lunedì, maggio 19, 2008

Raccontare gli zingari

Vediamo un po' se si riesce ad allargare il dibattito sulla comunità zingara al di là dei fatti di cronaca. Qui un bel reportage di Andrzej Stasiuk, romanziere polacco, in italiano ripreso dall'Espresso. Articolo bello perché è un racconto onesto, duro e per nulla accondiscendente. Però la prospettiva è un'altra. Più ampia. Perché se tutto si riduce solo all'ordine pubblico e alla sicurezza, i risultati sono le ronde, i progrom, le semplificazioni dei leghisti di tutte le latitudini e di tutti i colori. Il reportage di Stasiuk, con la sua cronaca neorealistica e perfino con la sua provocazione ("assistiamoli a derubarci e a vivere contro di noi") apre le menti e aiuta a discutere. Cosa che non pare sappiano fare le anime belle della sinistra intellettuale e politica italiana. Sì, proprio loro, i leghisti rossi, uguali e speculari ai leghisti verdi che oggi ci fanno vergognare e rabbrividire. Perché i lager del Casilino 900 o di Castel Romano, vere e proprie favelas prive dei servizi minimi per vivere decentemente, si sono sviluppate all'ombra di amministrazioni di sinistra. Che coinvolgevano anche i partiti delle estreme, quelle i cui rappresentanti si vantano di parlare a favore dei "migranti". Favelas che non esistono in nessun altro angolo di paese civile europeo. Perché negli altri paesi, quando va al governo la sinistra (ma spesso anche la destra) fa quelle cose che consentono a chi è presente in un territorio di vivere secondo standard almeno accettabili. E fa politiche di assistenza oltre che ingrassare i bilanci dei palazzinari. Le belle parole stanno a zero, quando si parla di immigrazione. E - lo sappia la destra - anche le brutte parole e le minacce. Problema troppo serio per essere affrontato con gli slogan. Ci si metta a lavorare, senza demagogia: senza lassismo ma anche senza prepotenza. Quanto alla splendida provocazione di Andrzej Stasiuk credo che la risposta sia triste e malinconica. Forse no, non c'è spazio nei tempi moderni per un popolo che vuole vivere senza regole in posti dove le regole esistono. Neppure nell'Europa dove i confini sono caduti, perché poi non è vero che quei confini siano caduti davvero e per tutti. Non sarebbe la prima volta che un popolo perde le sue tradizioni perché quelle tradizioni sono superate dai tempi. Assisterli? Assisterli per derubarci? Mi pare difficile. Solo una bella provocazione letteraria.

Piccola aggiunta. Dice cose sensate Michele Salvati sul Corriere della Sera, che inchioda l'Italia alla mancanza di politiche pubbliche adeguate al problema dell'immigrazione (e dunque la critica coinvolge nel complesso tutti coloro che hanno avuto responsabilità di governo, a livello nazionale e locale, come si diceva prima). La colpa degli italiani (qui però non solo dei politici) è di scaricare su un'etnia una colpa che è innanzitutto della propria cattiva amministrazione. Sia sul tema dell'accoglienza (nella Germania dalla quale scrivo non ci sono meno immigrati ma molti molti di più e generalmente ben integrati: frutto di politiche che costano ma alla fine sono soldi ben spesi e che sempre ritornano sottoforma di tasse, migliore integrazione, meno spese per l'ordine pubblico). Sia su quello della repressione: arrestare chi delinque, processi equi e rapidi, certezza della pena (sempre per riferirsi al caso concreto tedesco, non ci sono molte aree di lassismo nelle quali arrabattarsi): anche questo costa, perché per tenere la gente in galera (e anche qui in maniera dignitosa) bisognerebbe evitare gli indulti e costruire più carceri e più moderne. Insomma, Salvati fa poi l'elenco delle cose che si dovrebbero fare per riportare il tema dell'immigrazione sotto controllo - anche verbale - ed evitare la trappola del razzismo o della risposta fai-da-te. Ma pare un elenco al di sopra delle capacità della nostra classe politica. Che tuttavia forse non è la peggiore d'Europa. Come giudicare, altrimenti, l'incontinenza verbale dell'esecutivo di Zapatero che solo qualche mese fa aveva compiuto la scelta che ci rammenta Camillo?