Una doccia fredda per chi sostiene che il sistema elettorale tedesco possa essere la panacea dei mali italiani. Dall'Assia, al termine di una giornata piena di colpi di scena, emerge una situazione di ingovernabilità che potrà essere risolta solo con una buona dose di Realpolitik da parte di quei leader che fino a due minuti fa hanno giurato e spergiurato che non avrebbero mai governato assieme. In realtà non è più il sistema elettorale a garantire la governabilità del sistema tedesco ma la condivisione, pur fra partiti alternativi, di un minimo comun denominatore. Cosa che, mi pare, manca in Italia.
Da Wiesbaden giungono dunque questi segnali contrastanti. La CDU perde sonoramente ma per uno 0,1 per cento rimane primo partito. Roland Koch e la sua visione di destra identitaria escono sonoramente sconfitte: un campanello d'allarme a Berlino non tanto per la Merkel (come suggerisce erroneamente Repubblica: ma chi gliela racconta a Ezio Mauro la politica tedesca?) quanto per l'ala più cattolico-conservatrice della CDU. L'SPD ottiene un risultato insperato e la sua candidata può legittimamente considerarsi la vera vincitrice della campagna elettorale. Ma resta quello 0,1 per cento indietro e dunque, per prassi consolidata, in caso di Grosse Koalition, le toccherà il ruolo di sorella minore. Cioè, può scordarsi di diventare presidente. Chi trionfa è la Linke, che a parole resta fuori da qualsiasi gioco di alleanze. Mai così bene i liberali che tuttavia, per bocca del suo esponente di spicco della regione, chiudono le porte a una coalizione con SPD e Verdi e si dichiarano disposto all'opposizione: il manuale di scienza della politica considererebbe una posizione di questo genere estremamente impolitica. Non bene i Verdi, almeno qui in Assia, nonostante il soccorso di Joschka Fischer nella volata finale: perdono un po' di voti (il 2 e mezzo per cento) e non arrestano la tendenza degli ultimi anni a un costante calo. Serve a poco consolarsi con la sconfitta di Koch: non è merito loro.
Soluzioni. Grosse Koalition con un presidente CDU diverso da Roland Koch. Sarebbe uno strappo alle consuetudini della politica tedesca in quanto presidente diventerebbe un esponente che non ha nemmeno partecipato alla campagna elettorale. Grosse Koalition con Ypsilanti presidente: strappo anche questo, l'SPD è comunque un soffio dietro la CDU. Ampelkoalition, SPD, Verdi e liberali, ma i "gialli" come visto nicchiano. Jamaikakoalition, CDU, liberali e Verdi, difficile con la CDU di Koch. Coalizione rosso-rosso-verde, magari solo con l'appoggio esterno della Linke (peraltro già offerto dal leader locale della sinistra). Tutte queste alternative (esclusa la Grosse Koalition) prefigurano il futuro della politica tedesca, che ormai dovrà trovare soluzioni inedite in un quadro politico probabilmente destinato ad esprimere stabilmente cinque partiti. Per il momento i partiti hanno appena iniziato a sondare nuove alleanze (il dibattito nell'SPD sull'agibilità della Linke o gli ammiccamenti della CDU verso i Verdi) ma siamo ben lontani dall'aver trovato terreni comuni. Per questo motivo i giorni prossimi saranno interessanti. L'instabilità politica dell'Assia apre la strada verso soluzioni inedite e dunque innovative. Difficile condividere l'opinione secondo la quale tutto questo non avrà riflessi sulla politica nazionale tedesca. A Berlino, al contrario, si sta con le orecchie ben tese verso quanto accade a Ovest del paese. E per un giornalista, che deve raccontare e non tifare o teorizzare, il risultato di Wiesbaden è quanto di meglio ci si potesse aspettare. Ne vedremo delle belle nei prossimi giorni. E saremo felici di raccontarvele.