giovedì, luglio 29, 2010

L'ultimo mistero di Nicolae Ceausescu

È di qualche giorno fa la notizia che in Romania sono stati esumati i corpi del dittatore Nicolae Ceausescu e di sua moglie Elena. Su richiesta dei parenti, il figlio Valentin (unico rimasto in vita) e il genero Mircea Oprean (marito della defunta Zoe, morta di tumore quattro anni fa), gli esperti dell’istituto di medicina legale di Bucarest dovranno accertare, attraverso la prova del Dna, se i corpi contenuti nelle bare siano davvero quelli dei coniugi Ceausescu. A lungo i figli del dittatore avevano avanzato questa richiesta ma solo nel giugno di due anni fa la corte d’appello di Bucarest ha ordinato al ministero della Difesa di «presentare ai parenti prove inconfutabili sulla sepoltura della coppia». Tempo sei mesi e i medici scriveranno la sentenza definitiva su uno dei tanti misteri che ancora aleggiano su una delle vicende più oscure della stagione rivoluzionaria che nel 1989 portò al crollo dei regimi comunisti nell’Europa orientale. Altri misteri, tutti politici, restano a vent’anni di distanza ancora aperti e proiettano le loro ombre sulla Romania di oggi [... continua su East Side Report].

domenica, luglio 11, 2010

Nuova? No, lavata con Perlana

Vale la pena fare una pausa di viaggio per farsi un giro nelle meraviglie della stampa italiana. Siamo in estate e sui siti abbondano notizie estive di colore. A Berlino c'è una piscina piazzata sulle acque della Sprea, dove si può andare a nuotare. Repubblica ne pubblica le foto e per dare più enfasi alla notizia, vi racconta che questa cosa - che si chiama Bedeschiff - è una sorta di nuova meraviglia. Per non sbagliarsi, dice proprio: "la nuova piscina galleggiante inaugurata nella capitale tedesca sulla Sprea". Sapete quando l'hanno inaugurata? Nel 2004, sei anni fa. Siccome funziona come sauna anche d'inverno - la coprono con un telone e la surriscaldano - quando a gennaio leggerete di una nuova inaugurazione, sappiate che Repubblica vi sta dando una notizia falsa. Insomma, c'è di peggio nel panorama italiano, ma perché esagerare?

mercoledì, luglio 07, 2010

On the road: Ucraina

È tempo di rimettersi lo zaino sulle spalle e partire. Destinazione Ucraina: Kiev, Odessa, Sebastopoli, Jalta, Simferopoli e tutto il resto che l'avventura ci metterà di fronte. Per le prossime settimane, il blog sarà aggiornato se e quando ce ne sarà l'occasione. Intanto, godetevi l'inedita finale Olanda-Spagna. Chi vincerà sarà per la prima volta campione del mondo.

Germania, l'altra faccia dell'integrazione

Ovviamente non c'è solo Mesut Özil in Germania. La situazione di molti immigrati nel mercato del lavoro e nell'istruzione appare per molti versi drammatica secondo il rapporto governativo che inquadra la situazione degli stranieri nel paese. La segretaria di Stato Maria Böhmer spinge a favore di un rinforzato impegno dell'esecutivo per affrontare il problema. L'approfondimento, in tedesco, nell'analisi di Euraktiv.

Quindici


Biergarten berlinese durante i mondiali sudafricani. © plm

Jogi Löw, l'esteta alla guida della nuova Germania

Al triplice fischio finale di Argentina-Germania, mentre Maradona bagnava di lacrime le maglie inutilmente sudate dei suoi giocatori, l’intera città di Berlino è esplosa riversandosi per le strade come fosse una capitale brasiliana o mediterranea. Bandiere, auto, clacson e le vituperate vuvuzelas, ormai arrivate su tutte le bancarelle tedesche, hanno descritto la colonna sonora dell’entusiasmo di una nazione che fino a un decennio a guardava con sospetto qualsiasi espressione di nazionalismo, perfino nella versione goliardica del football [... continua su East Side Report].

Nuove scaramanzie fra Mick Jagger e il polpo Paul

Due sono le leggende più divertenti di questo mondiale. Della prima si è persa traccia. Non si trova più Mick Jagger. Ha seccato in fila Stati Uniti, Inghilterra e Argentina, squadre per le quali diceva di tifare, fino al punto di seguirle personalmente dagli spalti nelle sfortunate partite con Ghana e Germania. Se ti becchi una nomea del genere, poi difficile che te ne scolli. Così i brasiliani hanno sudato freddo quando si è sparsa la voce che la rock star aveva in programma di assistere a Brasile-Cile per testimoniare la sua simpatia carioca. Ma tanto è bastato per uscire al turno successivo.

Chi scaramantico non è affatto è il tifoso di calcio tedesco. Sono settimane che va in giro con la maglietta «campioni del mondo», riciclata per l'occasione dopo quattro anni di naftalina: è la stessa che indossava la volta scorsa, ma la lezione non è servita. Ricordo che nella Berlino mondiale del 2006, i passanti sorridevano soddisfatti di fronte a un grande cartellone pubblicitario della Coca Cola, piazzato sulla Unter den Linden, che diceva più o meno: «Statisticamente, la Germania vince il campionato del mondo ogni volta che lo ospita». Era una battuta. La Germania, o meglio la Germania Ovest, lo aveva ospitato una sola volta, nel 1974, e lo aveva vinto. Il calcolo statistico era così complicato che sarebbe riuscito pure a me, tuttavia la cosa curiosa era che i tifosi berlinesi guardavano il cartellone felici e sorridenti, già pregustando il trofeo promesso dai geni del marketing di Atlanta. Lo avessero appeso a Napoli o a Roma un cartello del genere, bande di facinorosi lo avrebbero tirato giù in dieci secondi. Da noi il massimo della spavalderia si riduce al famoso «non succede, ma se succede». Tutti ricordiamo come andò a finire a Berlino 2006, anche se consiglio di non andarlo a raccontare a questo tipo qui, malauguratamente doveste incrociarlo.

La seconda leggenda riguarda infatti la Germania. Un brivido di paura attraversa il paese da quando il polpo Paul s'è venduto per un cucchiaio di paella. Finora le ha azzeccate tutte e dunque le sue profezie sono seguite con la stessa tensione di un calcio di rigore al 93' (o al 123'). Rinchiuso dentro un acquario addobbato con improbabili palloni da calcio, il povero Paul è costretto a scegliere fra due scatole trasparenti sulle quali sono appiccicate le bandiere della Germania e della squadra avversaria. Stanco della bandiera nero-rosso-oro, Paul ha scelto di arrampicarsi su quella della Spagna e i tedeschi si sono dimenticati di non essere scaramantici. Qualcosa sta cambiando, nonostante le magliette «campioni del mondo». L'allenatore Jogi Löw, che come vi racconterò nel prossimo post è un vero esteta, avrebbe voglia di cambiarsi la maglietta azzurra che dall'inizio del mondiale sfoggia in panchina. Ma i suoi calciatori gliel'hanno proibito, così è stato costretto a lavarla e domani dovrebbe essere regolarmente al suo posto con il capo portafortuna. Intanto il povero Paul rischia di finire sulla griglia. È lo spirito del nuovo tempo: non risulta che quattro anni fa la vendita di Coca Cola sia diminuita.

L'eccitazione per la fase finale del mondiale qui si avverte a ogni angolo. Ho perso il primo tempo della semifinale Olanda-Uruguay perché ero a lezione di tedesco (dal miglior professore di lingue che mi sia capitato di incontrare nella mia lunga e infruttuosa carriera di apprendista di idiomi stranieri, ma non rischio la piaggeria perché, ove dovesse scoprire questo blog, non sa una parola di italiano). Tuttavia sono stato costantemente informato sull'andamento della gara dall'autista del bus sul quale rientravo a casa. Poco prima della fermata di Potsdamer Platz, il buon uomo ha avvertito i passeggeri che l'Uruguay aveva pareggiato (tra l'entusiasmo dei viaggiatori) e appena superata la fermata di Kleistpark sono stato aggiornato sul fatto che il primo tempo si era concluso 1-1. Tutto via altoparlante. Il secondo tempo l'ho visto a casa ma mi sarebbe piaciuto assistere alle reazioni sul 48 (il numero dell'autobus) ai due gol dell'Olanda.

Il tragitto è durato una ventina di minuti, dall'Alexanderplatz a Schöneberg. Non ricordo più dove, mi si è seduta accanto un'anziana signora. Questa volta mi ero portato un libro appresso, per ammazzare il tempo durante il percorso. Una cosa un po' pallosa, la storia dell'Ucraina moderna, non temete, non vi do gli estremi del libro. Dopo qualche minuto la signora mi ha chiesto se poteva farmi una domanda. Mi è sembrato sgarbato dirle di no, anche se avrei voluto. «Il libro che sta leggendo è in spagnolo?», mi ha chiesto. Mi sono ricordato che in semifinale la Germania gioca con la Spagna e, temendo il replay della vicenda di Hannover, mi sono affrettato a smentire: «No signora, non si preoccupi, è in italiano». E poi, per consolarla: «Sa, le due lingue sono simili, ma noi siamo già usciti dal mondiale». Speravo fosse finita lì. Ma quando mi sono alzato per uscire, l'anziana signora mi ha rivolto un sorriso aperto dicendo: «Sarebbe entusiasmante una finale Olanda-Germania, vero?». A naso non penso che la signora abbia mai visto una partita di calcio, ma credo sia impossibile vivere a Berlino in questi giorni senza aggiornarsi sulle ultime vicende pallonare.

Intanto la serata è passata e sappiamo che la finale la giocherà l'Olanda. Ah, l'Olanda. Un test su Facebook (di quelli tipo l'oroscopo, non è vero ma ci credo) mi ha rivelato che sarebbe quello il mio paese ideale. Infatti mi piace. Mi piaceva, soprattutto, la nazionale olandese degli anni Settanta. Io resto - calcisticamente parlando - un tardelliano militante (nel senso di Tardelli) ma Cruijff è un mito dal quale non sono mai guarito. Mi piaceva tutto di quella squadra, il pressing asfissiante a tutto campo, l'atmosfera da figli dei fiori che emanavano i giocatori, le serpentine inarrestabili del già citato Cruijff e pure la melina, che faceva incazzare tutti e a me divertiva da morire, cento passaggi di lato e all'indietro mentre gli avversari osservavano impotenti e il pubblico fischiava spazientito: erano dei fantastici strafottenti. Quella di oggi la ricorda solo per il colore della maglia e per le «ij» che adornano i cognomi di Cruijff e Sneijder, ma ha un compito da assolvere: vendicare due finali perse contro i padroni di casa sfacciatamente favoriti dagli arbitri del tempo. Se la Germania va in finale, per me diventa dura, perché questa nazionale tedesca mi piace davvero tanto. Come dite? Chi li sopporta i tedeschi se vincono? E chi se ne frega, tanto fra due giorni parto, la finale la vedo fuori. Dove? In Ucraina, ovviamente. Ma tranquilli, vi risparmio le coordinate di quel libro.

lunedì, luglio 05, 2010

Prince, ritorno al futuro

Un tuffo nel passato, nella musica pop degli anni Ottanta. Prince suona, canta e balla a Berlino, alla Waldbühne, questa sera, nell'unico concerto tedesco del suo tour europeo. Ormai vado solo a questo tipo di concerti (l'ultimo, un paio d'anni fa, quello dei Cure) a vedere di persona come siamo invecchiati. Ora aspetto solo di incocciare Morrisey e un po' mi dispiace di perdere in estate la performance dei Pogues (immagino che neppure sappiate chi siano). Nel derby pop degli anni Ottanta, quello fra Michael Jackson e Prince, io stavo dalla parte del primo. Ma Prince è l'unico dei due rimasto sulla scena, e forse stasera cambierò idea.

Tredici


Varsavia di notte, il palazzo della cultura, © plm

Tusk-Komorowski, il tandem polacco

Vittoria di misura ma di grande importanza per Bronislaw Komorowski, eletto nuovo presidente della Repubblica. Dopo molti anni, i due vertici della politica polacca appartengono allo stesso partito - il liberal-conservatore Piattaforma civica - e hanno le stesse idee. Riformismo, filo-europeismo, moderatismo. Quest'ultimo è già il filo conduttore della politica estera, da quando quasi tre anni fa Donald Tusk salì al governo del paese. Ora ci sono molti mesi davanti per proseguire su una strada che la maggioranza dei polacchi gradisce [... continua su East Side Report].

Polonia all'ultimo respiro

Primi dati scrutinati, Komorowski davanti. Poi la rimonta e il sorpasso. Con la metà delle schede scrutinate, il testimone passava a Kaczynski. Ancora numeri e schede e con l'80 per cento scrutinato torna avanti Komorowski. Vantaggi sempre ridottissimi, ma forse è l'allungo finale. Sarà comunque una notte lunga a Varsavia, con il fiato sospeso fino all'ultima scheda. I primi exit poll avevano fornito un risultato più netto a favore di Komorowski: 53,1 contro 46,9, tanto che Jaroslaw Kaczynski aveva concesso la vittoria congratulandosi con l'avversario. I risultati in tempo reale potete seguirli su Gazeta Wyborcza e Rzeczpospolita.

domenica, luglio 04, 2010

East Side Report ai quarti di finale

Resta un mistero il modo in cui vengono compilate certe classifiche ma, come direbbe Jogi Löw, meglio star dentro che fuori. Così East Side Report, il blog-sito che segue in lingua italiana gli eventi dell'Europa centro-orientale entra nella top-ten di Wikio (categoria "internazionale") e si piazza all'ottavo posto. Giusto in tempo per giocarsi i quarti di finale. Se fossimo su Facebook accompagneremmo la notizia con un bel "mi piace". Siccome siamo quelli che a East Side Report dedicano tempo e passione, diciamo solo che questo risultato (importante o inutile che sia) ci ripaga del lavoro fatto, ci spinge a migliorarlo ancora e ci obbliga a ringraziare tutti i lettori che ne hanno fatto un luogo importante per l'informazione su un'area geografica che in Italia non gode della giusta considerazione. Però, in una fase in cui i grandi giornali sono alla ricerca di blog di qualità per completare la loro informazione online, beh, se a qualcuno viene l'idea di contattarci... yes, we can.

A Varsavia che giorno è?

I sondaggisti e i commentatori del luogo prevedono un testa a testa: Komorowski-Kaczynski, se fossero di fronte su un campo di calcio dei mondiali se la giocherebbero ai rigori. Per il gemello rimontante è già una mezza vittoria. Sul lato governativo le preoccupazioni sono legate al voto delle città, tradizionalmente più distratto rispetto a quello delle campagne: le prime privilegiano il voto a Piattaforma civica, il partito di governo che sostiene Komorowski, le seconde sono il terreno di pesca di Giustizia e Libertà, la formazione di Kaczynski. In più, nonostante il nuovo corso di Donald Tusk incontri il gradimento della maggioranza dei polacchi, restano molte questioni su cui i nazional-conservatori di Kaczynski offrono a una parte dell'elettorato rassicurazioni maggiori. Tre anni fa, seguendo le elezioni politiche che segnarono la vittoria di Tusk e la sconfitta di Jaroslaw Kaczynski, cercammo di inquadrare i motivi per cui l'appeal dei gemelli restava forte, specie in quella parte di Polonia che rimaneva esclusa dai benefici delle riforme economiche liberiste. Inquietudini sociali si sono rafforzate in tutta l'Europa centrale da quando la crisi finanziaria globale ha riportato indietro le lancette dell'economia. I risultati elettorali che sono emersi sono stati i più diversi, anche se ovunque nella Mitteleuropa sono state le destre ad avanzare e le sinistre ad arretrare. Vedremo che strada sceglierà oggi la Polonia, anche se giova ricordare che si vota per il presidente della Repubblica e non per il governo.

Dodici


Deutschland, ein Wintermärchen?

sabato, luglio 03, 2010

Deutschland. Ein Wintermärchen?

Delle quattro squadre alla vigilia favorite per la fase finale (Brasile, Inghilterra, Argentina e Spagna), due sono ormai fuori e altre due devono ancora qualificarsi. Per il momento ci sono invece Olanda e Uruguay. Per come è andato il mondiale sinora, l'Olanda non può considerarsi una sorpresa. Ha giocato un buon girone eliminatorio, ha passato agevolmente gli ottavi e ha fatto fuori il Brasile con una partita razionale e fredda. Non si è disunita dopo lo svantaggio e ha giocato un secondo tempo intenso, approfittando del calo dei carioca, squagliatisi davanti alla prima vera difficoltà del torneo. L'Olanda ha due fuoriclasse (tre, in verità, con il portiere), Robben e Sneijder. Occupata con una tripla marcatura la mattonella preferita dal "bavarese" è venuto fuori "l'interista". Felipe Melo ha fatto il resto (un buon assist ma alla fine non decisivo e una serie di errori, ahilui, decisivi). E i brasiliani sono apparsi di colpo stanchi e confusi: e pensare che nel primo tempo aveva dominato, compiendo l'errore fatale di sprecare invece che chiudere la partita. Ora gli arancioni sognano la finale, magari contro Germania o Argentina, per vendicare due torti passati: questa volta non giocherebbero contro i padroni di casa e contro arbitri condizionati. Comunque l'Olanda di Cruiff non ce la restituirà più nessuno, anche se questa pare molto concreta.

Ci ha lasciato il Ghana, l'ultima squadra africana. Non ci si attendeva una partita di gran classe, ma di temperamento ed emozioni. Che infatti non sono mancate. Fino al grande dramma del 123', il gol impedito con una mano, il rigore che poteva chiudere la storia, la traversa, gli inevitabili rigori decisivi. Quanti capovolgimenti in pochi secondi, quanti stati d'animo modificati, dal dolore alla gioia al dolore, e viceversa! Negli undici metri decisivi, il portiere dell'Uruguay Muslera si è riscattato delle cappellate fatte durante i minuti regolamentari e ha portato la sua squadra in una semifinale mondiale dopo quarant'anni. Cromaticamente è stata una partita che mi ha risolto subito dubbi sul tifo. Pazienza per il Ghana, in fondo aveva anche una bellissima prima maglia bianca. Poteva usarla di più.

Oggi gli ultimi due quarti. Di sera gioca la Spagna. Il suo mondiale sinora assomiglia molto a quelli disputati dall'Italia quando poi vinse. Inizio incerto, lenta ma costante ripresa, sempre il minimo necessario per andare avanti. Ma la squadra c'è, è forte, le punte sono di gran qualità, può ingranare come si deve nel trittico finale. Nel pomeriggio invece c'è la partita più attesa, un'altra finale anticipata. Una classica: Argentina-Germania. Inutile ripetere che qui sono tutti nel pallone. Complice anche un clima mediterraneo (si danza ormai da giorni sui trenta gradi) ogni bar, ogni caffé, ogni kneipe, ogni chiosco, ogni ristorante ha i suoi tavolini all'aperto e il suo televisore di competenza. Credo che quando il mondiale sarà finito, si potranno fare buoni affari comprando grandi schermi poco usati. Maradona è un genio, ha una squadra solida e piena di alternative in attacco e un figlio naturale lì davanti che porta il suo stesso numero sulla maglia. E poi allena fumando il sigaro e s'impiastriccia di sudore e baci coi suoi giocatori: sembra una famiglia invincibile e predestinata. Ma i tedeschi hanno preparato questo mondiale con grande precisione. Finora hanno espresso (tranne che con la Serbia) il calcio migliore, anche se il secondo tempo con l'Inghilterra andrebbe ripetuto partendo dal 2 a 2. Sommermärchen, favola estiva, era il motto dei mondiali di quattro anni fa, una sorta di notti magiche in versione tedesca. Ora hanno inventato il motto Wintermärchen, favola invernale, perché in Sud Africa è inverno e se si vuole vincere qualcosa bisogna essere precisi, anche a costo di rivangare reminiscenze letterarie non proprio beneaguranti. In Italia va molto di moda invidiare il melting pot della squadra di Jogi Löw, specchio di una società aperta agli stranieri che integra anche nella nazionale figli di immigrati o giocatori nati all'estero: c'è il ghanese (che ha giocato contro il fratello quando si sono incontrate Germania e Ghana), i polacchi, il tunisino, lo spagnolo, il brasiliano, i turchi. Nei quartieri "turchi" di Kreuzberg e Neukölln si festeggia dopo la vittoria dei bianchi come se il Galatasaray avesse vinto la Champions League, specie se a segnare il gol decisivo è stato Mesut Özil. Tutto vero. Però, se il mondo calcistico italiano deve invidiare qualcosa a quello tedesco e magari prenderne qualche spunto, inviterei più a guardare l'organizzazione del sistema, la competenza di chi ne fa parte e le scelte politiche di fondo fatte dalla federazione. È lì il segreto del successo tedesco: in fondo Balotelli lo abbiamo anche noi, solo che invece di trascinare l'Italia in avanti fa lo spaccone per strada sparando con le pistole giocattolo. E i cosiddetti "stranieri" della Germania sono usciti dai vivai delle squadre tedesche.

Vabbé, stiamo uscendo fuori tema. Torniamo sul campo. E come d'abitudine, niente pronostici, tanto sarebbero sbagliati. L'Argentina è più forte, la Germania ha sinora giocato meglio, fra un po' di ore si vedrà chi prosegue l'avventura. Da otto squadre ne usciranno quattro, poi le semifinali, quindi le due finaliste per la vittoria. Peccato non esserci, anche se mai come quest'anno l'unico viaggio che ci siamo meritati è stato quello di ritorno.