Fra poco si va all'Olympiastadion dove io e Luca Toni ritroviamo lo stadio magico della notte mondiale. Hertha Berlino-Bayern Monaco è una specie di Roma-Milano (Lazio-Milan o Roma-Inter, fate un po' voi). Semplicemente, si detestano, con reciproci ottimi motivi. A me di questa rivalità frega un po' di meno. Spero che l'Hertha si prenda i tre punti (anche se avendola vista quest'anno faccio fatica a capire come) e che Toni faccia una buona partita (le due cose non sono in contraddizione, sanno un po' di democristianeria ma insomma potrebbe finire 3 a 2 per "noi berlinesi" con doppietta di Toni dall'altra parte). In realtà mi frega di più che fa un freddo cane, c'è solo un grado e mi hanno consigliato di portare allo stadio la copertina di lana, come il nonno. Se sopravvivo vi faccio sapere il risultato finale.
Aggiornamento. Sono sopravvissuto, Toni non c'era perché alla fine infortunato, la partita è finita zero a zero ma è stata vivace e la copertina del nonno provvidenziale. I giornali bavaresi si chiedono cosa stia accadendo al Dream Team di Monaco, che nelle ultime settimane s'è fatto risucchiare dal Werder Brema. La risposta è semplice: il Bayern ha un'ottima squadra ma un solo attaccante di razza. Luca Toni. Quando non c'è, vanno in bianco. Ma lì si sono convinti che Miroslav Klose sia un attaccante pure lui. Quanto all'Hertha, vale la prima parte della frase che il sindaco Wowereit aveva lanciato qualche anno fa per l'intera Berlino: povera ma bella. Catenaccio e contropiede. In panchina siede uno svizzero di belle speranze noto per il gioco frizzante. Ma la squadra gioca come se fosse allenata da Carletto Mazzone.