Berlusconi è contrastato. Non può fare il "caimano". Prendersela con i comunisti e con la sinistra. Non solo perché oggi di fronte ha i democratici. Mentre i comunisti e la sinistra stanno "più in là". Ma, soprattutto, perché non ha interesse ad accendere troppo la campagna elettorale. Per timore di "mobilitare" gli elettori delusi, che oggi stanno, in larga parte, a centrosinistra. Fatica, inoltre, a sfruttare il principale argomento che gli fornisce consenso: la sfiducia nel governo Prodi. Perché di fronte, oggi, c'è un leader diverso: Veltroni. Il quale ha fatto del "nuovo" un marchio personale. Per questo il Cavaliere e il Pdl parlano, con insistenza, del "Pd di Prodi". Tuttavia, non è un'operazione facile. Perché il Pd, oggi, è un partito personalizzato, al servizio di Veltroni. Perché Berlusconi stesso evita lo scontro diretto con Veltroni. Lo accusa, semmai, di copiargli i programmi. E invita, anzi, gli elettori a scegliere fra loro due. Berlusconi o Veltroni. Perché oggi il vero nemico per Berlusconi non è il comunismo, ma il "casinismo". La sfida vera, per lui, è contro Casini e l'Udc. I principali freni alla sua crescita elettorale. Per questo insiste nel definire "inutile" il voto a questi "piccoli partiti". Anzi: un sostegno alla sinistra.
Veltroni, parallelamente, ha il problema di evitare una campagna retrospettiva. Sfuggire al passato. (In qualche modo: a Prodi). I suoi messaggi, per questo, evocano il "nuovo". Il "futuro". Incitano a non camminare con la testa "voltata indietro". A "guardare avanti". In sintesi: a scivolare da sinistra per avvicinarsi al centro. Il vero terreno di battaglia, oggi. Per entrambi i partiti "nuovi". Per i due candidati Presidenti.
(estratto da Ilvo Diamanti, Il voto all'ombra del muro di Arcore, la Repubblica)