domenica, giugno 13, 2010

La Germania mette la quarta, ora tocca a noi

Una onda elettrizzante che cresceva di intensità fino alle otto e mezzo della sera, tutti i locali con i tavolini all'aperto attrezzati di schermi più o meno grandi, piazze e cortili trasformati in stadi open-air. Berlino ha atteso la prima della nazionale tedesca come fosse una città sudamericana, tifo da finale, abbracci e festa e buona la prima. Quattro a zero ai resti dell'Australia che fu e tutti a sciamare per le strade suonando i clacson come se si fosse a Istanbul. Certo, c'erano pure i turchi, quest'anno orfani della Mezzaluna e tutti convinti sostenitori della squadra della nazione che li ospita. Ma i tedeschi hanno imparato a divertirsi e non sono da meno. La città multi-etnica, poi, sembra fatta apposta per esaltarsi in queste occasioni e ogni comunità di traveste come a Carnevale indossando stracci coi colori nazionali, infilandosi ghirlande di fiori di carta e mettendo sulle auto le proprie bandiere. Per tornare al calcio, la Germania non stecca la prima, unica squadra fra le grandi a iniziare come si deve, forse pure troppo visto che per raggiungere la finale dovrà tirare la carretta per un mese. Comunque la squadra è compatta, solida, geometrica, disciplinata e - soprattutto - sottovalutata.

Intanto fra meno di ventiquattr'ore tocca a noi. Siamo diventati meno divertenti dei tedeschi, non mettiamo le bandiere alle finestre, quelle per la macchina non sappiamo neppure cosa siano, gli stranieri li guardiamo storti e non li invitiamo a festeggiare insieme a noi e, siccome l'inno non lo abbiamo mai imparato a memoria, ora preferiamo cantare il Va pensiero. Quelli che sono qua, però, tengono alto il morale, insomma non siamo né favoriti né forti, nessuno ha capito cosa Lippi abbia in mente per questo mese anche se bisogna ammettere che - forse tranne un caso rischioso - non è che abbia tenuto a casa chissà quale talento. Abbiamo vinto la Champions League, ma tutti i campioni dell'Inter vestono altre maglie nazionali. L'Italia si è impoverita di classe in quattro anni, i sopravvissuti del 2006 tirano gli ultimi calci della carriera e anche l'allenatore ha già le valige pronte. Però siamo i campioni del mondo uscenti e abbiamo una tradizione che può portarci avanti, magari con l'esperienza. Insomma, ora tocca a noi: forza azzurri!