Come previsto all'indomani del voto, la Finlandia ha seguito politicamente la Svezia nella sua svolta a destra. Matti Vanhanen, il premier centrista uscente che aveva governato negli anni precedenti con il partito socialdemocratico, ha ora formato un esecutivo quadripartito con i conservatori della Coalizione Nazionale (i veri vincitori delle elezioni), i verdi e il partito della minoranza svedese. I conservatori finlandesi, che hanno sfiorato il successo pieno giungendo ad un solo seggio dal partito centrista di Vanhanen (e in quel caso avrebbero potuto esprimere il primo ministro) si caratterizzano come una destra liberale, con un programma fortemente incentrato sulle liberalizzazioni economiche: è favorevole al libero mercato, alla riduzione delle tasse, al business.
Sarà dunque interessante seguire nei prossimi mesi come queste idee si applicheranno al governo di una nazione che per lunghi decenni ha visto crescere il proprio benessere grazie al modello opposto di forte presenza dello Stato nell'economia, di ampi sussidi, di welfare efficiente ma costoso. In più si tratta di un governo di coalizione, che ha già inviato segnali di continuità rispetto alle politiche precedenti e che non promette rotture rispetto al passato ma riforme graduali. Il programma economico per il prossimo quadriennio è così sintetizzato: riduzione delle tasse (2,2 bilioni di euro), crescita delle imprese e del lavoro, ma anche aumento della spesa pubblica (1,3 bilioni di euro) per attenuare le disparità sociali e incrementare gli investimenti in educazione e ricerca. Il programma classico di un centrodestra moderato, attraverso il quale provare a combinare un maggiore dinamismo economico e sociale con il mantenimento dell'intervento pubblico in settori decisivi come ricerca e istruzione.
A voler giocare un po' con la geografia, il riposizionamento politico a destra dell'area scandinava trova il suo baricentro proprio nell'area baltica, una delle regioni più dinamiche dell'Europa. Dalla piccola Estonia alla Svezia, dalla Danimarca alla Finlandia si gioca la grande partita della riforma del welfare state nordico, alla ricerca di un nuovo modello che coniughi, appunto, sviluppo economico e tutela sociale (alla quale difficilmente i cittadini scandinavi vorranno rinunciare). E se per l'Estonia il discorso può essere più facile, in quanto si è trattato di sostituire dalle fondamenta il modello autoritario-comunista ereditato dall'Unione Sovietica, per i tre paesi scandinavi la sfida è davvero grande e meriterà una costante attenzione. Tanto più che i successi finora conseguiti dalle riforme scandinave vengono studiati con grande interesse anche dagli esperti tedeschi, alle prese con questioni simili.
Nella geografia nordica, dunque, solo la Norvegia resta sotto la guida di un governo di centrosinistra. Ma la Finlandia dimostra la sua modernità anche nella politica. E senza alcuna differenza fra governi neri o rossi, impone un nuovo record proprio con un esecutivo di centrodestra: su 20 ministri, 12 sono donne. Anche se, va detto per onestà, i dicasteri più importanti restano ancora in mani maschili. Per concludere, interessante anche seguire la coabitazione nello stesso governo fra conservatori e verdi. Un'opzione politica che fa capolino anche in altri Stati dell'Europa centro-settentrionale.