C'è un interessante post di Carletto Darwin, che prende spunto da osservazioni mie e di Phastidio, per allargare l'analisi da situazioni contingenti della politica economica tedesca al più generale rapporto fra mercato e Stato sociale. L'ammirazione che su questo blog si ha per la Germania in particolare, e per gli Stati scandinavi più in generale, non vieta di individuare i punti di crisi che pure queste realtà stanno vivendo. Da sempre sostengo che il confronto con l'Italia appare forzato: purtroppo, il nostro paese si confronta con situazioni molto più fragili, sia sul piano economico-sociale che su quello politico. Scandinavia e Germania poggiano su pilastri che il nostro paese difficilmente potrà raggiungere (e la nostra classe politica, di destra e di sinistra, non è per niente attrezzata a garantire la svolta): investimenti nella ricerca e nell'istruzione sia pubblici che privati, meno sprechi e privilegi e più sostegno ai bisognosi, efficienza nell'erogazione dei servizi pubblici e sociali, corruzione sotto il livello di guardia. In questo caso le tasse alimentano un circuito non parassitario. Ci chiediamo però, dato lo squilibrio demografico europeo e data la maggiore efficienza in alcuni settori dimostrata dall'iniziativa privata, quali siano i margini di riforma di sistemi assistenziali che hanno ben funzionato in passato ma che oggi non sono più sostenibili.
Passiamo ai casi personali. Io non so se pago molte tasse nel mio paese. Credo però che ne pago tantissime per il livello di servizi pubblico che mi viene offerto. C'è qualcosa di più dell'evasione fiscale che non permette efficienza nel nostro paese. E questo è frustrante, specie se si ha occasione di muoversi in Europa. E qui non parlo solo di Germania o Svezia. Fatevi un giro in Spagna per misurare il livello di declino che l'Italia sta vivendo da almeno vent'anni. Altro che deriva berlusconiana. Destra o sinistra, l'Italia resta uno splendido paese... per le vacanze (sempre a patto che abbiate casa di parenti o di amici e non dobbiate svenarvi in un albergo o a ristorante).
Tornando al generale (e concludendo) penso che la diatriba mercato-Stato sociale sia perfetta per i dibattiti accademici o le dispute ideologiche. Non me ne vogliano i massimalisti dei due campi: quando si governa, le decisioni sono sempre assai più complesse e spesso richiedono compromessi. L'importante è non farli al ribasso, cosa che sta accadendo alla Grosse Koalition tedesca. Le scelte nette comportano vantaggi e svantaggi, le soluzioni non sono mai a somma zero. Alcuni paesi possono beneficiare di dosi massicce di deregulation, altri fanno bene a conservare il cuore di un robusto Stato sociale, altri ancora (Cina?) farebbero bene a introdurne un po' (oltre ad avviare una seria democratizzazione, ma questo è ancora un altro discorso). La Germania festeggia a febbraio del prossimo anno l'intuizione di un genio della politica economica post-bellica, la famosa economia sociale di mercato elaborata dal conservatore Ludwig Erhard, ministro dell'economia di Adenauer e suo successore alla Cancelleria. Erano i tempi del Wirtschaftswunder, del miracolo economico. Forse bisognerebbe studiare con più attenzione quei tempi e quelle soluzioni. Certo, oggi c'è la globalizzazione ma - per parafrasare Carletto (del cui post condivido molto, non la simpatia verso il connubio Berlinguer-Moro) - mi pare che la Germania se la cavi molto meglio dell'Italia. Ci sarà un motivo.