mercoledì, settembre 30, 2009

30 settembre 1989

Il vento del Sud

Il senso politico profondo del successo elettorale del centrodestra in Germania sta nella voglia di stabilità manifestata dalla maggioranza degli elettori tedeschi. L’alleanza fra Cdu/Csu e liberali era l’unica proposta in grado di chiudere la stagione della Grosse Koalition e allo stesso tempo evitare la palude delle alleanze inedite che avrebbero dilatato nello spazio e nel tempo l’incertezza generale. Con la svolta a destra, gli elettori hanno consegnato alla storia delle fasi emergenziali il connubio fra i due grandi partiti alternativi e hanno dato il via libera a una coalizione tradizionale, che nella storia tedesca ha assicurato molti anni di governo buono e stabile. Se il risultato semplifica la scena politica, le sue ragioni sono invece varie e complesse [... continua su East Side Report].

lunedì, settembre 28, 2009

Trionfi

Titolo dell'edizione online di Repubblica: "Trionfa Angela Merkel". Inizio del commento di Bernardo Valli, sempre su Repubblica: "La cristiano-democratica Angela Merkel ha vinto, resta cancelliera federale, ma non ha trionfato". Ovviamente ha ragione Valli, di cui consiglio la lettura. Ma fate un fischio al titolista.

La migliore vignetta del giorno

Fonte: Der Tagesspiegel.

Baviera, Schleswig-Holstein e Brandeburgo

Ancora un paio di note sulle elezioni. La prima è una curiosità, forse una battuta: è la seconda volta consecutiva che Angela Merkel vince le elezioni perdendole. In realtà, a leggere bene i primi approfondimenti sui dati elettorali, si scorge che il calo della Cdu/Csu è dovuto al crollo dei cristiano-sociali in Baviera. Con il 42 per cento, la Csu imita l'Spd e tocca il punto più basso in un'elezione nazionale. La tendenza negativa del partito bavarese non si è dunque arrestata dopo il cambio del gruppo dirigente. E neppure una figura mediatica come il barone Zu Guttenberg è riuscito a fare il miracolo. Qui analisi e commento dalla Süddeutsche Zeitung.

La seconda curiosità riguarda le elezioni regionali in Schleswig-Holstein e Brandeburgo, oscurate dal voto nazionale. Nella regione di Kiel crollano tutti e due i partiti maggiori (Cdu e Spd) responsabili di una rovinosa fine della Grosse Koalition che ha determinato le elezioni anticipate. La Cdu, tuttavia, resta primo partito e potrà costituire una maggioranza con i liberali, che anche qui hanno ottenuto una crescita clamorosa (+9%). Dalla regione di Potsdam, invece, giungono le uniche note di consolazione per i socialdemocratici. Qui il primo ministro uscente Mathias Platzeck - ricordate, divenuto leader del partito dopo l'era Schröder e poi dimessosi per motivi di salute che gli impedivano il doppio ruolo - è stato riconfermato con un buon risultato: l'Spd, addirittura in leggero aumento, ha raggiunto il 32,8 per cento e può decidere con chi governare i prossimi 5 anni. Fino a ieri c'era anche qui una Grosse Koalition. Adesso si apre anche l'ipotesi di un governo rosso-rosso con la Linke, che tallona l'Spd a cinque punti di distanza. Nel parlamento regionale brandeburghese ci sarà, fortunatamente, una piccola rivoluzione: entrano liberali e verdi, che hanno superato la soglia di sbarramento del 5 per cento e se ne vanno a casa i neonazisti che sono precipitati abbondantemente al di sotto. L'est si scopre migliore della sua fama.

Alla ricerca della stabilità

Berlino, la Cancelleria (fotowalkingclass)

La gioia è un palco affollato di giovani leoni e vecchie glorie del partito liberale che si accalcano attorno a Guido Westerwelle per festeggiare il miglior risultato della storia dell’Fdp. La soddisfazione è il sorriso di Angela Merkel che tira un respiro di sollievo e corona l’obiettivo mancato quattro anni fa di guidare un governo organico di centrodestra. La Germania chiude la stagione della grande incertezza scegliendo l’unica soluzione politica che poteva relegare la Grosse Koalition a quello che è sempre stato nella storia politica tedesca: una stagione straordinaria che l’elettorato non ama. Il senso politico del voto di domenica è soprattutto qui [... continua su East Side Report e su Ff Web Magazine].

domenica, settembre 27, 2009

Satira politica

Leggete e diffondete

www.esreport.net

Westerwelle il vincitore

Guido Westerwelle (fotowalkingclass)

E' l'exploit dei liberali che consente ad Angela Merkel di governare i prossimi anni con un governo di centrodestra. Guido Westerwelle è il vero vincitore di questa campagna elettorale. Riproponiamo due articoli sul leader dell'Fdp scritti negli ultimi giorni della campagna elettorale. Il primo, attraverso il link al sito East Side Report. il secondo qui di seguito:

Guido Westerwelle ha dalla sua la chiarezza. Leader del partito liberale tedesco (Fdp), è l’unico che ha detto senza mezzi termini cosa vuole, oltre quello che non vuole. Si batte per un governo giallo-nero, una coalizione di centrodestra che, a suo avviso, è la scelta migliore per affrontare con vigore riformista le conseguenze della crisi economica. Un esecutivo organico, capace di trovare in breve tempo l’accordo su un programma che rimetta in moto il paese dopo quella che definisce una lunga fase di stallo e compromesso. La Grosse Koalition non lo ha convinto, tanto meno lo convince il candidato dell’Spd Frank-Walter Steinmeier, che nei mesi scorsi lo ha a lungo corteggiato ipotizzando una coalizione semaforo (in Germania le alleanze prendono buffi nomi dal colore dei partiti) con i liberali e i verdi e che ora tuona minaccioso contro il pericolo di un ritorno al passato, ai tempi di Kohl, in cui Cdu e Fdp governavano assieme. I verdi, poi: hanno tappezzato la Germania di manifesti raffiguranti un bidone di scorie radioattive, ovviamente giallo e nero, per allarmare gli elettori sulle intenzioni di Merkel e Westerwelle in materia di energia nucleare.

Forte di un’ascesa nei sondaggi, paradossalmente accentuatasi con l’avvio della crisi, che secondo gli osservatori avrebbe dovuto premiare la sinistra e non i più convinti sostenitori del libero mercato, Westerwelle ha deciso di puntare tutto sul ritorno al governo con la Cdu, rifiutando di giocare sull’ambiguità e sfruttare il ruolo di ago della bilancia. Con questa scelta, che gli preclude il ritorno al governo nel caso la coalizione giallo-nera non raggiungesse la maggioranza, il leader liberale ha offerto a una campagna elettorale dominata dall’incertezza un motivo certo per cui votare il suo partito. Secondo i sondaggi – che tuttavia soffrono dell’alto numero di indecisi – la scommessa di Westerwelle si gioca su un pugno di voti, o su un pugno di Überhangmandate, i mandati diretti che potrebbero favorire l’alleato della Cdu oltre il mero dato proporzionale.

Questo leader di quarantasette anni, giovane e dinamico, nato e cresciuto politicamente nella vecchia capitale Bonn (dove si batte con speranze di successo per un mandato diretto) combina una genuina fede nel libero mercato con un’altrettanto decisa battaglia sui diritti civili. Appartiene alla nuova generazione di politici tedeschi che ha apertamente dichiarato la propria omosessualità, facendone una bandiera di libertà e di liberazione dai pregiudizi. Quando sette anni fa venne candidato alla cancelleria (prima volta per un liberale) si lanciò in un’azzardata campagna elettorale con lo slogan “18 per cento”. Un traguardo che appariva troppo ambizioso per un partito sempre in bilico suquella soglia del 5 per cento che consente l’ingresso in parlamento. Infatti non superò l’8. Ma da allora, da quella campagna bizzarra girata sulla Guidomobile, Westerwelle ha fatto strada, ha svecchiato il partito imbarcando molti giovani, alcuni dei quali oggi ricoprono già posti di rilievo fra i quadri dell’Fdp. Considerato fino a qualche anno alla stregua di un clown un po’ troppo folkloristico, oggi si ritrova al centro della scena, avendo azzeccato tutte le scelte negli ultimi tempi.

Mentre la Merkel accentuava il profilo sociale della Cdu, lui batteva senza eccessi ma con convinzione sui tasti classici del neoliberalismo, erodendone i consensi del mondo imprenditoriale e produttivo. Per un lungo periodo è sembrato quasi un gioco delle parti: la Merkel insidiava l’elettorato più moderato dell’Spd e Westerwelle pescava tra i delusi della Cdu. Insieme hanno reso credibile la prospettiva di un governo di centrodestra: i sondaggi oscillano tra il 49 e il 51 per cento e l’opzione giallo-nera è divenuta, grazie anche ai veti incrociati tra gli altri partiti, l’unica alternativa praticabile alla Grosse Koalition.

Punto centrale del programma liberale è la riduzione della pressione fiscale e una riforma complessiva del sistema sanitario. Secondo Westerwelle lo Stato dovrebbe impegnare le proprie risorse economiche per alleggerire le tasse dei cittadini piuttosto che per dare incentivi al settore automobilistico attraverso le rottamazioni. Ceto medio al centro dell’attenzione, con qualche accenno dai toni populistici: “I ricchi non hanno problemi a pagare le tasse – ripete nei comizi – chi invece ne trarrebbe un gran beneficio sono quelli che stanno nel mezzo, come le piccole e medie imprese che hanno difficoltà ad accedere al credito”. Meno Stato e più libertà per il singolo, sul versante fiscale come su quello dei diritti: è il caso del controllo su Internet, voluto dal ministro cristiano-democratico Schauble per combattere il terrorismo e che i liberali vedono come l’anticamera del grande fratello. Poi la politica energetica, impegno per la svolta verde attraverso le nuove tecnologie ma revisione del previsto abbandono del nucleare nel 2020, almeno fino a che le energie rinnovabili non saranno in grado di sostituire quella prodotta dall’atomo.

In dote, Westerwelle porta i sei Länder dove Cdu e Fdp governano assieme. Sono le regioni più ricche e dinamiche della Germania vecchia e nuova, tra di esse Baviera, Baden-Württemberg e Assia a ovest, Sassonia ad est, a suo dire testimonianza diretta che dove ci sono i liberali la crescita è più sostenuta, la disoccupazione è più bassa, l’istruzione è di livello più alto. E, soprattutto, senza smantellare lo Stato sociale: anche i liberali si attengono al mantra tedesco dell’economia sociale di mercato.

Con questa difesa, l’Fdp restituisce al mittente le accuse di stare dalla parte delle fasce più ricche del paese e accusa gli avversari di condurre una campagna negativa che mistifica i veri programmi del partito. Sempre secondo i sondaggi, i “gialli” viaggiano tra il 13 e il 14 per cento. Westerwelle ci crede e spera di racimolare ancora qualcosa nel miglio finale della campagna elettorale, sfruttando ancora una volta la tendenza della Merkel a mantenere la porta aperta a una riedizione della Grosse Koalition. “Chi vuole evitarla – sostiene in questi giorni – deve votare noi, perché così avrà la garanzia di un cambio di governo”. Se l’operazione dovesse aver successo, la cancelliera dovrà ringraziare questo testardo liberale che guida l’unico partito europeo apertamente partigiano del libero mercato in grado di aumentare i consensi in tempi di crisi.

Chi sale e chi scende

Cdu -1,8. Spd -11,5. Fdp +5,0. Linke +3,8. Grünen +2,5. I Pirati avrebbero conquistato il 2 per cento. Angela Merkel si conferma cancelliera con un nuovo governo, conservatori e liberali.

E' giallonero, Cdu+Fdp

Prima proiezione. La coalizione Cdu-Fdp ottiene la maggioranza dei seggi. Stretta senza gli Überhangmandate (308 seggi), più consistente incorporando questi contestati seggi (324). Trionfo dei liberali (15%, miglior risultato della loro storia), crollo drammatico dell'Spd (22,7%, peggior risultato di sempre). Calo anche per la Cdu (33,5%, secondo risultato peggiore di sempre). Ottimo risultato per la Linke (12,5%), aumento contenuto anche per i Verdi (10,5%).

Astensionisti primo partito?

In attesa delle prime proiezioni e a pochi minuti dalla chiusura dei seggi, un dato comincia a profilarsi con chiarezza, confermando le impressioni della campagna elettorale: si va verso il minimo storico dei votanti. La disaffezione verso la politica si trasforma così da fumosi discorsi da strada in dato politico vero e proprio. Le rilevazioni delle 14 sono chiare: il calo è del 6 per cento. Ha votato il 36,1 contro il 41,9 della volta precedente alla stessa ora. Il tema della Politikverdrossenheit, discusso per ora solo nelle stanze delle accademie o delle fondazioni o, in misura minore sui media, diventa centrale anche per il mondo politico.

Zona Cesarini

Ultimi tre quarti d'ora di seggi aperti per le elezioni federali tedesche e per le due regionali (Brandeburgo e Schleswig-Holstein) piuttosto oscurate da quelle nazionali. Alle 18, seggi chiusi. Un secondo dopo sapremo quale coalizione governerà la Germania.

Election days: un fotoreportage




































sabato, settembre 26, 2009

Leggete e diffondete: East Side Report

Al voto un paese sospeso

Berlino 2009 (fotowalkingclass)

Il politologo Richard Stöss della Freie Universität di Berlino ha pochi dubbi. Dati e tabelle alla mano, analizza la parabola discendente del consenso della Grosse Koalition, poi azzarda: «Secondo me avremo un cambio di governo». Nella sfera di cristallo di sondaggi ancora colmi di elettori indecisi, la chiave delle elezioni tedesche di domenica è nei mandati diretti. «Lì la Cdu/Csu dovrebbe fare man bassa e dunque ottenere con i liberali la maggioranza anche se la somma dei due partiti nel proporzionale dovesse attestarsi sotto il cinquanta per cento». Tuttavia, a ventiquattr’ore dall’apertura delle urne, alcuni sondaggi più recenti rimettono in discussione questa prospettiva, registrando una rimonta socialdemocratica e un calo del centrodestra che, complessivamente raggiungerebbe il 45 per cento: troppo poco. Ogni previsione è a rischio di smentita [... continua su East Side Report e in pdf sulla Rassegna stampa della Camera dei Deputati].

Alex e Pariser, le piazze delle sinistre



Piazze di sinistra a Berlino nella giornata pre-conclusiva di campagna elettorale. Pre-conclusiva, perché la partecipazione della Merkel al G20 di Pittsburgh, sposta a oggi, sabato, la chiusura della Cdu nella capitale. Ieri i due partiti di sinistra si sono divisi le piazze simboliche di Berlino. La Linke si è radunata dalle 15 alle 17 ad Alexanderplatz, per gli interventi del duo Lafontaine-Gysi. L'Spd si è cimentata all'ombra della Porta di Brandeburgo: oratori il borgomastro Wowereit, Steinmeier e Müntefering. Discorsi ovviamente di tono propagandistico, come si conviene alle "chiusure" comiziali (lo stesso sarà domani dalle parti della Cdu) nei quali ha spiccato per brillantezza e oratoria Gregor Gysi, indubbiamente il politico dotato della retorica più accattivante. Ma la cosa che più mi ha colpito era l'atmosfera nelle due piazze, la Stimmung come dicono i tedeschi. Entusiasmo e sicurezza sull'Alexanderplatz, segno che i militanti della Linke sentono comunque il vento in poppa. Mogia e dimessa sotto la Porta di Brandeburgo. Eppure Steinmeier ce l'ha messa tutta, con un discorso forse un po' troppo lungo ma non privo di spunti interessanti. Dispiace se domenica sera dovrà confrontarsi con il risultato più basso della storia politica della socialdemocrazia, come suggeriscono i sondaggi. L'uomo non se lo merita. Tuttavia anche un trascinatore come Wowereit, a un certo punto ha allargato le braccia, quando ha retoricamente chiesto ai sostenitori in piazza di dare un segnale della loro fiducia e questi hanno risposto con un flebile applauso. Ricordo bene il comizio berlinese di Gerhard Schröder nella campagna elettorale del 2002: si respirava quasi fisicamente la rimonta nei confronti dell'allora candidato dell'Unione Stoiber. Questa sera, invece, si respirava un'aria di sconfitta preventiva. Se il morale è questo, difficile immaginare un colpo di reni nella giornata di domenica.

G20 di Pittsburgh

Italia non pervenuta. Ma da un po' di tempo capita sempre più spesso. Sulla scena internazionale il nostro ruolo precipita rapidamente. Nuove potenze emergono. E noi non sappiamo come ricollocarci. A meno di non ritenere che due apprezzamenti un po' machio alla padrona di casa di turno, possano rimediare all'assenza di idee.

venerdì, settembre 25, 2009

I prof ci spiegano dove va la Germania

Per comprendere i temi di fondo che la politica tedesca si troverà ad affrontare a partire da lunedì prossimo, bisogna abbandonare le piazze dei comizi e i saloni delle manifestazioni e tornare sui banchi dell’università. Un po’ di approfondimento non fa male, sforzarsi di capire cosa agita la società tedesca sotto il velo di propaganda inevitabile di una campagna elettorale è un compito che la stampa dovrebbe, magari ogni tanto, tornare ad assumere. Così, via dai palloncini e dagli striscioni, ci muniamo di taccuino e raggiungiamo le moderne sale della Freie Universität di Berlino nel cuore del quartiere giardino di Dahlem. Qui, nel 1948, quando il Muro di cemento ancora non c’era ma l’atmosfera ideologica della storica università Umboldt rimasta nel settore sovietico si faceva asfissiante, un gruppo di professori guidato dal borgomastro della città, Ernst Reuter, socialdemocratico e professore anche lui, decise che era tempo di inventarsi una sede alternativa. La chiamarono la Libera Università e da sessant’anni rappresenta uno dei centri del sapere più prestigiosi della Germania [continua su East Side Report].

Il bivio dei Grünen

Una e trina è la leadership dei verdi tedeschi. Da un lato l’unità d’intenti, dall’altro il terzetto di uomini che in questi giorni batte in lungo e in largo il paese con l’obiettivo di tornare ad essere la terza forza politica, prima dei liberali e della Linke, giusto dietro i due storici partiti sempre meno di massa. Il leader carismatico appartiene al passato. Joschka Fischer si è trasformato in un lobbista, sponsorizza il gasdotto Nabucco, l’alternativa europea al condotto russo-tedesco Nord Stream spinto dal suo ex alleato Schröder, facendo tesoro dei tanti contatti accumulati negli anni al ministero degli Esteri. La scena ecologica se la dividono in tre: l’ex ministro dell’Ambiente Jürgen Trittin e Renate Künast, candidati di spicco in questa campagna elettorale e Cem Özdemir, lo svevo di origini turche catapultato qualche mese fa alla guida del partito con l’impegnativo appellativo di Obama di Germania [continua su East Side Report].

mercoledì, settembre 23, 2009

La scommessa di Westerwelle

Berlino, 18 settembre, ore cinque del pomeriggio. Nella Breitscheidplatz, a due passi dal grande magazzino KadeWe che fu la vetrina dell’occidente negli anni della guerra fredda e all’ombra della Gedächtiniskirche con il tetto danneggiato dalla guerra calda conservato a memoria delle colpe del nazismo, si consuma l’happening dei liberali alla ricerca del governo perduto. Un duo di musicisti mescola note country e rock e intrattiene il pubblico, in attesa che la piazza si riempia. E lentamente si riempie. Se l’umore dei presenti misura le attese per un successo che i sondaggi pronosticano, quello dei gialli tedeschi è alto e fiducioso. Guido Westerwelle, il quarantasettenne che ha dismesso i panni del bizzarro outsider per indossare quelli di un ragionevole e prossimo vicecancelliere, sale sul podio – completo blu scuro già ministeriale e cravatta azzurra – e sorride guardando la folla. Siamo nel cuore borghese della Berlino ovest, il quartiere di Charlottenburg, negozi alla moda, edifici fine secolo bianchi come meringhe intervallati ad architetture che erano moderne negli anni Settanta, quando il comunismo accerchiava “l’isola della libertà” con il Muro, e oggi provano a resistere alla concorrenza delle meraviglie costruite ad est [continua su FF Web magazine].

martedì, settembre 22, 2009

I rischi della Merkel fra sondaggi e speranze

I sondaggi vanno presi con le molle. Giova ricordare che, quattro anni fa, fallirono totalmente, non riuscendo a misurare il recupero del cancelliere socialdemocratico Schröder sulla Merkel. Ancora due giorni prima, il vantaggio della Cdu/Csu rispetto all’Spd era quotato a +9 punti percentuali e una coalizione di centrodestra fra Cdu/Csu e Fdp era data al 49,5 per cento. Finì con la Merkel avanti di un punto appena e la sconfitta dell’ipotesi di centrodestra con i liberali. Questa volta, ancor più che nel 2005, il numero degli indecisi è ancora molto elevato: tanti sceglieranno nell’ultima settimana chi e se votare e si teme che troppi si asterranno dalle urne, marcando con l’astensione un preoccupante distacco dalla politica. Dunque, si cammina sulle uova [continua su Ff Web Magazine e ora anche su East Side Report].

lunedì, settembre 21, 2009

Amburgo e Berlino, i laboratori del futuro

I laboratori della politica tedesca del futuro non sono dentro i palazzi del potere federale. Non nel Bundestag, non nella Cancelleria. Ma nelle sedi comunali di due città-Stato: Amburgo e Berlino. Mentre l’attenzione degli osservatori è focalizzata sugli ultimi giorni della campagna elettorale politica, nelle due città simbolo della Germania, il centro anseatico e la capitale ritrovata, si sviluppano esperimenti politici che prefigurano gli scenari del domani [continua su East Side Report].

Tabellenführer

Dopo sei giornate di campionato, l'Union Berlin è di nuovo in testa alla classifica della seconda Bundesliga. I punti sono gli stessi del Kaiserslautern - la grande favorita di quest'anno, che ha sconfitto ad Amburgo la precedente capolista St. Pauli - ma migliore è la differenza reti. L'Union, matricola della serie cadetta, è stata anche favorita da un inizio morbido di campionato. Le partite dure arriveranno fra un po'. Ma la squadra è tosta, l'entusiasmo cresce, la "Stimmung" è sempre alta all'Alte Försterei.

mercoledì, settembre 16, 2009

Non chiamatela Vecchia Europa


Sorpasso. L'Europa supera gli Stati Uniti come area più ricca del mondo. Conseguenza della crisi e della diversa capacità di reggerne gli effetti. Evidentemente un riequilibrio sociale non guasta: ricordate il confronto a inizio anni Novanta fra capitalismo anglosassone e capitalismo renano? Qui il servizio dello Spiegel (da cui è ripresa la cartina in apertura) sullo studio pubblicato dalla Boston Consulting.

Rheingoldexpress, ritorno al futuro

Dovete passare per questo collegamento al sito della pagina Mediatek della ZDF e scegliere la connessione giusta. Poi potete seguire la cancelliera Angela Merkel in viaggio elettorale sul Rheingoldexpress, come fece Konrad Adenauer. Qui da Wikipedia Italia una scarna nota storica sul treno. E qui, rigorosamente bipartisan, due reportage in tedesco, dallo Spiegel e dalla Frankfurter Allgemeine.

Zu Guttenberg visto da vicino

Dell'emergente (e in realtà già emerso) ministro dell'Economia Zu Guttenberg i lettori di Walking Class sanno già molto, se non altro per aver letto questo articolo pubblicato il 12 febbraio scorso sul Secolo d'Italia, al momento della sua nomina. Poi sono stati informati della sua ascesa nella popolarità dei tedeschi da questo post di fine luglio. Adesso possono ulteriormente approfondirne la conoscenza leggendo il reportage di Beda Romano sul Sole 24 Ore, che ne racconta una giornata di ordinaria campagna elettorale. E aggiunge sul suo blog Germanie dettagli gustosi da beckstage.

Duelli e duetti, commento su East Side Report

Per il commento al faccia a faccia che due giorni fa ha contrapposto i due candidati alla cancelleria, Angela Merkel e Frank-Walter Steinmeier vi mando a questo articolo pubblicato su East Side Report, un blog-magazine (più di un blog quasi un magazin, come annunciato nella presentazione) che abbiamo realizzato assieme all'amico Stefano Grazioli e del quale vi parlerò più diffusamente fra qualche giorno. Il sito (l'indirizzo è www.esreport.net, assolutamente da piazzare nei vostri blogroll) è in fase di allestimento, già in funzione ma non ancora arricchito di tutti gli articoli pubblicati nei mesi passati. Sarà (è già) un punto d'incontro e di informazione indipendente per chi si interessa di Europa centro-orientale, Russia e Asia centrale.

martedì, settembre 15, 2009

domenica, settembre 13, 2009

Merkel vs. Steinmeier, l'unico faccia a faccia in tv

Incollati alla tv, fra poco, per l'unico duello televisivo fra i due candidati alla cancelleria, Angela Merkel (Cdu) e Frank-Walter Steinmeier (Spd). Trasmissione in diretta, tra le varie emittenti, su Ard e Zdf, visibili anche in Italia con il satellite di Sky.

venerdì, settembre 11, 2009

9/11

fotowalkingclass

A otto anni dall'attacco New York non ha cancellato il ricordo di quella ferita ma ha ritrovato l'energia e la voglia di essere una delle città guida del mondo. A New York e ai newyorkesi è dedicato questo post.

mercoledì, settembre 09, 2009

Intervallo. Zwei kleine Italiener (1962)

Il giornalismo di domani (oggi?) secondo Arianna

Arianna Stassinopoulos, ovvero Huffington, fondatrice del celebre The Huffington Post, 8 milioni di lettori al giorno, intervistata da Marco De Martino per Panorama sul futuro del giornalismo, dei giornali, delle ipotesi di siti a pagamento, dei blog e dello straordinario periodo di transizione che i media stanno vivendo. I tempi dei verbi sono tutti al futuro, l'intervista parla però di quel che accade già oggi, sotto il nostro naso. Buona lettura (via Dagospia).

sabato, settembre 05, 2009

24h Berlin, la capitale rund um die Uhr

Berlin, Oberbaumbrücke (fotowalkingclass)

Un evento televisivo finora mai realizzato: raccontare le ventiquattrore di una capitale attraverso un film lungo una giornata. Esattamente un anno fa, decine di registi più o meno famosi, hanno filmato la vita quotidiana di Berlino, attraverso gente comune, lavoratori, politici, disoccupati, studenti, berlinesi, immigrati eccetera eccetera. Ogni istante della loro vita, viene oggi trasmesso simultaneamente sui canali televisivi Rbb e Arte e, streaming, sui loro siti internet. E in alcuni cinema della città, nonché su un mega-schermo piazzato sull'Alexanderplatz. Tutto si replica esattamente negli stessi minuti in cui le scene furono girate un anno fa. Ne sta venendo fuori un'immagine complessa di quella che è ormai divenuta la vera capitale della nuova Europa. Una città multipla, piena di sfaccettature, di aspetti contraddittori che ne fanno uno dei luoghi più vivaci del nostro continente. La trasmissione è iniziata alle 6 di questa mattina, durerà fino alle 6 di domani. Chi volesse dare un'occhiata può collegarsi qui o qui.

giovedì, settembre 03, 2009

"Ich verneige mich vor den Opfern"


Ha fatto grande impressione, in Polonia e in Germania, il discorso di Angela Merkel al Westerplatte, in occasione delle commemorazioni per l'inizio della seconda guerra mondiale. Per la nettezza con cui la cancelliera ha assunto, a nome del proprio paese, le responsabilità del conflitto (senza trincerarsi dietro lo scudo del nazismo ma citando espressamente "noi, la Germania"), per la capacità di parlare ai cuori dei polacchi, degli ebrei e di tutte le donne e gli uomini che hanno sofferto dolori senza fine per l'azione tedesca. L'attenzione dei media, specie in Polonia, era più spostata su Putin: se i rapporti con la Germania sono da tempo tornati a una ragionevole serenità, quelli con la Russia restano tesi e da ogni frase e gesto del presidente russo si cercava di capire quanto e come ci si muoverà per migliorarli. Così la portata del discorso della Merkel è stata un po' offuscata. Resterà invece, come l'inginocchiamento di Willy Brandt di fronte al monumento all'olocausto di Varsavia, una tappa storica nel processo di riconciliazione fra i popoli europei. Per questo lo riproponiamo in video e in testo, in lingua originale.

"Sehr geehrter Herr Staatspräsident,
Herr Ministerpräsident,
liebe Kolleginnen und Kollegen,
Exzellenzen,
meine Damen und Herren,

heute vor 70 Jahren begann mit dem deutschen Überfall auf Polen das tragischste Kapitel in der Geschichte Europas. Der von Deutschland entfesselte Krieg brachte unermessliches Leid über viele Völker - Jahre der Entrechtung, der Erniedrigung und der Zerstörung. Kein Land hat so lange in seiner Geschichte unter deutscher Besatzung gelitten wie Polen. Gerade in dieser dunklen Zeit, über die wir heute sprechen, wurde das Land verwüstet. Städte und Dörfer wurden zerstört. In der Hauptstadt wurde nach der Niederschlagung des Aufstands 1944 kaum ein Stein auf dem anderen gelassen. Willkür und Gewalt durchzogen den Alltag. Kaum eine polnische Familie blieb davon verschont.

Hier auf der Westerplatte gedenke ich als deutsche Bundeskanzlerin aller Polen, denen unter den Verbrechen der deutschen Besatzungsmacht unsägliches Leid zugefügt wurde.
Die Schrecken des 20. Jahrhunderts gipfelten im Holocaust, der systematischen Verfolgung und Ermordung der europäischen Juden. Ich gedenke der sechs Millionen Juden und aller anderen, die in deutschen Konzentrations- und Vernichtungslagern einen grausamen Tod erlitten. Ich gedenke der vielen Millionen Menschen, die ihr Leben im Kampf und im Widerstand gegen Deutschland lassen mussten. Ich gedenke aller, die unschuldig durch Hunger, Kälte und Krankheit, durch die Gewalt des Krieges und seine Folgen sterben mussten. Ich gedenke der 60 Millionen Menschen, die durch diesen von Deutschland entfesselten Krieg ihr Leben verloren haben.

Es gibt keine Worte, die das Leid dieses Krieges und des Holocaust auch nur annähernd beschreiben könnten.

Ich verneige mich vor den Opfern.

Wir wissen: Die Gräuel des Zweiten Weltkriegs können wir nicht ungeschehen machen. Die Narben werden weiterhin sichtbar bleiben. Aber die Zukunft im Bewusstsein unserer immer währenden Verantwortung gestalten - das ist unser Auftrag. In diesem Geist hat sich Europa aus einem Kontinent des Schreckens und der Gewalt in einen Kontinent der Freiheit und des Friedens verwandelt. Dass das möglich geworden ist, ist nicht mehr und nicht weniger als ein Wunder. Wir Deutschen haben dabei nie vergessen: Deutschlands Partner in Ost und in West haben diesen Weg durch Versöhnungsbereitschaft geebnet. Sie haben uns Deutschen die Hand zur Versöhnung ausgestreckt. Wir haben sie voller Dankbarkeit ergriffen.

Ja, es ist ein Wunder, dass wir in diesem Jahr nicht nur an die Abgründe europäischer Geschichte vor 70 Jahren denken müssen. Es ist ein Wunder, dass wir auch an die glücklichen Tage denken können, die vor 20 Jahren zum Fall der Berliner Mauer, zur Wiedervereinigung Deutschlands und zur Einheit Europas geführt haben. Denn vollendet wurde der Weg Europas zur Freiheit erst mit dem Fall des Eisernen Vorhangs. In der Tradition der Solidarnosc in Polen haben die Menschen damals überall das Tor zur Freiheit mutig aufgestoßen. Wir Deutschen werden das nie vergessen - nicht die Rolle unserer Freunde in Polen, Ungarn und der damaligen Tschechoslowakei; nicht die Rolle Michail Gorbatschows und unserer westlichen Partner und Verbündeten; und nicht die Rolle der moralischen Kraft der Wahrheit, die keiner so überzeugend und glaubwürdig verkörperte wie Papst Johannes Paul II.

Es lag auch deshalb in der besonderen deutschen Verantwortung, Polen und den anderen Staaten Mittel- und Osteuropas den Weg in die Europäische Union und die NATO zu ebnen und ihnen zur Seite zu stehen.

Ja, es ist ein Wunder, eine Gnade, dass wir Europäer heute in Freiheit und Frieden leben können. Kaum etwas könnte den Unterschied zu 1939 besser versinnbildlichen als die enge, die vertrauensvolle Zusammenarbeit zwischen Deutschland und Polen und die vielfältigen freundschaftlichen Beziehungen zwischen unseren beiden Ländern. Die Einigung Europas und die Freundschaft Deutschlands mit seinen Nachbarn finden ihre Stärke darin, dass wir uns unserer Geschichte stellen. Dies bringen die Vorsitzenden der deutschen und polnischen Bischofskonferenzen in ihrer jüngst veröffentlichten Erklärung zum heutigen Jahrestag folgendermaßen auf den Punkt - ich zitiere: "Gemeinsam müssen wir in die Zukunft blicken, auf die wir zugehen möchten, ohne die geschichtliche Wahrheit in all ihren Aspekten zu vergessen noch zu gering zu achten".

Wenn wir in meinem Land bis heute auch an das Schicksal der Deutschen denken, die in Folge des Krieges ihre Heimat verloren haben, dann tun wir das stets genau in dem von den Bischöfen beschriebenen Sinne. Dann tun wir das in dem Bewusstsein der Verantwortung Deutschlands, die am Anfang von allem stand. Dann tun wir das, ohne irgendetwas an der immer währenden geschichtlichen Verantwortung Deutschlands umschreiben zu wollen. Das wird niemals geschehen. Und in genau diesem Bewusstsein bin ich heute - 70 Jahre später - hierher nach Danzig gekommen. In diese einst leidgeprüfte, nun aber glanzvoll restaurierte Stadt.

Sehr geehrter Herr Staatspräsident, sehr geehrter Herr Ministerpräsident, dass Sie mich als deutsche Bundeskanzlerin zum heutigen Gedenktag eingeladen haben, berührt mich sehr. Ich verstehe dies als ein Zeichen unserer vertrauensvollen Nachbarschaft, unserer engen Partnerschaft und unserer wirklichen Freundschaft zwischen unseren Ländern, zwischen den Menschen in Deutschland und Polen. Ich möchte Ihnen ausdrücklich dafür danken!"

Angela Merkel

La vera corsa per la Cancelleria

Berlino, propaganda elettorale (fotowalkingclass)

Che la tornata elettorale in tre regioni (l’occidentale Saar e le orientali Sassonia e Turingia) a quattro settimane dal voto generale avrebbero messo un po’ di pepe nella campagna elettorale tedesca era cosa attesa, forse da molti sperata. Tuttavia gli esperti e i commentatori più attenti, avvezzi più alla complessità della politologia che al sensazionalismo della cronaca politica, ammoniscono a non trasferire automaticamente i risultati regionali sul piano nazionale, perché troppo legati a vicende locali quali la personalità dei leader in campo o il giudizio su singole esperienze governative.

Le indicazioni emerse domenica scorsa valgono più per il futuro prossimo venturo, disegnano un sistema partitico ormai stabilmente fondato su cinque forze e impegnano i partiti ad approfondire la possibilità di nuove alleanze, finora confinate al mondo della fantapolitica. Ma se aumenta l’adrenalina della campagna elettorale, per ora non si modifica il quadro politico a breve termine. Dalle urne del 27 settembre potranno uscire solo due ipotesi di coalizione: quella di centrodestra con la Cdu e i liberali dell’Fdp, o una riedizione della Grosse Koalition con la Cdu e l’Spd. E a guidarle entrambe sarà Angela Merkel, la cui distanza dal candidato socialdemocratico Frank-Walter Steinmeier appare ancora incolmabile.

E’ un paradosso. Stando ai sondaggi più recenti, e ancor più ai dati reali che negli ultimi quattro anni hanno accompagnato le varie tornate regionali tedesche, i due storici partiti di massa (Cdu e Spd) che hanno dato vita al governo di emergenza di Grosse Koalition perdono consensi: drammaticamente i socialdemocratici, in maniera più contenuta, grazie anche alla popolarità di cui gode la cancelliera, i cristiano-democratici. L’Spd ha difficoltà a riconoscersi ancora in un partito di massa, con le percentuali che oscillano tra il 20 e il 25 per cento e anche la Cdu vede allontanarsi i fasti di un tempo, quando superava il 40 per cento dei consensi. Un nuovo esecutivo di compromesso storico sarebbe dunque più debole di quello attualmente in carica e molti sospettano che non riuscirebbe a durare l’intera legislatura. D’altro canto la riproposizione dello schema Cdu-Fdp sembra quasi un salto indietro ai tempi di Kohl, anche se le due formazioni hanno subito nel corso dell’ultimo decennio un processo di de-ideologizzazione che ne ha accentuato i tratti pragmatici, forse più adatti a trovare soluzioni ai problemi di questo inizio secolo. E tuttavia, anche questa ipotesi più tradizionale è appesa al filo di un rasoio e oscilla sulla fatidica soglia del 50 per cento.

Crescono, invece, i partiti attualmente all’opposizione. Gli stessi liberali, che hanno assorbito una parte del voto imprenditoriale deluso dalla politica sociale della Merkel, i Verdi che si caratterizzano sempre di più come un partito borghese e urbano, e la Linke che erode all’Spd l’elettorato più di sinistra scontento del corso riformista adottato sin dai tempi di Schröder. In più porta in eredità alla Repubblica federale il vecchio blocco elettorale dei tempi della Ddr, un tempo organicamente comunista, oggi più genericamente anti-capitalista e disincantato rispetto agli sviluppi economici e sociali della riunificazione. La crescita della Linke è stata la spina nel fianco dei socialdemocratici in tutti questi quattro anni e paradossalmente si è arrestata (i sondaggi l’accreditano oggi del 9 per cento, un anno fa toccava il 13) quando è scoppiata la crisi economica.

In attesa che le teste d’uovo dei partiti elaborino programmi e strategie in grado di affrontare con alleanze inedite i nuovi scenari della politica tedesca, le opzioni che si confrontano sembrano comunque fare riferimento a diverse realtà e aspirazioni regionali. Il federalismo, base fondante dello Stato tedesco, sembra giocare un ruolo decisivo. Quello che viene chiamato “progetto borghese”, e cioè l’alleanza di centrodestra fra Cdu e liberali, è espressione delle ricche regioni meridionali dell’ovest ma anche dell’est: la Baviera di Monaco, il Baden-Württemberg di Stoccarda, la Sassonia di Dresda, l’Assia di Wiesbaden e Francoforte. Realtà economiche che hanno rappresentato la base sociale e industriale della ripresa tedesca negli anni passati e che attraversano senza grandi problemi anche questi mesi di crisi. Da questo “Mezzogiorno capovolto” viene oggi la richiesta di un esecutivo più compatto che, accanto alla necessaria attenzione sociale, non smarrisca la via del mercato e delle riforme promesse. E’ il vento del sud-ovest produttivo ma anche di quell’est che ce l’ha fatta a varcare il Rubicone.

L’altra pressione viene dall’est, ed è di segno praticamente opposto. Gonfia i consensi della Linke, chiede un modello sociale ed economico diverso, anche se poi non riesce a definirlo con precisione se non ricorrendo a strumenti di antico sapore socialista, difficilmente applicabili in una moderna economia capitalistica. E’ un vento carico di protesta e delusione che ha trovato un contenitore politico non ancora spendibile sul mercato delle alleanze nazionali: ma la sua domanda, che è quella di un oriente non più disposto a concedere deleghe ai partiti venuti da ovest, non potrà essere elusa ancora per troppo tempo.

In mezzo le regioni settentrionali dell’ovest, l’antico cuore industriale della Germania che ha vissuto nei due decenni passati la parabola della deindustrializzazione, in parte modernizzando e riqualificando infrastrutture e impianti. Qui i socialdemocratici mantengono le loro roccaforti, tanto che alcuni analisti parlano dell’Spd ormai come di un partito del Nord. E’ forse qui che si gioca la partita decisiva, nella capacità dei socialdemocratici di rimotivare il proprio elettorato deluso. Da questa complessa alchimia regionale emergerà una coalizione di centrodestra o una riedizione della Grosse Koalition. In attesa della fantasia futura.

(pubblicato sul Secolo d'Italia del 3 settembre 2009)