martedì, aprile 12, 2005

Olanda - L'inchiesta di Magdi Allam/1

L'INCHIESTA / 1
«Troppe libertà, in Olanda integrazione fallita»
Nel Paese delle 187 etnie: la tolleranza? E’ stata solo indifferenza. L’islam è qui per restare
di Magdi Allam

AMSTERDAM - Multiculturalismo, addio. L’idea che fosse sufficiente concedere la libertà a tutte le etnie e a tutte le religioni, nel nome del relativismo culturale, affinché la libertà diventasse patrimonio comune, si è rivelata una mera chimera, l’inesorabile suicidio di una civiltà. Proprio l’Olanda, la patria delle libertà, il laboratorio più avanzato del multiculturalismo, è in profonda crisi. Tutti, a sinistra, al centro e a destra concordano che il multiculturalismo è una scatola vuota di valori, incapace di cementare una identità condivisa.

Che l’indifferenza camuffata da tolleranza ha riprodotto il sistema coloniale dell’ apartheid , la segregazione razziale, all’interno stesso della madrepatria. Che accordare la cittadinanza senza garanzie non solo non porta all’integrazione ma accelera la conflittualità e la disgregazione sociale. Che il passaporto non è affatto sinonimo di identità nazionale. Crolla così il mito della pillarization , una struttura sociale che si immaginava potersi reggere sui pilastri dell’autonomia etnico-confessionale. Che ha invece partorito un mostro policefalo segmentato in compartimenti stagni, con i quartieri-ghetto e quelli off- limits per i non olandesi, con le scuole bianche e quelle nere. Dove la discriminazione è ufficialmente sancita dalla distinzione tra cittadini autoctoni, alloctoni occidentali, alloctoni non occidentali e, al gradino più basso, immigrati privi di cittadinanza.

Il trauma che ha segnato l’Olanda all’indomani dell’assassinio di Theo van Gogh lo scorso 2 novembre, sgozzato nel centro di Amsterdam da un terrorista islamico olandese di origine marocchina, in teoria un cittadino integrato, ha costretto l’opinione pubblica e l’intera classe politica ad ammettere che non è più possibile andare avanti nell’inganno del multiculturalismo. C’è consenso sul fatto che si sia trattato di un’esperienza fallimentare, un capitolo della storia contemporanea che deve essere archiviato. La divergenza fra destra e sinistra riguarda la modalità con cui superare l’errore del passato senza far esplodere lo scontro sociale, un obiettivo tutt’altro che semplice dal momento che non è chiaro quale potrebbe essere il modello di integrazione alternativo da perseguire. «La politica multiculturale è oggi totalmente sorpassata nei Paesi Bassi. E’ stata una maniera pigra di pensare della società olandese. Possiamo dire che si trattava di una scatola vuota - afferma Jozias van Aartsen ricevendomi nella sede del Parlamento dove presiede il Partito popolare per la libertà e la democrazia (Vvd, membro del governo) -. Non abbiamo trasmesso i nostri valori agli immigrati. Non siamo stati in grado di dare loro lavoro: il 60% dei giovani della seconda generazione è disoccupato. Se non ti sai esprimere nella lingua del luogo non puoi trovare lavoro».

Jaffe Vink, editorialista del quotidiano Trouw , espone un caso concreto. Dalla sua confortevole residenza ad Amsterdam spiega: «Nel nostro quartiere c’è una scuola dove il 95% degli studenti sono stranieri, di seconda e terza generazione. Ebbene, dall’interno della scuola opera una banda di giovani delinquenti marocchini che terrorizzano il quartiere. Negli scorsi mesi una famiglia olandese si è trovata costretta ad abbandonare la propria casa. Eppure il sindaco non è stato capace di affrontare la situazione. Per noi è difficile fare fronte alla violenza. Credevamo di vivere in una città, in una nazione di pace. Invece la criminalità è aumentata del 100% negli ultimi 40 anni. E’ molto difficile parlare di questo. Non vedevamo il problema, il tutto è reso ancora più difficile perché la maggior parte della criminalità è alloctona. E il 50% delle vittime degli assassini è alloctono. Secondo una previsione nel 2050 le quattro principali città olandesi saranno al 50% alloctone. Ma non c’è mai stato un dibattito democratico al riguardo». Vink affronta la questione cruciale: «E’ l’indifferenza dello Stato la causa dello sviluppo dell’estremismo islamico. Qui i marocchini non possono continuare a vivere come vivevano nel Rif. Devono cambiare le loro abitudini. Eppure noi non vedevamo l’enorme gap culturale. Credevamo che acquisendo la nostra cultura avrebbero perso parte della loro. In più non siamo stati chiari sulla nostra cultura, sui loro doveri. Non siamo stati severi. Abbiamo avuto troppa fiducia in noi stessi». Questa la sua conclusione: «Il multiculturalismo è, come diciamo in Olanda, Madurodam (l’equivalente della Minitalia), è cosa finita. La società multiculturale non esiste. E’ un’idea sbagliata. E’ piuttosto una società multietnica, ci sono molti gruppi etnici, circa 187 nazionalità ad Amsterdam. Se si pensa a una società multiculturale si pensa a un melting pot , a un crogiolo, ma non è il nostro caso. Da noi non c’è fusione, non c’è compenetrazione».

Il ministro dell’Integrazione Rita Verdonk, liberale del Vvd, dopo l’assassinio di Theo van Gogh ha sostenuto: «In questo Paese nessuno può essere ucciso per avere espresso la propria opinione. Siamo a un crocevia. Solo noi possiamo decidere quel che vogliamo, che strada scegliere. Vogliamo forse cadere nella spirale dell’alienazione e della polarizzazione, della paura e dell’odio?». La Verdonk ha presentato una proposta di legge per rendere obbligatorio un «corso di integrazione» ( inburgeringcursus ) per chiunque non abbia avuto almeno otto anni di istruzione obbligatoria in Olanda. Si tratta di circa 775 mila alloctoni a cui si richiederà di rinunciare alla cittadinanza d’origine, di imparare la lingua olandese, di conoscere la cultura e d’interagire con la società olandese.

Se si va ad ascoltare l’altra campana, ad esempio il sindaco laburista di Amsterdam Job Cohen, si scopre che la sostanza non cambia anche se i toni sono diversi. Dall’assassinio di van Gogh, il tema della sicurezza domina la sua agenda, come si deduce dall’appuntamento successivo al mio con il ministro dell’Interno. Lo stesso Cohen, che è ebreo, insieme al suo assessore per l’Istruzione Ahmed Abutaleb, che è invece musulmano di origine marocchina, è stato minacciato dai terroristi islamici. «La posizione dei musulmani, soprattutto dei marocchini, è diventata più difficile - esordisce Cohen -, il capo del partito laburista Wouter Bos ha detto: "L’islam è qui per rimanere". Quindi la domanda se sarà possibile o no vivere insieme è importante. E’ un processo che richiederà tempo. Dobbiamo vivere insieme. La domanda è come». Lo stesso Cohen si dà una risposta: «Le persone si dovranno confrontare più di prima. Forse c’è stata troppa tolleranza, che forse non era vera tolleranza, ma una sorta di indifferenza. Non possiamo andare avanti con questa indifferenza. Si dovranno confrontare di più le persone, i modi di pensare. Solo così si potranno conoscere a vicenda». Anche Cohen concorda sul fatto che non si possa prescindere da un sistema di valori condiviso: «Nell’ultimo mese si è discusso molto dei diritti costituzionali: libertà di espressione, libertà di religione. Ora la costituzione è molto più importante di quanto non credessimo prima. Questi diritti sono i Paesi Bassi stessi. Siamo una terra di minoranze e le minoranze devono andare d’accordo, discutendo, negoziando».

Perfino un deputato di origine marocchina, Ali Lazrak, dimessosi dal Partito socialista, pur interpretando un sentimento diffuso tra i musulmani, denuncia il sostanziale fallimento del multiculturalismo: «Sono pessimista. Ho paura del futuro. Tutti sono contro gli immigrati. Tutti considerano i musulmani dei potenziali terroristi». Sorseggiando un cappuccino fa la sua analisi: «La causa principale è che gli olandesi hanno una differente concezione della tolleranza. In realtà loro sono indifferenti. Dopo 40 anni di emigrazione scopriamo che non c’è integrazione. Gli olandesi non hanno mai chiesto agli immigrati di parlare la loro lingua, hanno considerato il hijab un fatto che non li riguarda, ci sono scuole islamiche finanziate dallo Stato che insegnano alle ragazze che non devono stringere la mano agli uomini». E aggiunge: «I Paesi di origine hanno ostacolato l’integrazione legando a sé gli immigrati. I marocchini acquistano la casa in Marocco ma non ne possiedono una in Olanda. Sono sorti ghetti etnici, quartieri popolati da soli turchi o da soli marocchini». Questa crisi di identità è probabilmente sintetizzata da Hafid Bouazza. che nel suo libro autobiografico «Een beer en bontjas» (Un orso con la pelliccia) scrive: «Lo scrittore olandese marocchino cammina con una ciabatta in un piede e uno zoccolo di legno nell’altro... e non è facile».

Se l’assassinio di van Gogh è stato il colpo di grazia al multiculturalismo, è altrettanto evidente che questa crisi ha messo a nudo la fragilità dell’identità nazionale di un Paese simbolo dell’Occidente, percepita come una somma di culture diverse senza radici comuni e priva di un modello di società condiviso. E in cui l’integralismo e l’estremismo islamico fanno proseliti tra i giovani in crisi di identità e alla ricerca di valori forti. Sono tante le domande disattese che generano paura e disorientamento. La sola certezza è che si è infranto un mito che per oltre mezzo secolo ha affascinato e illuso, è crollato un altro muro ideologico dietro cui si celavano l’ingenuità dell’Occidente e la malizia di quanti in un modo o nell’altro mirano a distruggere la civiltà dell’Occidente.

(19 dicembre 2004)