martedì, ottobre 11, 2011

HAUPTBAHNHOF ORE 12, SUL LUOGO DEL DELITTO


L'amico cui non si può negare compagnia per tre ore, il tempo (per lui) di attendere la coincidenza per Bonn, ti chiede di passare dall'Hauptbahnhof di Berlino. Il suo treno arriva da Minsk, via Varsavia, motivo in più per non perdere l'occasione di confrontare subito le impressioni di viaggio, di capire se le sue visioni della Bielorussia coincidono con le mie di sei mesi fa, senza aspettare di scambiarsele per telefono. Allora mi sveglio presto, sbrigo i compiti del corrispondente diligente e, (quasi) puntuale, mi imbuco nei vagoni della metro che portano alla stazione centrale.

Un sms mi comunica che il treno viaggia con 40 minuti di ritardo. Allora perdo tempo dalle parti di Friedrichstrasse, fumo una sigaretta sotto la pioggia sottile dell'autunno finalmente arrivato, premo il naso sulle vetrate del nuovo museo del Tränenpalast, dove i berlinesi dell'est e dell'ovest consumavano gli ultimi sospiri prima di saltare legalmente dall'altra parte e pure io ci transitai pieno di emozione e circospezione in quel marzo del 1990, quando il muro era ufficiosamente caduto ma ufficialmente ancora in piedi e per passare dall'altra parte dovevi mostrare al soldatino passaporto e faccia intimorita e cambiare marchi della Bundesrepublik con marchi della Ddr, che poi non sapevi che farci. Tranquilli, non vi parlo del museo: anzi annotatevelo, il lunedì è chiuso.

Così riprendo le scale della stazione di Friedrichstrasse, mi pigio nel vagone della S-Bahn tanto è una sola fermata e arrivo sotto il tunnel di vetro e acciaio della Hauptbahnhof. Sono passati 15 minuti da mezzogiorno, quando secondo le agenzie di stampa un solerte impiegato delle ferrovie ha scovato sette ordigni incendiari che da lì a qualche minuto avrebbero dovuto fare un po' di fuochi d'artificio nel tunnel della stazione. L'allarme è scattato, ma nessuno s'accorge di niente. La stazione è aperta come sempre, c'è un sacco di gente che percorre i corridoi interni, affolla i caffè e i ristoranti e anche i bagni pubblici, pulitissimi ma cari: 1 euro a bisogno. Viaggiatori trascinano i trolley su per le scale mobili che conducono ai binari, sbandati di ogni genere sbandano da un'entrata all'altra dell'enorme cuore ferroviario della capitale: entrano da Europaplatz, escono su Washingtonplatz, prendono una boccata d'aria, chiedono qualche cent o una sigaretta e tornano indietro, percorrendo l'illusione di camminare fra le due sponde dell'Atlantico.

Non c'è un poliziotto, solo i soliti omini della sicurezza interna, non c'è segnale di agitazione, non c'è un'area chiusa da nastri biancorossi, l'unica stranezza è quella dei ritardi segnalati dal tabellone luminoso delle partenze e degli arrivi. Ma non ci faccio troppo caso, se non per guardare quanto ritardo ha ancora il treno da Varsavia. E poi si sa, la Deutsche Bahn non è più puntuale come una volta, ai ritardi ci abbiamo fatto l'abitudine e noi italiani ci sentiamo un po' più a casa nostra e sorridiamo beffardi per i disagi degli indigeni. In mattinata poi, e questo si sapeva, qualche cosa aveva fatto saltare una centralina sulla linea per Amburgo, un attentato dicevano e quindi quella mezzora di ritardo sui treni per il nord era più che giustificata: «Wir bitten um Ihr verständnis», e noi comprendiamo.

Facciamola breve. L'amico arriva, ha fame (io pure) e ci raccontiamo le facce di Minsk addentando baguette in un fast-food della stazione. Poi è l'ora del caffè e per quello bisogna andare al locale italiano, un Segafredo in franchising che dà l'illusione di una moka trangugiabile. E ancora niente e nessuno: agitazione, controllo, sbarramento, allarme. Eppure, da qualche parte laggiù in fondo al tunnel dei binari inferiori, ci deve essere un bel po' di agitazione. C'è una troupe della rete all-news n-tv, il conduttore prende posizione di fronte alle scale mobili che portano ai binari del piano superiore, orologio della Bahn ben visibile sullo sfondo, tutto in ordine, ciack-si-gira. E chissà che dice. È solo sorseggiando il caffè, che sullo schermo televisivo al plasma incastonato nell'angolo del franchising compare il collegamento in diretta con la stazione e la breaking news: «Sventato attacco all'Hauptbahnhof».

Alla fine erano sette ordigni incendiari innescati e non sarebbero scoppiati solo per pochi minuti. Terrorismo di sinistra, dice la polizia. E la Bild calca la mano: siamo di fronte a un pericolo come quello dei tempi della Raf. Ci mancavano i Raffini, dopo i terroristi islamici che hanno fatto sbarrare tutta l'area attorno al Bundestag (e per passare da una parte all'altra meglio prendere l'autobus: consiglio l'85, ma scendete al Kanzleramt, se no finite diritto sull'altra sponda della Sprea), i naziskin e i disadattati che scotennano ignari passanti serali e notturni nelle stazioni della metropolitana. Berlino sta diventando nervosa. Ma non la polizia. Se mai un giorno dovesse accadere che qualche bombarolo riesca a bucare la fitta rete di intelligence, poliziotti e solerti addetti della Bahn, ho l'impressione che non ci accorgeremmo di nulla. A meno di non essere seduti sopra il pacco esplosivo: ma allora che sfiga!