esperti e consiglieri circoscrizionali per la tutela dei consumatori s’è deciso di mantenere quello di Pankow come progetto pilota. Un consiglio di volontari di altri quartieri seguirà l’evolversi dell’esperimento, pronto a valutarne gli effetti e a presentare, entro l’estate, proposte alternative. Da un lato l’Associazione federale dei consumatori preme affinché l’esempio di Pankow sia replicato non solo negli altri quartieri di Berlino ma in tutta la Germania. Dall’altro l’Associazione degli albergatori e dei ristoratori accusa la scarsa credibilità della lista nera: non sono chiari i criteri e le modalità, sostiene, come dimostrano le lamentele di molti malcapitati che avevano già ottemperato alle segnalazioni dei controllori: “Non sarebbero dovuti stare sulla lista, questa è una operazione che va immediatamente bloccata”.
Le ditte più forti sono passate al contrattacco. “E’ una gogna di tipo medievale” accusa al Tagesspiegel l’avvocato Philipp Gregor, ingaggiato da una ditta di catering finita sulla lista di Pankow. Lo studio è il Gregor&Günter ed è specializzato proprio nel diritto dell’alimentazione. La società che rappresenta è stata controllata durante una manifestazione di sei giorni svoltasi in gennaio al Velodrom. Risultato: solo piccole infrazioni. “E comunque che la società si sia ritrovata sulla lista nera senza che alcuno dei suoi titolari sia stato ascoltato in merito è contro la Costituzione”, afferma il legale. Che non contesta la legittimità dell’iniziativa di Pankow ma il fatto che la lista sia stata predisposta senza le opportune controverifiche. Comunque l’iniziativa tiene banco. Qualcosa di analogo è già in vigore almeno in due altre città, New York e Copenhagen. Se la lista di Pankow diventerà anche la lista di Berlino o di tutta la Germania, lo vedremo nei prossimi mesi.