Il centrosinistra vince la battaglia parlamentare sulla Finanziaria e avvia nel migliore dei modi la scommessa politica del Partito democratico. Il centrodestra si dilania aspramente dopo aver invano puntato tutto sulla caduta del governo. Il centrosinistra da un anno buono ha avviato un complesso processo politico. Il centrodestra, da un anno buono, non discute, non dibatte, non propone ma fa molta demagogia e pessima campagna acquisti senatoriale con l'intento di riportare un uomo solo, e sempre lo stesso, sulla plancia di comando (a fare cosa di meglio, poi, non è poi dato sapere). I risultati si spiegano facilmente così: il centrosinistra fa politica, il centrodestra no. Se avrò voglia e tempo di tornare per un momento su questo aspetto della vita politica patria, approfondirò questo spunto. Ricordo solo che quando nei mesi scorsi scrissi che il Partito democratico avrebbe avviato un processo che il centrodestra non poteva limitarsi a deridere e che la elezione di Veltroni avrebbe posto anche all'altra parte un problema di leadership e di programmi, bene, quando lo scrissi, ricordo, ricordo bene, che da qualche parte, in fondo a destra, arrivò l'accusa velata di soffrire di complessi d'inferiorità verso l'egemonia della sinistra. Nessun problema, figuriamoci, ci saranno sempre immaginifici sondaggi a scaldare il cuore nei momenti difficili. Nella vita politica reale, invece, il Partito democratico resta l'opzione più interessante di sblocco dello stallo in cui l'Italia è finita in questi ultimi anni. E per il momento, anche l'unica.
Segnalo la differente (e come sempre molto equilibrata) analisi di Stefano Folli dal Sole 24 Ore. Dalla quale dissento su due punti. Il primo: è vero che a sinistra tutte le contraddizioni restano in piedi ma è anche vero che se Prodi e Veltroni trovano una sintonia di azione, il futuro potrebbe essere proficuo per entrambi. L'attuale premier non può che giovarsi dell'appoggio di un leader di partito autorevole e Veltroni ha bisogno di arrivare alla campagna elettorale sulla scia di un centrosinistra che recupera consenso. Il secondo: quello che Folli considera un elemento a favore di Berlusconi, io lo considero un elemento a sfavore del centrodestra. E' vero che l'ex premier mantiene un carisma ineguagliato fra il popolo di centrodestra. Ma a che prezzo? E per farne cosa? Il prezzo è quello di aver ormai assuefatto la sua gente alla demagogia e averla allontanata dalla politica, tanto è vero che molti sono convinti che l'azione politica consista in questa continua produzione di slogan, boutade, tormentoni, barzellette, trasmissioni tv autoreferenziali, giornali autocompiacenti, cortei, vignette e altre amenità del genere. Per farne cosa è poi il discorso principale. Forza Italia difficilmente può sedersi al tavolo di una costruttiva trattativa con il centrosinistra per varare una riforma elettorale perché ha come unico scopo quello di consentire a Silvio Berlusconi di tornare al governo. E l'unico modo che ha di farlo è quello di puntare alla caduta immediata di Prodi. Quel che di buono - o di male, a seconda dei punti di vista - che il berlusconismo ha potuto dare a questo paese (in termini di modernizzazione della comunicazione politica, di sdoganamento del centrodestra come soggetto politico, di consolidamento della tendenza bipolare, di semplificazione del linguaggio politico) appartiene a un ciclo che si è ormai abbondantemente concluso. Il tempo non lavora per Berlusconi. Questo il Cavaliere lo sa: corre controvento e sembra disposto a tutto, pure ad inventarsi un nuovo partito, troppo carico di genitivi per esser serio e troppo carico di riferimenti a repubbliche popolari per non essere comico. Solo che, a mio avviso, il centrodestra non ha bisogno di questo. E l'Italia ancor di meno.