venerdì, novembre 30, 2007

Italia tra Francia e Germania

I rapporti bilaterali fra Italia e Germania restano un po' freddini, nonostante Romano Prodi goda qui di stampa e opinioni assai migliori rispetto a Silvio Berlusconi. Ma il dissidio sul seggio permanente all'Onu è difficile da superare. Proviamoci allora con la Francia, dove Sarkozy sembra più disponibile. Qui la sua intervista al Corriere della Sera alla vigilia del vertice italo-francese di Nizza.

martedì, novembre 27, 2007

Agli amici africani: la Svizzera è bella

Il governo svizzero ha realizzato uno spot tanto di cattivo gusto quanto ingannevole che ha fatto trasmettere in tv durante l'intervallo dell'amichevole di calcio Svizzera-Nigeria, ad uso e consumo dei telespettatori nigeriani. Lo spot è un po' surreale. Il figlio telefona da una cabina telefonica svizzera e si spaccia per una sorta di benestante che ha già trovato alloggio e lavoro. Il padre, comodamente seduto su una poltrona di casa, si presume a Lagos, in un appartamento che potrebbe trovarsi sulla Fifth Avenue di New York o in un quartiere residenziale di Londra, si beve la storiella. In realtà il figlio dorme nei cartoni per strada e nel paese delle mucche e della cioccolata se la passa piuttosto male, al contrario del padre sicuro e sereno nelle sue confortevoli quattro mura di Lagos (qui il video). Lo spot avrebbe la pretesa di aiutare i nigeriani a capire le reali condizioni di chi emigra credendo di trovare il paradiso tra i monti alpini e di scoraggiare l'immigrazione irregolare. In realtà pesca a mani basse negli stereotipi che ormai accompagnano il dibattito sull'immigrazione in Europa, specie in quei paesi come la Svizzera che una volta erano il rifugio di tutti gli esiliati del mondo e oggi ama rinchiudersi in se stessa, a riccio e con egoismo. E non è difficile ribaltare le immagini: in realtà il figlio telefona da Lagos al padre che risponde da una casa di Zurigo. Lo spot rappresenta una Svizzera inverosimile, composta da gente brutta e razzista, che maltratta gli immigrati e in particolare gli africani, dove si mangia male e d'inverno fa un freddo siberiano. Un paese inospitale e malvagio, nel quale certamente nessuno straniero vorrebbe recarsi.

Balle. Amici africani, vogliono prendervi per il culo. La Svizzera è un paese bellissimo e molto efficiente. Si lavora bene e la gente, una volta rotto il ghiaccio dei primi giorni, è addirittura allegra e ospitale. Il governo, come avrete potuto capire, lo è un po' meno. E in realtà anche questo spot pare abbia il consenso della maggioranza degli svizzeri: dunque qualche problema c'è anche nella popolazione, che non riesce più a distinguere tra la complessità del problema immigrazione e un filmatino egoista che solletica le paure più oscure e gli istinti peggiori. Ma da queste parti i governi cambiano e magari prima o poi anche questo Blocher ce lo toglieremo dalle palle. Dunque, non fatevi infinocchiare e, se cercate un paese sereno, un buon guadagno, una vita tranquilla, andate senza paura in Svizzera. C'è solo l'imbarazzo della scelta: Basilea o Zurigo, Losanna o Ginevra, Locarno o Lugano. Piste da sci d'inverno, laghi e prati d'estate e fonduta di formaggio tutto l'anno. Non saranno a portata di mano il primo giorno ma con lavoro e fatica tutto questo sarà raggiungibile. E chi emigra, in genere, ha più voglia di lavorare e di integrarsi di quanto non si immagini.

lunedì, novembre 26, 2007

Avviso ai naviganti

Da domani, e dopo una pausa di tre giorni, comincia il secondo round dell'incontro (ma sarebbe meglio dire dello scontro) tra il sottoscritto e la grammatica tedesca. Ne avremo di nuovo per un mesetto scarso, allo stesso ritmo che nel mese precedente ha ridotto drasticamente la produzione di articoli e di post. In questi ultimi giorni ho cercato di aggiornare il blog il più possibile. Per i prossimi, dovrete di nuovo "portare pazienza". Però, almeno, vi ho avvertito.

Ucraina: Holodomor, la carestia degli Anni Trenta

Dall'Ucraina, non politica questa volta (a due mesi di distanza dal voto il governo ancora non c'è) ma storia. Quella della carestia tra il 1932 e il 1933 (e di quello che passò alla storia come il conseguente genocidio) dovuto alla politica agricola dell'Unione Sovietica. Sabato scorso in tutto il paese è stato celebrato l'anniversario. Ce ne parla Kiev Ukraine News Blog. La storia è raccontata dalla BBC. Qui, in italiano, su Wikipedia. Qui la lunga inchiesta del professor Roman Serbyn su Unian. Puntuale con il calendario ne aveva parlato Enzo Reale. E qui il libro di Robert Conquest (edizioni fondazione liberal) che narra l'intera vicenda con un ampio apparato di fonti.

La Grande Romania diventa piccola

In Romania si è votato per eleggere i deputati al parlamento europeo. E da quel paese, che in Italia viene ormai considerato un covo di pirati, giunge una lezione di democrazia. Il partito xenofobo di estrema destra Grande Romania è stato rimpicciolito dagli elettori. Non ha raggiunto il 4,5 per cento dei voti e la sua componente non rafforzerà il gruppo di estrema destra di Strasburgo (già andato in frantumi proprio per la defezione dei rumeni a seguito delle frasi razziste pronunciate dalla ex collega europea Alessandra Mussolini dopo i fatti di Roma). Per il vecchio leader Corneliu Vadim Tudor, un populista che aveva fatto dipingere le panchine della sua cittadina con i colori nazionali blu, giallo e rosso, una cocente sconfitta.

Croazia, decide Stipe Mesic

A pochi seggi dalla fine (96 per cento scrutinato), il partito di governo di centrodestra ha vinto d'un soffio le elezioni politiche in Croazia. L'HDZ ha ottenuto il 34,7 per cento mentre l'opposizione socialdemocratica (SDP) insegue con il 32,4. Devono inoltre essere ancora contati 400mila voti dei croati all'estero, che secondo gli analisti sono tradizionalmente a favore del centrodestra. Ma non è detto che il premier uscente Ivo Sanader riuscirà a mantenere il suo posto. Per governare, la maggioranza di seggi necessaria in parlamento è di 77 (ma tutti i paesi hanno meno deputati dell'Italia?). L'HDZ ne ha conquistati 61, l'SDP 56. Sarà necessario un governo di coalizione. Sarà dunque il presidente Stipe Mesic a incaricare il leader del partito che, a suo giudizio, avrà le migliori chance di formare una coalizione.

Stadtschloss, si parte con l'Humboldt-Forum

Ancora non è stato tirato giù del tutto il vecchio palazzo della Repubblica che già fervono le iniziative per la ricostruzione del vecchio castello. Fra qualche anno, questo angolo di Berlino, cambierà di nuovo faccia.

Germanie

Già da ieri fa parte del nostro blogroll, alla voce Germania. Il titolo del blog, però, è al plurale, come si conviene ad un giornalista che vuol raccontare le tante facce di questo paese. Beda Romano, classe 1967, lo fa già da molto tempo, con competenza ed equilibrio (deve essere un marchio familiare) dalle pagine del Sole 24 Ore. Più di un anno fa ha pubblicato un libro per Longanesi, Germania questa sconosciuta. Ora ha deciso di intensificare il suo lavoro aprendo questo nuovo blog. perché di Germania non si parla mai abbastanza.

Realpolitik

Così si muove il mondo, a destra e a sinistra. La Merkel però aveva fatto altro: e infatti un po' ne sta pagando le conseguenze. Chissà perché a destra tutti amano Sarkozy e considerano Angie una socialdemocratica.

A lezione di russo

Si va verso il rinnovo della Duma a Mosca e i giornali occidentali tornano ad occuparsi di politica interna russa. Sul web è appena uscito l'experts panel di uno che se ne intende, Stefano Grazioli in arte Poganka. Opinioni varie e frastagliate di altri che se ne intendono. Perché la propaganda è tanta e sembra di essere tornati ai tempi della guerra fredda, senza però più imperi del bene e del male. Allora giù i pregiudizi e su il senso critico. Poi ognuno si farà la propria opinione. Hier auch auf Deutsch.

Farse

Bella quella storia che la prima volta è una tragedia e la seconda una farsa. La fortuna della politica, oggi, è che al posto del pool mani pulite c'è Beppe Grillo. La sfortuna del paese è invece che i settantenni e gli ottuagenari sono ancora di gran lunga migliori dei cinquantenni.

Tornano i fuochi parigini

Notte di violenza nei sobborghi di Parigi. Tornano i "riots" dopo che un auto della polizia ha investito, uccidendoli, due teeneger alla guida di una moto.

domenica, novembre 25, 2007

Croazia al voto, l'obiettivo è l'ingresso nell'UE

Elezioni sul filo di lana in Croazia. I primi exit poll da Zagabria assegnavano un leggero vantaggio all'opposizione di centrosinistra (35 per cento contro il 33 del centrodestra). Un vantaggio stretto che sarebbe stato ribaltato dai primi dati reali. Il Kurier di Vienna certifica che il partito governativo HDZ del premier Ivo Sanader raggiunge al momento il 32,6 mentre l'SPD socialdemocratica si fermerebbe al 30,3 per cento. Ma alla conta mancano ancora la metà dei voti. Entrambi i partiti, per ora, si dichiarano vittoriosi ma nessuno di loro raggiungerà comunque la maggioranza assoluta. A conti ultimati e a vittoria assegnata sarà necessario avviare trattative per un governo di coalizione. L'esecutivo che uscirà dalle urne dovrebbe completare il processo di integrazione della Croazia nell'Unione Europea, obiettivo condiviso da entrambe le forze politiche principali. Per la Croazia si apre una fase decisiva della sua recente storia politica.

Berlineide

Adoro la luce bianca e obliqua dei (rari) giorni di sole. Adoro la foschia umida che imperla i marciapiedi di Schöneberg. Adoro lo sferragliare della S-Bahn alla fermata di Yorckstraße. Adoro l'odore dei croissant al burro che invade i tunnel di Friedrichstraße. Adoro l'accalcarsi dei passeggeri sulle scale mobili che portano in superficie. Adoro il passo veloce con cui si aggrediscono scale e marciapiedi, anche se non ho ancora capito cosa avranno da correre così tanto i berlinesi. Adoro il panorama dei plattenbauten che si stagliano dietro la torre della tv di Alexanderplatz. E, ovviamente, adoro anche la torre della tv. Adoro tutte queste cose che segnano, ogni giorno da un mese, la prima ora della mia giornata berlinese. E sento di non poterne più fare a meno.

sabato, novembre 24, 2007

Gian Super Antonio Stella

Sul Corriere della Sera. Almeno ci si diverte. Anche perché il Corrierone, in queste ultime settimane, di politica ci ha capito ben poco e non ha azzeccato nemmeno una previsione (e un'analisi) che fosse una. E ha pure preso il buco delle intercettazioni Rai-Mediaset da Repubblica. Per fortuna che c'ha Gian Antonio.

Westwind

Sono arrivati gli irlandesi.

martedì, novembre 20, 2007

Nordwind

Sono arrivati gli scandinavi.

Giovani rosse crescono

Abbiamo un futuro rosso (di capelli e forse non solo) anche qui da noi, a Berlino. Verrà eletta, però, non nominata. E non viene dalla gggente ma dalle fila dei giovani socialdemocratici, dove ha già masticato quella politica che dice di amare. Si chiama Franziska Drohsel, ha 27 anni, viene appunto da Berlino e si appresta a diventare la capa dei giovani socialdemocratici. Nelle sue prime apparizioni tv la cosa che si nota di più è il suo stretto accento berlinese. Jute Chance!

Da Santoro a Berlusconi (via Grillo)

Dalla Samarcanda di "Michelechi?" alla Repubblica Popolare Berbrambilliana di Silvio e Pier Michela. Una parabola lunga quindici anni nel nome della gggente. Che un giorno, magari, si romperà i coglioni per davvero.

domenica, novembre 18, 2007

Prodi e Veltroni 2.0

Il centrosinistra vince la battaglia parlamentare sulla Finanziaria e avvia nel migliore dei modi la scommessa politica del Partito democratico. Il centrodestra si dilania aspramente dopo aver invano puntato tutto sulla caduta del governo. Il centrosinistra da un anno buono ha avviato un complesso processo politico. Il centrodestra, da un anno buono, non discute, non dibatte, non propone ma fa molta demagogia e pessima campagna acquisti senatoriale con l'intento di riportare un uomo solo, e sempre lo stesso, sulla plancia di comando (a fare cosa di meglio, poi, non è poi dato sapere). I risultati si spiegano facilmente così: il centrosinistra fa politica, il centrodestra no. Se avrò voglia e tempo di tornare per un momento su questo aspetto della vita politica patria, approfondirò questo spunto. Ricordo solo che quando nei mesi scorsi scrissi che il Partito democratico avrebbe avviato un processo che il centrodestra non poteva limitarsi a deridere e che la elezione di Veltroni avrebbe posto anche all'altra parte un problema di leadership e di programmi, bene, quando lo scrissi, ricordo, ricordo bene, che da qualche parte, in fondo a destra, arrivò l'accusa velata di soffrire di complessi d'inferiorità verso l'egemonia della sinistra. Nessun problema, figuriamoci, ci saranno sempre immaginifici sondaggi a scaldare il cuore nei momenti difficili. Nella vita politica reale, invece, il Partito democratico resta l'opzione più interessante di sblocco dello stallo in cui l'Italia è finita in questi ultimi anni. E per il momento, anche l'unica.

Segnalo la differente (e come sempre molto equilibrata) analisi di Stefano Folli dal Sole 24 Ore. Dalla quale dissento su due punti. Il primo: è vero che a sinistra tutte le contraddizioni restano in piedi ma è anche vero che se Prodi e Veltroni trovano una sintonia di azione, il futuro potrebbe essere proficuo per entrambi. L'attuale premier non può che giovarsi dell'appoggio di un leader di partito autorevole e Veltroni ha bisogno di arrivare alla campagna elettorale sulla scia di un centrosinistra che recupera consenso. Il secondo: quello che Folli considera un elemento a favore di Berlusconi, io lo considero un elemento a sfavore del centrodestra. E' vero che l'ex premier mantiene un carisma ineguagliato fra il popolo di centrodestra. Ma a che prezzo? E per farne cosa? Il prezzo è quello di aver ormai assuefatto la sua gente alla demagogia e averla allontanata dalla politica, tanto è vero che molti sono convinti che l'azione politica consista in questa continua produzione di slogan, boutade, tormentoni, barzellette, trasmissioni tv autoreferenziali, giornali autocompiacenti, cortei, vignette e altre amenità del genere. Per farne cosa è poi il discorso principale. Forza Italia difficilmente può sedersi al tavolo di una costruttiva trattativa con il centrosinistra per varare una riforma elettorale perché ha come unico scopo quello di consentire a Silvio Berlusconi di tornare al governo. E l'unico modo che ha di farlo è quello di puntare alla caduta immediata di Prodi. Quel che di buono - o di male, a seconda dei punti di vista - che il berlusconismo ha potuto dare a questo paese (in termini di modernizzazione della comunicazione politica, di sdoganamento del centrodestra come soggetto politico, di consolidamento della tendenza bipolare, di semplificazione del linguaggio politico) appartiene a un ciclo che si è ormai abbondantemente concluso. Il tempo non lavora per Berlusconi. Questo il Cavaliere lo sa: corre controvento e sembra disposto a tutto, pure ad inventarsi un nuovo partito, troppo carico di genitivi per esser serio e troppo carico di riferimenti a repubbliche popolari per non essere comico. Solo che, a mio avviso, il centrodestra non ha bisogno di questo. E l'Italia ancor di meno.

C'è un poliziotto a Roma

Antonio Manganelli dimostra, con le sue dichiarazioni, di essere un buon capo della polizia.

Il voto del Kossovo

In Kossovo si contano voti, cocci, speranze e preoccupazioni.

Domenica non è più sempre domenica

Negozi aperti o negozi chiusi? Un giorno di riposo o un giorno come gli altri? Città del consumo o città moderne e di servizio? Il dilemma sbarca in Germania, dove nelle grandi città si allarga l'esperimento dei negozi aperti alla domenica. Per ora l'avanguardia spetta a qualche centro commerciale, a qualche grande magazzino o a qualche grande libreria. Nel paese in cui, fino a qualche anno fa, alle 14 del sabato "si sollevavano i marciapiedi" e tutto andava in letargo fino al lunedì successivo, la discussione è aperta. Qui un ampio servizio di Die Zeit.

Duisburg, la Polizei s'è distratta?

Secondo indiscrezioni della Frankfurter Rundschau, riportate dal Tagesspiegel, la Polizei tedesca sarebbe stata informata di possibili azioni criminali della Ndrangheta calabrese a Duisburg, pochi giorni prima della strage compiuta in una pizzeria cittadina ad agosto. Ma si sarebbe distratta.

Fine della solidarietà: ognuno per sé

Anche in Germania, il sindacato ha sempre più difficoltà a organizzare lotte unitarie. Ogni categoria va per fatti suoi e difende i propri interessi. E' la fine di un mito? Nasceranno anche qui tanti piccoli e incontrollabili Cobas? Il protrarsi dello sciopero dei Lokführer apre il dibattito. E logicamente se ne preoccupa anche Kurt Beck, il leader dell'SPD, il partito tradizionalmente più vicino alle Gewerkschaften.

Sempre più turismo

A Berlino è sempre in forte crescita il settore turistico.

Stima reciproca

"Vedi - gli ha detto Fini - alla fine io sono sicuro che Berlusconi riuscirò a farlo ragionare. Perché è un uomo con una scala di valori molto rigida e al primo posto c'è l'interesse personale. Per cui basterà minacciare di colpirlo sulla riforma delle tv".

E anche questa è fatta

lunedì, novembre 12, 2007

Allo sbando

Un poliziotto che spara ad altezza d'uomo per una rissa all'autogrill, calcio ostaggio della violenza teppista, una capitale brutalizzata dalla guerriglia urbana, come nelle banlieu parigine. L'Italia è allo sbando, tredici anni di transizione politica incompiuta l'hanno sospinta nel cul de sac. Non c'è più senso comune: ognuno difende il proprio interesse particolare. Almeno la distanza ci risparmia la giaculatoria politica da Vespa e dintorni. Resta solo il dolore straziante di un padre. Che merita rispetto e silenzio. Questo è l'ultimo post sull'argomento.

Ho visto un Re

Questo sì che è un reale vero (ogni riferimento a reali di casa nostra è "puramente casuale").

domenica, novembre 11, 2007

Lutto

E' dura accettare "un tragico errore". E' dura.

Diciotto anni dopo il Muro

Berlino. Ci sono tanti modi per celebrare una data storica. Ad esempio, in questo umido e freddo autunno berlinese ci si può incamminare sul sentiero nella brughiera a sud di Zehlendorf, dove la città si stempera nella grande piana brandeburghese, lungo quello che fu il confine fra due città, due Stati, due mondi, due sistemi ideologici. O camminare sul porfido del Mauerweg, una stradina pedonale da poco asfaltata a due passi dalla nuova stazione centrale che costeggia il fiume Sprea: anche lì un tempo passava la frontiera. O ancora saltellare di qua e di là sulla Potsdamer Platz dove i grattacieli di Renzo Piano hanno riempito il vuoto fisico e morale della terra di nessuno, tanto cara a Wim Wenders. O, infine, arrivare alla Porta di Brandeburgo quando è già scuro, aggirare le transenne sulla Pariser Platz, e ammirare il muro di gomma illuminato che le autorità hanno voluto piazzare nel punto esatto dove c’era quello vero, per ricordare questo diciottesimo anniversario del 9 novembre 1989. Quando uno sventurato Günter Schabowski, allora portavoce di un regime in agonia, annunciò in una conferenza stampa l’apertura del Muro e il mondo cambiò volto in un secondo.

Il Muro non c’è più e i berlinesi, che hanno una vocazione a fare piazza pulita delle vestigia del passato, non ne hanno lasciato in piedi neppure un pezzettino. Così ogni anno, quando il 9 novembre si avvicina, si è costretti ad inventarsi qualcosa. Questo diciottesimo anniversario sarà ricordato per il Muro di gomma colorato, installato davanti all’unica porta cittadina sopravvissuta alle rivoluzioni urbanistiche e alle guerre del Novecento. Può sembrare una trovata turistica. E invece fa effetto. Se si arriva dal Tiergarten, il grande parco urbano di Berlino, il Muro è posizionato nel punto esatto dove si trovava l’originale. E i colori luminosi richiamano la gioia e l’entusiasmo della notte dell’Ottantanove. Pare quasi di rivederli quei giovani aggrappati sul cornicione, che danzano e cantano sotto i getti d’acqua ormai inoffensivi dei Vopos. Se ci si lascia un po’ andare, e magari si socchiudono gli occhi, pare quasi di risentirle quelle grida e quelle canzoni: si odono gli schiocchi dei tappi di champagne, le mani gli applausi e le grida di goia di chi ancora non crede che tutto quello stia davvero accadendo. I clacson impazziti delle auto, l’odore dolciastro del monossido di carbonio delle Trabant ingolfate ai checkpoint, le saracinesche dei negozi che si aprivano, gli strilloni per le vie con le edizioni straordinarie dei quotidiani, il fiato condensato nell’aria umida dei berlinesi dell’Ovest, accorsi con bottiglie e bicchieri par festeggiare i fratelli ritrovati. Una città in festa. Non sarebbe durata a lungo.

Il Muro non c’è più da diciotto anni. Una generazione se n’è andata. Chi aveva vissuto le ferite della guerra e della divisione ritrovandosi di colpo spaesato nella nuova Germania, non c’è più. Chi è stato protagonista di quel cambiamento, ha poi sperimentato sulla propria pelle le durezze della transizione. E chi in quei giorni era in fasce vive nel modo più naturale possibile la propria vita in una città che non ha più confini. Tante Germanie diverse, in una stessa nazione. Una generazione: era il lasso di tempo che i pessimisti si davano perché le cose andassero a posto: l’est avrebbe raggiunto economicamente l’ovest e la Germania sarebbe finalmente diventata un’unica, omogenea e benestante Vaterland. Non è andata così. Ci vorrà probabilmente ancora più tempo, forse dovrà passare un’altra generazione, ancora diciott’anni. Tuttavia, forse per la prima volta dal 1989, questo anniversario si annuncia senza la solita cascata di lamentele e recriminazioni, su quello che non è stato e che doveva essere, sulle promesse tradite e le speranze deluse.

Quest’anno c’è un’aria nuova. Un po’ dovuta alla ripresa economica, che inanella mese dopo mese dati confortanti sull’occupazione e la crescita, un po’ al ritrovato ottimismo di Berlino, la capitale che dopo anni di trasformazioni frenetiche ha saputo consolidare il suo ruolo centrale nella politica e nella cultura dell’Europa allargata. Il dibattito sul bilancio della riunificazione assume toni più sfumati. Il chiaroscuro sostituisce la durezza del contrasto assoluto. Alla denuncia degli errori si affianca l’indagine sui cambiamenti avvenuti. E ci si accorge che tanto è stato fatto.

Lentamente il paese si riconcilia con se stesso. La ventata dell’Ostalgie, il fenomeno di nostalgia per gli anni della DDR simbolizzato cinematograficamente dal successo di Good bye Lenin, ha restituito alla metà “sbagliata” del paese orgoglio e dignità. C’era una vita dietro il cemento, fatta di oggetti e sentimenti, passioni e difficoltà, che non poteva essere liquidata con un tratto di penna. Ad ovest hanno capito e la Germania “giusta” ha cominciato a guardare la vita degli altri con minore arroganza e più comprensione. Forse questa è la vera conquista dopo diciott’anni di travagli: non la parità economica, che arriverà chissà quando, ma la consapevolezza di condividere un destino comune.

Il successo di Berlino, in fondo, è tutto qui, nella sua capacità quotidiana di scompaginare i confini, di travasare uomini e sentimenti da un lato all’altro della città e di accogliere nuovi arrivati da tutto il mondo nella speranza di diventare davvero una Weltstadt. Resteranno ancora per anni, forse per sempre, le tracce della città divisa: i casermoni socialisti delle periferie a est, le ville lussuose sui laghi a ovest, i tram gialli di là dove il sistema pubblico non aveva vissuto la rivoluzione su gomma, gli autobus a due piani di qua, gli omini del semaforo ciccioni e simpatici a est (si chiamano “Ampelmännchen” e sono diventati una piccola industria del gadget), quelli anonimi e standardizzati a ovest. E ci saranno ancora per un po’ i Wessi e gli Ossi, con i loro pregiudizi e la loro diffidenza reciproca. E tuttavia l’est vive oggi la sua rivincita: sono lì i quartieri più “in” del momento. Il Mitte, centrale e turistico, dove la vita non si ferma mai e le strade brulicanti di ristoranti, discoteche, atelier e gallerie ingoiano giorno e notte frotte di berlinesi e turisti. Prenzlauer Berg, raffinato e bohémien, con i suoi supermercati biologici, i caffè etnici, le boutique eleganti e la sua fauna di giovani in carriera, mamme con carrozzine, bambini che spuntano da ogni portone: tedeschi benestanti emigrati dall’ovest in questo spicchio sopravvissuto della Berlino pre-bellica, dove prima vivevano gli oppositori del regime e oggi gli affitti sono sestuplicati con il risanamento delle abitazioni e lo sbarco delle multinazionali immobiliari. E infine Friedrichshain, il nuovo triangolo alternativo e trasgressivo, locali ribelli e vita notturna avventurosa, culla storica delle lotte operaie di inizio Novecento, oggi rifugio di chi ha sempre qualcosa da rinfacciare al sistema, qualunque esso sia. Sono queste le nuove zone della scena berlinese, che hanno soppiantato le vecchie icone di Berlino Ovest, la Kurfürstendamm, Schöneberg, Kreuzberg.

Se nella metropoli l’est vive la sua riscossa, nella Germania profonda i toni si fanno meno entusiastici ma non sono poi del tutto diversi. C’è provincia e provincia. Lipsia, ad esempio, la città che diede il via alla rivoluzione del 1989, è tornata ad essere quel centro fieristico internazionale che guardava ai mercati est-europei: le sue strade sono eleganti e affollate, l’università mantiene il suo prestigio. Dresda risplende della sua eterna bellezza, ha ricostruito la Frauenkirche dalle macerie della guerra lontana e il centro storico dai detriti dell’inondazione di cinque anni fa. A Jena le industrie tecnologiche hanno soppiantato gli arruginiti impianti del passato. Certo, il Brandeburgo rimane una splendida ma desolata landa malinconica, dove si può viaggiare per chilometri senza incontrare altro che foreste e campi incolti. E il Meclenburgo, ancora più a nord, offre lo stesso panorama, appena mitigato dall’attivismo delle città costiere anseatiche.

Da queste regioni ogni mese emigrano i migliori, anzi le migliori: quasi sempre donne cui le statistiche attribuiscono maggiore cultura, più alto quoziente intellettivo e capacità di iniziativa. Nelle piccole città restano gli uomini, a riempirsi la pancia di birra e magari a sfogare le frustrazioni su qualche malcapitato immigrato di passaggio. E’ accaduto ancora una volta qualche mese fa, contro un gruppo di indiani che gestiva una pizzeria in un piccolo paese della Sassonia. Ma succede molto più spesso, anche se non fa notizia. Qui i movimenti neonazisti scavano odio nelle piaghe della riunificazione fallita e anche il partito postcomunista della Linke fa il suo pieno di voti di protesta. Quarantasei anni fa, il regime comunista alzò il Muro proprio per fermare l’emorragia di manodopera qualificata che metteva in crisi il sistema produttivo collettivista. Nessuno si ricorda più che quella cicatrice di cemento venne costruita per motivi economici, non politici.

La Germania è cambiata in questi diciotto anni e a forza di lamentarsi per le promesse mancate ha perso di vista quelle mantenute. La storia prende le strade che vuole e i tedeschi sono rimasti per troppo tempo avvinghiati al quadretto idilliaco dell’89. Nel frattempo l’economia ha vissuto le sue stagioni, le città dell’est le loro trasformazioni e la politica tutta insieme la sua grande rivoluzione. Non solo geografica, con il passaggio dei palazzi istituzionali da Bonn a Berlino. Oggi, quando si va a votare, non si sa più chi vincerà e chi governerà. Il sistema elettorale, che molti in Italia vorrebbero adottare proprio ora che qui non funziona più, non garantisce la stabilità. L’est è entrato con tutta la sua forza e disperazione nella vita dell’intero paese e, non sentendosi rappresentato dai partiti tradizionali venuti dall’ovest, ha dato voce a quello che conosceva, anche se lo aveva per anni detestato. Certo, la Linke assomiglia poco a quel blocco granitico e privilegiato che era la Sed ai tempi della Ddr. Ha unito la sinistra orientale post-comunista che Gregor Gysi ha abilmente condotto fuori dal cono d’ombra del passato a quella occidentale massimalista di Lafontaine che ha origini socialdemocratiche. Ma oggi ha trovato la forza per uscire dal ghetto dell’est e proporsi come terza forza del paese. Fa vedere i sorci verdi all’Spd. La sua agibilità nella politica delle alleanze sarà il tema di fondo dei prossimi anni. E l’ostracismo non potrà durare a lungo: oggi la sua forza impedisce la formazione di governi omogenei. Chissà che la soluzione non venga proprio dall’esperienza di Berlino, dove la Linke già governa assieme all’Spd. Sarebbe un paradosso, ma la vita politica ci ha abituato a questo. Solo la piena integrazione dell’est nel quadro politico nazionale potrà aiutare il paese a trovare i nuovi equilibri nella Germania riunificata. E non è detto che l’unica via d’uscita sia a sinistra. Prima dei partiti ci hanno pensato gli individui a salire sulla plancia di comando. Angela Merkel non è solo la prima donna ma anche la prima tedesca dell’est ad essere diventata cancelliera. E porta nella sua azione quotidiana l’esperienza dolorosa della Germania “sbagliata”: non è un caso che il paese abbia ritrovato proprio attraverso il nuovo afflato europeista la sua collocazione al centro del Continente allargato, l’Europa a due polmoni di wojtyliana memoria. Lentamente, le cose stanno cambiando. E guardando i giovani di oggi, quelli che compiono diciott’anni assieme alla loro Germania riunificata, si ha l’impressione che il peggio sia già passato. E che d’ora in poi il processo d’integrazione sarà più naturale e veloce.

(pubblicato sul Secolo d'Italia dell'11 novembre 2007)

Rinevica: tempo da Knut

E c'è chi se la gode oltre a noi. Finalmente Knut ha trovato il suo ambiente naturale.

sabato, novembre 10, 2007

Perché all'Italia non serve più Berlusconi

"La democrazia televisiva dimostra le sue difficoltà e i suoi problemi. Non può durare a lungo, perchè non riesce a formare le persone che possono assumersi le responsabilità politiche di gestione del paese e rispondere di fronte al paese".

Nevica

E' arrivata la prima neve. Nella foto, gli inservienti ripuliscono il terreno di gioco dell'Olympiastadion per far disputare la partita Herta Berlino-Hannover 96 (per la cronaca conclusasi con la vittoria dei berlinesi per 1-0).

venerdì, novembre 09, 2007

La Germania unita è maggiorenne

E’ piaciuta molto la suggestione dello Spiegel che ha messo in piedi un numero speciale sui diciott’anni della caduta del Muro di Berlino: die Wende, la svolta, è diventata maggiorenne. Ci sono tornati un po’ tutti sopra. Da ultimo, uno dei quotidiani della capitale, il Tagesspiegel, proprio nell’edizione di oggi. Tutti sono andati a caccia di diciottenni per riportare impressioni e opinioni di chi è abituato da sempre a vivere senza il Muro. Ascoltando le loro voci, la Germania s’è scoperta davvero cresciuta [... continua su Ideazione].

Cento anni di Astrid Lindgren

Attenti all'onda

Sulle coste del Mare del Nord, dal Belgio all'Olanda, dalla Norvegia all'Inghilterra e fin qui in Germania è allarme.

Destre moderne

Dove, se non in Italia?

Nove Novembre

giovedì, novembre 08, 2007

Mimì e Cocò

Le dichiarazioni di questi giorni sul costruito "caso Romania" di Walter Veltroni e Gianfranco Fini, questi due politici che sembrerebbero destinati a giocare il ruolo di primo piano nella politica italiana da qui a quindici anni, testimoniano come anche questi due "giovani" alla ribalta abbiano inoculato il veleno sottile del rancore e della rabbia che impregna la vita quotidiana del nostro paese. E siano dunque "unfit" a rappresentare le speranze di un cambio di rotta.

In Georgia stato d'emergenza

Per 48 ore. Così dice Mikhaïl Saakachvili.

mercoledì, novembre 07, 2007

Du bist so wunderbar

Io sono un rumeno

Ich bin stolz auf dich. In questi giorni, però, la stampa di destra mi ha fatto generalmente vergognare di essere italiano (e anche Veltroni un po'). E quella di sinistra mi ha confermato nell'impressione che, sempre generalmente, non sanno di quello di cui parlano. Legalità e sicurezza sono indispensabili ma sparare nel mucchio serve solo a fare cattiva politica e demagogia. E tanto sembra passare il convento italiano.

La Trabi fa 50

La prima vettura vide la luce nella fabbrica di Zwickau esattamente cinquant'anni fa. Nasceva la Trabant, la macchina che sarebbe diventata il simbolo dell'Europa orientale, anche perché a differenza di altre vetture del "blocco", non sarebbe sopravvissuta alla Wende. Storie e ricordi sulla Süddeutsche Zeitung, sulla Frankfurter Allgemeine e, ovviamente, sulla Leipziger Zeitung. In italiano dal blog del Folletto. A Zwickau si festeggia, in città e al museo.

martedì, novembre 06, 2007

L'articolo degli altri

Pare che il compito di un corrispondente di un grande giornale sia quello di acquistare un settimanale del luogo il sabato, leggersi l'articolo di punta la domenica e copiare di sana pianta spunto, nomi e lavoro degli altri il lunedì. Il martedì il tutto viene pubblicato sul grande quotidiano italiano. Semplice, no?

Se non son rose sfioriranno

Se ne va in malora un'altra rivoluzione, quella in Georgia. Qui, come new entry, il blog georgiano di Transitions Online.

giovedì, novembre 01, 2007

Blog un po' a rilento

S'è deciso di dare un'accelerata allo studio della lingua tedesca (bella e complessa): per due mesi sono condannato a un corso intensivo. Di conseguenza il blog potrebbe essere aggiornato con minore frequenza. Come si dice... "Ich bitte um Ihr Verständnis".